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Scoperte, invenzioni, record
e avvenimenti importanti che
hanno segnato il XX Secolo |
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Finestre fotografiche
su Liguria e Toscana |
GENOVA |
Il
capoluogo della Liguria
ha il centro storico più grande
d'Europa. Nel 2004 è stata la
"Capitale Europea della Cultura"... |
EUROFLORA |
In
primavera, ogni 5 anni,
alla Fiera di Genova va in scena
lo spettacolo dei fiori per eccellenza.
I giardini più belli del mondo... |
VIA FRANCIGENA |
Col
Giubileo del 2000 è stata
definitivamente rivalutata
la via di Sigerico, che i pellegrini
percorrevano a piedi fino a Roma,
in segno di pentimento... |
PARCO DEL MAGRA |
A
Gennaio 2008 il Parco Naturale
Regionale del Magra è il territorio
eco-certificato più esteso d'Europa... |
GOLFO DELLA SPEZIA |
Tra la punta
di Portovenere e il Capo Corvo si apre una delle più
profonde insenature di tutto il litorale occidentale
italiano, declamata nei versi di illustri poeti e nella
quale è incastonata La Spezia, città sede di porto
militare e mercantile, che oggi è anche punto di
attracco per le navi da crociera... |
LE CINQUE TERRE |
Cinque
borghi marinari il cui destino è sempre stato
storicamente legato alla terra e all'agricoltura
piuttosto che alla pesca. Un paradiso naturale della
Liguria che nel 1997 è stato inserito dall'UNESCO tra i
Patrimoni Mondiali dell'Umanità... |
LA VAL DI MAGRA |
Nobili,
vescovi, mercanti e pellegrini
lungo l'asse della Via Francigena.
Culture differenti per storia e tradizioni,
nei secoli, si sono sovrapposte
e hanno permeato il territorio con
i segni del loro passaggio... |
LA VAL DI VARA |
La
"Valle dei borghi rotondi"
è anche conosciuta come
la "Valle del biologico" per le sue
produzioni agricole ottenute con
metodi antichi e naturali.
Varese Ligure nel 1999 è stato il
1° comune ecologico d'Europa... |
LA LUNIGIANA |
La
"Terra della Luna", in Italia,
ha la più alta concentrazione di
antichi castelli. Se ne contano
circa 160. Alcuni sono bellissimi e
perfettamente conservati... |
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Close Up |
Argomenti del
sito in primo piano,
eventi, news e storia del territorio |
Le Alpi Apuane
Originano da movimenti
tettonici del fondo marino
e sono un "monumento
geologico" unico al mondo... |
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Liguri Apuani e Statue Stele
Le radici più profonde delle
comunità lunigianesi affondano
fino alle soglie della protostoria.
Mari e monti un tempo erano
occupati dalla bellicosa
popolazione dei Liguri Apuani... |
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Carta della Lunigiana Storica
Una cartina con note mostra il
territorio, un tempo abitato dai
bellicosi Liguri Apuani, da dove
parte questo sito... |
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Antiche ricette in Lunigiana
Piatti prelibati di
una cucina essenziale, ma non per questo meno saporita. Cibi dal
sapore antico che tornano ad imbandire le nostre tavole dopo
essere stati riscoperti a nuova vita. |
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Ferrovia Aulla-Lucca
Il fascino dei
treni d'epoca
e delle locomotive a vapore |
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Ferrovia Pontremolese
Una linea di
vitale importanza
per La Spezia e la Lunigiana |
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Ex
Ceramica Vaccari
Il comprensorio
della fabbrica è un prezioso esempio di civiltà industriale di
fine Ottocento e rappresenta un pezzo di storia fondamentale per
Santo Stefano Magra e per tutta la Provincia della Spezia. Le
aree recuperate vengono oggi dedicate all'arte, allo spettacolo,
alla cultura... |
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Il dialetto genovese
Le trasformazioni
fonetiche avvenute nella parlata di Genova sono un segno
inequivocabile del dinamismo espresso dalla città durante i
secoli della Repubblica. A Genova il dialetto è una lingua viva,
che oggi viene insegnata anche nelle scuole... |
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Infiorate del Corpus Domini
"Per tetto un cielo di stelle e
per strada un tappeto di fiori...".
A Brugnato, ogni anno, giovani e
meno giovani si radunano nel
centro storico per abbellire strade
e piazze con disegni floreali,
secondo un'antica tradizione che
origina da un miracolo
avvenuto a Bolsena... |
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Mezzi da lavoro storici
I raduni e le
esposizioni di questi autoveicoli sono un modo per ricordare ed
onorare le persone che, in passato, questi mezzi li hanno
guidati per mestiere... |
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Mezzi militari storici
I più celebri
veicoli militari che hanno partecipato alle vicende della
Seconda Guerra Mondiale sfilano per strade e piazze e mantengono
vivo il ricordo di quei terribili giorni... |
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INDICE GENERALE
CRONACA 01
02
03
04
05
06
SPORT GIRO
TOUR
CICLISMO
ALTRI
FAUSTO COPPI
INTER
RIVISTE 01
02
03 |
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FAUSTO COPPI
il campionissimo
del ciclismo |
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Interviste,
racconti personali e aneddoti su alcune delle sue leggendarie
imprese (1)
(2)
(3) |
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Fausto con la sua prima bicicletta |
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Eberardo Pavesi |
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Il massaggiatore Biagio Cavanna |
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Giovanni Tragella |
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In fuga sul Tourmalet |
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Al Tour con Koblet e Fornara |
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In fuga sullo Stelvio |
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Coppi, Totò, Isa Barzizza e Bartali |
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Attore in "Totò al Giro d'Italia" |
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Traguardo di Follonica (Giro 1953) |
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In attesa della partenza... |
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Con Gino Bartali al Tour del 1949 |
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In barca sul Lago di Garda |
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Fotografia con autografo |
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Crono Erba-Como (Giro '52) |
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In Vaticano per l'udienza col Papa |
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Il passaggio della borraccia... |
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Maglia iridata a Lugano nel 1953 |
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Con l'iridato Patterson |
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Al Trofeo Baracchi 1953 |
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Punzonatura del 38° Giro d'Italia |
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In fuga solitaria sui colli pirenaici |
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Ritratto attraverso i raggi |
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GIUGNO 1939 - La vittoria nella
seconda Coppa Canepa |
La seconda "Coppa Canepa" - valevole quale prima
prova per il Campionato Ligure indipendenti - ha
raccolto alla partenza un manipolo di ottimi
atleti che hanno battagliato senza risparmio su
tutto il percorso, rendendo la gara quanto mai
interessante, come lo furono anche le precedenti
corse di quest'anno nella nostra regione. Il
bravo e modesto Coppi - con la sua vittoria - ha
confermato la brillantissima prova del "Giro del
Piemonte" e le affermazioni della "Coppa
Rodinetti" e "Coppa Damiano". Egli,
attualmente, si eleva di un grado su tutti gli altri
concorrenti, sia per iniziativa che per resistenza.
Giudicato il momento favorevole alla fuga,
allorquando la salita della Castagnola e il
vento mettevano in difficoltà i compagni, li
lasciava fiducioso di se stesso, li lasciava con
facilità, conducendo per proprio conto il resto
della gara.
Il Coppi si è acquistato una viva simpatia tra i
nostri sportivi. E' dimostrato dagli incitamenti
che ha avuto dalla folla - veramente numerosa -
che assisteva al passaggio della gara lungo
tutto il percorso e specialmente a Pontedecimo -
Busalla - Novi - Tortona - Ronco - Serravalle.
Il suo nome era da tutti ripetuto, come quello
di un gran campione caro alle folle. Bravo
Coppi! |
Libero adattamento da un articolo de "Il Secolo
XIX" del 12 Giugno 1939 |
Sono le prime importanti vittorie di Fausto
Coppi, che all'epoca correva come dilettante
indipendente. E' solo all'inizio della carriera,
ma già corre con la stoffa di un consumato
campione, tanto da attirare le simpatie delle
folle. Il 6 agosto del 1939 vincerà anche a
Pugliola di Lerici (SP) -
(vedi note a pagina 2). |
GIRO D'ITALIA 1940 -
Eberardo Pavesi lo ricorda
sull'Abetone |
"Ho
conosciuto tra i primi Fausto Coppi. Era ancora
proprio un ragazzino. Mi avevano parlato bene di
lui, ma di gente che parla bene dei corridori se
ne incontra un sacco. Quando lo vidi sulla
bicicletta compresi che era un tipo da tenere
d'occhio. Lo dissi anche a Bartali, che allora
era il caposquadra della Legnano. Da quel giorno
l'ho sempre seguito e difeso.
Nel 1940 fui il suo direttore sportivo
quando vinse il Giro d'Italia. Nella tappa
dell'Abetone, da Firenze a Modena, conquistò
la maglia rosa e riuscì a tenerla fino a Milano.
Anche allora qualcuno disse che poteva essere
una meteora, e ciò accadde anche durante quel
Giro, nel momento in cui, sulle Dolomiti, si
trovò qualche volta in difficoltà. Aveva 21 anni
e qualche debolezza era logica e comprensibile.
Comunque, che fosse un campione, era
indubitabile. Da allora le mie facili previsioni
e quelle di Cavanna, che era stato il suo
mentore, sono state un succedersi di conferme". |
Da
"LO SPORT" - Il romanzo di Coppi -
numero speciale del 05-11-1953 |
NOVEMBRE 1942 - ll record dell'ora al
velodromo Vigorelli |
Fausto racconta:
"Nell'autunno del 1942 riuscii a battere il
record dell'ora. La preparazione la feci come potevo,
continuando a pedalare come portaordini al 38° Fanteria
(mi chiamavano l'espresso-razzo del Reggimento), ed
anche fruendo di qualche giornata di permesso:
20, 25, 30 Km. appena ogni volta, tutti in
pianura e tiratissimi.
Dopo tentativi e discussioni con tecnici ed
esperti, decisi di adottare per la grande prova
il rapporto 52/15 (metri 7,38 di sviluppo) con
pedivelle di mm. 170, contro il rapporto 24/7
(metri 7,31) con pedivelle di mm. 170 di
Archanbaud; gomme di 120 grammi.
Il 7 novembre, giorno prescelto, c'era un po' di
sole ad intiepidire l'aria di Milano.
Mi alzai presto, feci qualche chilometro in
bici, i soliti massaggi, una colazione leggera
ma sostanziosa, una passeggiatina a piedi di 200
metri. Alle 14 attaccai a pedalare sulla pista
del Vigorelli. Quel che soffrii in quei 60
minuti lo lascio immaginare a voi.
Dopo i primi venti minuti, durante i quali i
miei tempi si mantennero leggermente superiori a
quelli del francese, sentii la pedalata
appesantirsi e perdere di regolarità; reagivo a
strappi, con quelle sgroppate furiose che
portano momentaneamente un vantaggio e si
risolvono poi in un rallentamento, per ripigliar
fiato e forze. E proprio in quel punto faceva la
sua comparsa un ventaccio gelido, che non era in
preventivo.
La campana ad ogni giro mi condannava, segnando
ritardi sempre più netti sulla tabella di
marcia; credo che nessuno dei presenti fosse più
disposto a giocare un soldino bucato su di me e
mancavano ancora dieci giri circa alla fine.
Proprio allora, inspiegabilmente, ebbi un
ritorno di forze e marciai ad andatura da
sprint, tanto da avvantaggiarmi di 31 metri sul
record di Archanbaud; e mi sentivo di continuare
per un'altra ora e più alla caccia di primati.
Fu un vero peccato che i presenti,
nell'entusiasmo, non capissero i miei cenni e mi
impedissero di proseguire. C'erano Cuniolo,
Pavesi e tanti altri amici e consiglieri più
cari che mai e preziosi in quel giorno per me.
Non fece bene poi Archanbaud a tentare di
invalidare con motivi «barbini» quel record, ma
lo capisco benissimo. Chi ha la fortuna di
riuscire in un'impresa del genere, e sa quel che
costa, difende gelosamente il suo primato come
la cosa che ha di più caro nella vita, come un
figliuolo. Ed io stesso proverei un grosso
dolore il giorno che sapessi che qualcuno me lo
ha strappato; e non mi darei pace, se in età
ancora valida, finché non me lo fossi ripreso.
Mi dicono: "Perché non ritenti tu stesso di
battere il tuo primato, per darti un margine
maggiore di sicurezza?". Il suggerimento è
tentatore e ci sono anche grossi premi messi in
palio da varie nazioni a stuzzicarmi. Ma il
record dell'ora è una cosa troppo seria per
avventurarvisi senza motivi fortemente fondati e
senza una preparazione meticolosa. Tocca agli
altri ora e, se qualcuno vuole, tenti. E se
qualcuno riesce, allora toccherà nuovamente a me
scendere in pista... Anche Oscar Egg faceva
così..." |
Libero adattamento da un'intervista a "BICI"
realizzata da G. Zuccaro |
GIUGNO 1947 - Dopo 7 anni arriva il bis al Giro d'Italia |
Per la seconda volta nella sua carriera Fausto
Coppi vince il Giro d'Italia. Siamo nel 1947,
sette anni dopo il primo successo, quando un
giovane di belle speranze, neppure ventunenne,
raggiunse la maturità lungo un cammino aspro
ch'egli aveva seminato di vittorie clamorose
conquistate dovunque, contro avversari d'ogni
rango e Paese. Nell'intervista rilasciata alla
"Gazzetta", Fausto parla del suo
"Giro" appena vinto.
La preparazione
- "Ho iniziato volutamente la corsa in
ritardo di preparazione e riconosco di aver
commesso un errore, grave - se volete - in
quanto lo commisi anche l'anno scorso. Ho
faticato durante le prime tappe e poichè Bartali
andava forte, ecco che mi sono ritrovato subito
in ritardo su di lui. La forma è poi venuta a
poco a poco."
Impossibile
attaccare Bartali
- "Arrivato a Reggio Emilia nelle condizioni
note, mi convinsi dell'inutilità e anche
dell'impossibilità di attaccare Bartali prima
delle Dolomiti. Nella parte centrale del Giro ci
sarebbe voluta una tappa a cronometro per
superare o quantomeno tentare di avvicinare il
mio principale avversario. Forse ho deluso le
aspettative di molta gente, ma non me la sono
sentito di attaccare neppure nella
Pescara-Cesenatico, a causa del forte vento
contrario."
La mia grande giornata
- "Di fronte a Bartali mi sono solo difeso,
finché non è giunta la mia grande giornata. Ho
studiato la situazione fino al Falzarego, per
poi partire risolutamente all'attacco, mentre
dietro Gino incorreva nell'incidente alla
catena. Anch'io ho avuto un guasto meccanico, ma
la cosa non mi ha preoccupato eccessivamente
perchè stavo bene nel fisico e infatti, in
discesa, ho guadagnato molto terreno. Sul Pordoi
volevo fortissimamente conquistare la maglia
rosa, anche per un impegno con gli sportivi che
mi avevano sempre sorretto nello sforzo, per
riconoscenza alla Bianchi e ovviamente per
soddisfazione personale. Negli ultimi 40
chilometri della Pieve di Cadore-Trento ho
faticato di più che in tutto il resto della
tappa dolomitica, perché il vento contrario mi
ostacolava duramente nella marcia. Devo fare i
complimenti anche a Tragella e agli altri
meccanici della Bianchi che hanno reso quasi
insensibili le conseguenze di un mio arresto per
foratura (quarto incidente della giornata)."
Gli avversari
- "Bartali è stato ancora, e lo rimarrà a
lungo, il mio più forte rivale. E' sempre un
grande campione e, anche per questo, soprattutto
per questo, sono contento di averlo battuto.
Debbo riconoscere che tutti, io per primo,
abbiamo sbagliato a valutare le capacità di
Bresci: un errore che poteva costare molto caro.
Maes mi ha impressionato più nella tappa di
Lugano che in quella di Trento. Vista la sua
età, è un atleta straordinario. Da Ronconi e
Ortelli mi aspettavo di più: Ronconi ha avuto
delle belle giornate, specie all'Abetone, poi
nelle fasi cruciali della corsa il fisico non lo
ha più assistito; non so spiegarmi invece la
scarsa vena di Ortelli."
Quando il colloquio finisce, ad attendere Fausto
nel corridoio ci sono Zambrini e Umberto
Radaelli, il "mago" che nel 1940 lo aveva
amorevolmente assistito durante il lungo cammino
del primo trionfo al "Giro". Arriva anche
Pellizza, il massaggiatore di quell'anno, il
"mago" numero due, per effettuare un ultimo
massaggio. I muscoli di Fausto erano ancora più
preziosi del giorno precedente... |
Sintesi da "LA GAZZETTA DELLO SPORT" del 16
giugno 1947
Articolo di Danilo Mazzucato |
OTTOBRE 1948 - Attore con Bartali nel film
"Totò al Giro d'Italia" |
Nel mese di ottobre del 1948 iniziano a Lecco le
riprese del film "Totò al Giro d'Italia" del
regista Mario Mattoli, al quale prendono parte
molti volti noti del cinema italiano e un
plotone di corridori professionisti, nel quale
figurano anche Fausto Coppi e Gino Bartali.
E' presente naturalmente la "Gazzetta dello
Sport", per raccontare l'atmosfera che si
respirava in riva al lago e sulle montagne
circostanti in quei giorni un po' insoliti...
"I corridori stanno in una sala appartata. Ogni
tanto qualche cacciatore d'autografi riesce a
giungere fin lì. E loro firmano: ci sono tutti o
quasi, da
Bartali a
Magni, da Coppi a
Casola, da Cottur a
Ortelli, a Leoni, Lambertini e Malabrocca.
Li ha chiamati il regista Mattoli che ha
iniziato le riprese di "Totò al Giro d'Italia".
Gli attori veri, Isa Barzizza, Valter Chiari, la
più recente delle Miss Italia, debbono
destreggiarsi fra selle e tubolari.
Ci sono anche le macchine delle Case. Aspettano
fuori, pazienti, che questo giro stranissimo si
metta in marcia. Pavesi si morsica la pipa e
Tragella, ogni tanto, tasta una ruota di
ricambio, come se Coppi, davvero, fra poco
dovesse affrontare tre o quattro Pordoi. Ai
corridori fa comodo la sede scelta per le
riprese. Si preparano al Giro di Lombardia,
spingono sulla strada di Bellagio, sgroppano su
per il Ghisallo, sudano e fanno fiato. Fra una
sudata e l'altra obbediscono a Mattoli e
impressionano nastri di celluloide...
Entra Magni e dice: "Andiamo a punzonare!".
Il cortile presenta la stessa atmosfera della
"Gazzetta" alla vigilia della
grande corsa a tappe.
"Prima il gruppo di Coppi e poi quello di
Bartali!" grida Mattoli. Ciac, e si gira.
La folla non ha bisogno di fingere e i vigili
han da fare sul serio. La gente grida e spinge,
la macchina da presa guarda Coppi che si fa
largo verso il tavolo della punzonatura.
Poi è la volta di Bartali, in abito borghese,
principe di Galles marron e cravatta nocciola.
"Ora gridate ancora!" comanda Mattoli, e
tutti si agitano attorno e quasi sommergono Corsi.
Tocca quindi a Totò. E' anche lui fra i
concorrenti. Entra solo, in calzoncini e
maglietta e si avvia alla punzonatura suonando
una trombetta infissa sul manubrio della bici.
Guarda la gente che ridacchia, ha una barba
bellissima e i baffi appuntiti. "Fatemi una
risata in faccia a 'sta barba" esclama.
Tutti ridono e lui suona la tromba.
Fra poco andranno al Piano dei Resinelli dove
Totò batterà gli assi.
Tutti si avviano alle salite. La signora Angela,
titolare dell'albergo, ritira il naso dall'aria
del cortile e si accorge di non aver fatto la
polvere... |
Libero adattamento da "LA GAZZETTA DELLO
SPORT" del 16 ottobre 1948
Articolo di Gian Maria Dossena |
Perché nel 1948 Bartali e Coppi si cimentarono
in un film? |
Al Campionato di Zurigo, i due
antagonisti Bartali e Coppi, dopo aver fatto piazza
pulita di tutti gli avversari, giunsero al traguardo e,
nella volata finale, Gino superò Fausto. Pare che fra
i due fosse stato raggiunto un accordo e che
esso non sia stato poi del tutto rispettato.
Morale: da quel giorno Bartali e Coppi
cominciarono a guardarsi in cagnesco. Tanto in
cagnesco che, nel 1948, durante la corsa iridata
di Valkenburg, l'unica loro preoccupazione era
quella di studiarsi a vicenda, senza accorgersi
che tutti gli altri concorrenti, compresi i più
sconosciuti cacciavite, se la stavano dando a
gambe in barba alle loro beghe personali.
Non c'era accordo per tirare... la corda si
spezzò e l'Unione Velocipedistica Italiana
decise di squalificarli entrambi.
Momentaneamente appiedati, Coppi e Bartali si
consolarono prontamente cambiando professione.
Invitati a Roma da una casa cinematografica,
accettarono le allettanti proposte per
partecipare al film "Totò al Giro d'Italia",
anche se, a dire il vero, i volti dei due
campioni non risultavano del tutto
cinematografici.
Comunque era tale la loro popolarità che
passarono i rituali provini ed iniziarono a
cimentarsi davanti alla macchina da presa. I
neo-attori Coppi e Bartali si consolarono per la
squalifica con un'attività sicuramente meno
faticosa e ben retribuita. Pare che abbiano
guadagnato 400 mila lire al giorno per
partecipare a questa pellicola che ebbe poi un
discreto successo.
Terminata la squalifica, Gino e Fausto
ritornarono volentieri alle corse in bicicletta,
che sicuramente preferivano ai teatri di posa.
Si avvicinava per Coppi il 1949, l'anno più
impressionante della sua carriera... |
TOUR DE FRANCE 1949 - La triste tappa di Saint
Malò |
Fausto racconta: "Ad un certo punto
della corsa io mi trovavo in fuga con Marinelli,
Kubler ed altri due corridori, e il
nostro vantaggio sugli immediati inseguitori era
salito a 8 o 9 minuti. Entrai in collisione con
Marinelli e nell'urto ruppi la forcella
posteriore della mia bicicletta.
Fui subito avvicinato da una delle due vetture italiane
al seguito della corsa, quella che, con Tragella a
bordo, seguiva me. Non potei cambiare però la
bicicletta perché la vettura con Tragella
portava il mezzo di scorta di
Bartali e di Ricci (in uso questa per
tutti i gregari).
Nel telaio della macchina di
Ricci non fu infatti possibile montare la mia
ruota posteriore per la diversità del cambio.
Così dovetti attendere la vettura sulla quale
viaggiava
Binda (e la mia bici di scorta) il
quale, mentre io ero in fuga, si era fermato a
bere. Perdetti 11 minuti e, innervosito e
sfiduciato com'ero, giunsi al traguardo dopo il
gruppo comprendente Bartali.
Non presi nessuna cotta a Saint Malò. E non
facevo proprio i «capricci», come disse Binda,
quando al termine della tappa annunciai che
volevo ritirarmi". |
Da
"LO SPORT" - Il romanzo di Coppi - numero
speciale del 05-11-1953
Articolo di Decio Silla |
TOUR DE FRANCE 1949 -
L'indimenticabile tappa di Aosta |
Fausto racconta: "Gli avversari, nel 1949,
contavano molto su un preteso dissidio tra
me e Gino e quel furbone di
Binda non faceva nulla per smentire tale
supposizione, che era invece del tutto
infondata.
Così, nella tappa di Aosta al Tour de France la
nostra intesa sbalordì tutti. Quella sera
indossai la maglia gialla...
Il piano che avevamo studiato con Binda, la sera
prima a Briançon, era che io e Bartali
scattassimo insieme sul Piccolo San Bernardo.
Qualcuno cominciò ad aprire gli occhi quando si
arrivò a Briançon: io e Gino entrammo insieme in
pista e, come sapete bene, tagliammo da buoni
amici il traguardo. Io ero alla ruota del
«vecchio», che compiva quel giorno uno dei tanti
suoi compleanni... L'indomani si annunciò come
una nuova giornata campale. Il piccolo
Robic non aveva nascosto ai suoi ammiratori di voler
dare battaglia sull'Iseran; la consegna per noi
rimaneva quella di stare in guardia, ma di
attaccare a fondo, comunque, soltanto
sull'ultimo colle. E così, infatti, avvenne...
Staccati Lazarides e Marinelli, rimanemmo soli
sulla salita del San Bernardo, io e Gino.
Bastava tra noi un rapido cenno d'intesa per
dirci un'infinità di cose. Ad esempio, allorché
si profilò un possibile ritorno di Marinelli,
guardarci negli occhi, io e il «vecchio», e poi
alzarsi sui pedali e ristabilire le distanze fu
tutt'uno.
Fu il Bartali a passare prima in vetta al colle.
Il gioco sembrava fatto. Ma nella discesa che
seguì (ci eravamo lanciati come due falchi) la
sorte volle giocare uno dei suoi brutti tiri al
mio compagno di fuga. Mi accorsi che Gino aveva
forato quando, voltandomi indietro, lo vidi
fermo sui bordi di un tornante. Rallentai come
potei l'andatura e intanto andavo chiedendomi se
convenisse attenderlo o invece affrontare il
rischio di una lunga fuga solitaria verso il
traguardo. Una caso di coscienza, come vedete,
complicato da calcoli tattici, pur mentre dovevo
fare attenzione a prendere con tutta prudenza le
acrobatiche curve della china. proprio quel
giorno Peverelli si era fatto una brutta ferita
alla fronte cadendo nella discesa dell'Iseran.
Continuai la mia corsa, rattristato dal fatto di
non avere più Gino al mio fianco e sempre
incerto sulla condotta da tenere.
Fortunatamente, ancora lontano dall'arrivo,
riuscii a scambiare due parole con una staffetta
motociclistica al seguito della corsa. Mi disse
che Binda si era fermato con il Bartali, che
Robic rinveniva pericoloso; a mia volta lo
incaricai di chiedere a Binda istruzioni sul da
farsi.
Vai! fu la risposta dell'ex campione del mondo.
E potete credere che non mi feci pregare oltre.
Arrivai ad Aosta con 5 minuti di vantaggio sul
Bartali che era riuscito, nonostante una caduta,
a riprendersi molto bene guadagnando a sua volta
circa 5 minuti di vantaggio su Robic, giunto
terzo. Quella sera indossai la maglia gialla che dovevo
portare vittoriosa al Parco dei Principi". |
Libero adattamento da un racconto per
la "GAZZETTA DELLO SPORT" |
Il 1949 fu un'annata d'oro per Fausto Coppi che
vinse il Giro d'Italia e il Tour de France,
impresa fino ad allora mai riuscita ad altro
corridore, sia italiano che straniero. |
GIRO D'ITALIA 1952 - Le salite sono poche e spezzettate |
Siamo alla vigilia della corsa rosa e "Lo Sport"
pone a Bartali e Coppi alcune domande per
sviscerare gli aspetti principali della
competizione. Di seguito le risposte fornite da
Coppi: |
D -
Credi che la lunghezza del percorso stabilita
dagli organizzatori per questo 35° Giro sia la
più indicata per uno che abbia, come te,
l'intenzione di partecipare anche al Tour? |
R -
Per me va benissimo. Cento chilometri in più o
in meno, in una corsa di quattromila, fa lo
stesso. Ben predisposte le tre giornate di
riposo. |
D - Le
tappe di montagna sono distribuite secondo saggi
criteri tecnici? |
R -
A mio avviso sono poche. Mi spiego: le salite
sono troppo spezzettate. Almeno due grandi tappe
di montagna di seguito ci volevano. Così i
passisti sanno che mettendocela tutta oggi,
domani si troveranno a correre sul loro campo
preferito, e a tutto loro vantaggio. |
D -
Quale delle due tappe a cronometro può emettere
giudizi consistenti agli effetti della
graduatoria finale? |
R -
I 35 km della Roma - Rocca di Papa non possono
lasciare tracce nella graduatoria, almeno questo
è il mio pensiero. L'altra, quella da Erba a
Como, attraverso Bellagio, non la conosco: mi
hanno detto che la strada è stretta e piena di
curve pericolose. Spero di andarla a vedere la
sera, dopo l'arrivo della Bergamo - Como. |
D -
Qual'è la squadra in campo che ti sembra più
agguerrita e compatta? |
R -
Senza dubbio la squadra capeggiata dal più forte
capitano, ossia la Guerra. Parrà strano, ma è
così. |
D -
Dove prevedi che si avranno le fasi più
importanti e decisive del Giro? |
R -
Al Giro non è come al Tour. Al Giro non si
possono recuperare dozzine di minuti, vuoi
perché il clima è diverso, ossia più fresco,
vuoi perché le tappe non vengono combattute
dalla partenza all'arrivo, per cui i
protagonisti arrivano ai punti nevralgici del
percorso nelle migliori condizioni per potersi
difendere dall'attacco dei più forti. Ad esempio
la Venezia - Bolzano può decidere addirittura il
Giro, mentre non credo che possa dirci molto la
tappa St. Vincent - Verbania, attraverso il Gran
San Bernardo ed il Sempione. Certo che sarebbe
stato meglio se dopo la Venezia - Bolzano ci
fosse stata una seconda tappa dolomitica. |
D -
Cosa pensi che possa fare Bartali, il tuo più
accanito rivale, in questo Giro? |
R -
Devo dire che Gino è veramente impressionante.
Va come un diretto. E se andrà tutto il Giro
come va adesso, tutti quanti dovranno stare
molto attenti a lui. Badate bene, non lo dico
per fare un complimento a Gino Bartali, ma
perché le cose stanno effettivamente così. |
D -
Qual'é il corridore che ritieni come il più
probabile vincitore della corsa? |
R -
Koblet. Egli è il più giovane di quelli che
vengono chiamati «grandi». E sembra anche il più
in forma. Poi ci sono altri quattro o
cinque che potranno lottare per le migliori
piazze. In ogni caso ci sarà una bella lotta. |
D -
Pensi che Fiorenzo Magni possa tornare a vincere
il Giro d'Italia? |
R -
Come si fa a prevedere con sicurezza una cosa
simile. Magni ha già vinto il Giro due volte e
potrebbe farcela anche per una terza. Comunque
soltanto le varie fasi della corsa risponderanno
a questo interrogativo. |
D -
Quali sono, tra i giovani, quelli che potrebbero
affermarsi quest'anno? |
R -
Ce ne sono diversi di giovani che potrebbero far
bene. Minardi e Padovan, penso, saranno i due
che faranno la miglior corsa. Sono due giovani
che sanno soffrire anche nelle fasi più dure,
perciò dovrebbero essere in grado di tenere
anche sulle più forti salite. |
D -
Koblet, vincitore del Tour 1951, rappresenta
veramente un pericolo? |
R -
Senza dubbio. Bisognerà essere sempre pronti,
anche nelle tappe pianeggianti, perché egli è
l'uomo che attacca in qualsiasi punto del
percorso. Se uno si lascia sorprendere perde dei
minuti, e se non vuole perderli deve tirare
fuori l'anima. Hugo sa afferrare l'attimo in cui
uno non si sente bene. Si dovrà perciò essere
sempre in buone condizioni e reagire prontamente
ai sui attacchi. |
Intervista da "LO SPORT" del maggio 1952 |
Come i giornalisti avevano previsto
all'arrivo della tappa Venezia-Bolzano,
Coppi portò a quattro i suoi successi nella
corsa rosa con 9'18" di vantaggio
sul secondo arrivato Fiorenzo Magni e 9'24"
sul terzo, lo svizzero Kubler. Gino Bartali
arrivò quinto a 10'33".
Vinse anche il Tour de France (altro bis dopo
quello del 1949), dimostrando a tutti di
avere pienamente recuperato le
forze dopo gli infortuni e il
dolore per la scomparsa del
fratello Serse, avvenuti nel
1951. |
TOUR DE FRANCE 1952 - Le speranze
del "Campionissimo" |
D - Se fosse designato «leader» della squadra
del suo paese al Tour '52, quali gregari
sceglierebbe? |
R - I miei compagni di squadra, quali
Milano, Carrea e Crippa e quei corridori disposti a
darmi aiuto. Del resto i nominativi dei
prescelti sono tutti di mio gradimento. |
D - Ritiene di avere maggiori possibilità di
onorevole piazzamento o di vittoria finale? |
R - Se tutto andrà bene, fisicamente e
moralmente, punterò senz'altro alla vittoria. |
D - Quanti chilometri ha percorso durante la
stagione e in preparazione al Tour? |
R - Circa 10.000 |
D - Quale corridore l'ha sempre maggiormente
impressionata al Tour? |
R - Koblet, perchè mi è parso il più completo
e ora è il più in forma di tutti e il più
attrezzato, fisicamente e moralmente, per
vincere il Tour '52. |
D - La sua maggiore ambizione è la vittoria al
Giro di Francia '52? |
R - Come popolarità, la vittoria del Tour
sovrasta tutto, ma io preferisco il titolo
mondiale. Di corse classiche vinte, nel mio
stato di servizio ne mancano ben poche. Sarebbe
veramente buffo se dovessi terminare la mia non
mediocre carriera senza avere avuto la
soddisfazione di indossare la maglia iridata! |
Dopo la vittoria finale il veto a Bartali
come futuro gregario... |
Fausto racconta:
"Stavamo correndo la quarta tappa da Rouen a
Roubaix. Ad un certo momento fuggirono alcuni
corridori, la cui azione poteva diventare
pericolosa per il vantaggio che andavano
guadagnando e perché non erano figure di secondo
piano. Sicché decisi di portarmi sulle loro
tracce e, nel farlo, ritenni opportuno e logico
chiamare in aiuto gli uomini della nostra
squadra. Bartali, dal canto suo, non rispose
all'appello e disse che proprio non se la
sentiva di compiere lo sforzo dell'inseguimento.
Più tardi, quando da inseguitore mi trovai io
stesso nella fuga, Bartali balzò alla testa del
gruppo, non certo per frenare, con gli altri
tricolori, la marcia di coloro che inseguivano.
Invece di rendermi un utile servizio, mi veniva
a riprendere, trascinandosi dietro così quegli
avversari che potevano invece subire una più
pesante battuta d'arresto.
Per questo ho detto e ripetuto che considero
Bartali, ancora di questi tempi, come uno dei
più forti corridori d'Europa, ma che non potrà
mai essere un gregario utile.
Per questa stessa ragione posi come mia
condizione della partecipazione al Tour del '53
l'esclusione di Bartali dalla squadra tricolore.
Volevo combattere il Tour da capitano, quale lo
stesso Binda mi aveva riconosciuto. E così
desideravo portare con me nove soldati, quelli
che avevo scelti, di completa fiducia; tutta
gente che lavora sodo e in corsa si muove sotto
la mia guida.
Le mie condizioni non vennero accettate ed ho
preferito quindi rinunciare alla corsa. Non è
vero che la rivalità agonistica mi impediva di
portare Gino con me, in Francia. La verità è che
non potevo fare affidamento sul Bartali
«gregario», ne mi poteva servire un Bartali
«corridore autonomo». Non mi hanno capito, o
meglio, non hanno voluto capirmi. E io ho
preferito la rinuncia, piuttosto che sentirmi
rinfacciare di aver vietato al «vecchio» Bartali
di correre il suo ultimo Tour". |
Da un'intervista per la "GAZZETTA DELLO SPORT" e
un racconto per "LO SPORT" |
In altra pagina, Gino Bartali rivive quei
momenti a modo suo... |
Le
critiche che seguirono la rinuncia di Fausto al
Tour '53 furono perfino spietate, e lui giurò a
se stesso di prendersi una sonante rivincita. In
Svizzera, sul circuito di Agno, il 30 agosto
1953, si laureò Campione Mondiale su strada,
indossando quella maglia iridata che considerava
indispensabile al coronamento della sua
inimitabile carriera sportiva. |
ETTORE MILANO: "Non è uno
schiavista come dicono i nemici" |
Ettore
Milano è uno dei fidi gregari di Coppi. Abita a
Novi Ligure e il campionissimo lo conosce molto
bene, anche per ragioni familiari, avendo
sposato la figlia di Biagio Cavanna, il suo
massaggiatore e consigliere.
Ecco il suo pensiero: "Di Fausto posso
dire molte cose. Gli sono stato vicino nei
momenti di trionfo e nei giorni tristi della
sfortuna e della sconfitta. Con me è stato
sempre molto buono. Certamente lui è il capo, e
bisogna obbedirgli, ma da parte sua non una sola
volta ho avuto richieste superiori al giusto.
Sicuramente non è uno schiavista, come i nemici
dicono. Appena può essere utile ad uno di noi,
appena può farci un piacere, state tranquilli
che si attiva per farlo. Fausto sorride poco, ma
non è sempre di cattivo umore. Anche dopo i
giorni tristi non dimentica chi gli è stato
vicino.
Per mio conto, non ho neppure sentito di sue
imposizioni ad altri. In taluni casi, al
massimo, ha parlato nell'interesse di tutti. Per
dire il vero, Fausto si interessa il meno
possibile degli affari degli altri. Se qualche
volta ha consigliato qualcuno a comportarsi in
un certo modo, credo lo abbia fatto perché, in
fondo, era nel suo pieno diritto.
Lui corre per vincere. Non si può accontentare
di mezze misure e, soprattutto, è giusto che
offra alleanze specialmente nelle lunghe corse a
tappe dove da soli si può far poco e anche la
squadra è piccola cosa". |
Da
"LO SPORT" - Il romanzo di Coppi -
numero speciale del 05-11-1953 |
Ricordi di Guillaume Driessens (*), che fu suo
massaggiatore |
"Coppi si comportava da aristocratico. Gli
piaceva vincere soltanto grandi classiche e
grandi giri. Era fenomenale a cronometro, ma
soltanto sulle lunghe distanze, un grande
arrampicatore e un forte discesista. Se la
cavava meno bene in pianura e nelle volate, per
via della sua longilinea corporatura.
Nell'alimentazione Coppi sceglieva accuratamente
le proprie pietanze.
Rifiutava sempre le creme di verdura, i
minestroni e la pasta. Mangiava solo legumi e
carne, che sovente faceva macerare tutta la
notte nel limone per paura della tenia.
Consumava dei pasti molto frugali, ma non
disdegnava dei bicchieri di buon vino e amava
anche la birra. Durante le corse però era
completamente astemio.
Per i suoi tempi Coppi ha guadagnato moltissimo,
decisamente di più dei suoi avversari..." |
Libero adattamento da un'intervista al
settimanale
PANORAMA del 31-071969 realizzata da Claudio
Sabelli |
Per la cronaca Fausto Coppi aveva un peso forma
di 74 Kg (invernale 78 Kg) ed era alto
1,77 m. Da altre fonti si apprende che il minestrone
Coppi lo mangiò spesso durante la
preparazione del Mondiale 1953 di Lugano. Un
piccolo sacrificio che gli valse la vittoria
finale e il titolo iridato.
(*) Guillaume Driessens è stato anche il
direttore sportivo del belga
Eddy Merckx, le
cui vittorie sono state spesso comparate con
quelle di Coppi, nel tentativo virtuale di
stabilire chi dei due fosse stato il migliore
ciclista di tutti i tempi. |
GIRO D'ITALIA 1954 - Al
campionissimo mancano le energie |
Siamo nel 1954 e si corre l'ennesimo Giro
d'Italia. In testa alla corsa c'è un gregario di
Koblet, lo svizzero Carlo Clerici, che alla fine
vincerà con 24' di vantaggio sul suo capitano.
Quel vantaggio abissale lo aveva accumulato
nella tappa Napoli-L'Aquila, andando in fuga con
altri comprimari. Un fuga in cui nessuno
credeva, ma che arrivò in porto e che
successivamente impedì il recupero dei più
quotati nelle altre frazioni, anche perché il
Clerici, in salita, se la cavava proprio bene.
Oltretutto ora è in splendida forma mentre le
gambe di Fausto non girano a dovere. Il
campionissimo è come svuotato di ogni energia.
A Genova perde la calma e viene quasi alle mani
con un tifoso che impreca contro di lui. Alla
stampa dichiara: "I fischi, anche se fanno
male si sopportano. Ma in questi giorni non sono
in grado di sopportare anche gli insulti. Cosa
possono saperne i tifosi di che cosa soffriamo
noi quando i muscoli non rispondono alla
volontà? Credono soltanto alle "cotte", alle
cadute, alle forature. Ma noi siamo esseri umani
come loro, abbiamo un morale come il loro!
Quando su certe salitelle vedo andarsene 4 o 5
giovanotti e non riesco neppure a tenere la loro
ruota, mi vengono le lacrime agli occhi..."
Secondo molti tifosi Coppi ha un'età (34 anni)
alla quale Gino Bartali era già chiamato
l'"intramontabile" o il "vecchio". Per altri non
è questione di declino fisico ma morale: egli
stesso ne è l'artefice, non la natura, né la
malattia, né la giovinezza degli avversari.
Coppi quindi non perse il Giro del 1954 per le
ostriche di Palermo, lo perse perché fin
dall'inizio gli mancò la volontà o la capacità
di vincere le sorde preoccupazioni che lo
angustiavano (la relazione con Giulia Occhini
che al mondiale di Lugano era apparsa vicino al
campione ndr).
Le ostriche di Palermo furono tirate in ballo
dal fido Cavanna per accampare un malessere
fisico del campionissimo. In pratica era
successo che, per festeggiare la vittoria nella
crono-squadre della prima tappa, in serata Coppi
si era recato a mangiare fuori in compagnia del
suo massaggiatore. Cavanna aveva ordinato dei
frutti di mare; Fausto (che ne era ghiottissimo)
ne aveva voluti assaggiare due o tre, nonostante
l'opposizione di Biagio. Erano ostriche,
procurate da un "ostricaro", poco fresche e
neppure conservate nel ghiaccio. Coppi era stato
male tutta la notte e il giorno dopo era ridotto
uno straccio; i muscoli potenti delle cosce non
rispondevano più, mentre Koblet e
Minardi invece "volavano". Le ostriche furono
quindi la versione ufficiale della Bianchi. Fino a
Chianciano (neanche a farlo apposta) Coppi aveva
sofferto dei postumi di quella indigestione e
non aveva potuto alimentarsi correttamente.
Questa spiegazione aveva temporaneamente
tranquillizzato gli animi dei tifosi, ma in
seguito non convinse più nessuno.
Dopo Chianciano, all'arrivo di Genova, Coppi era
andato a mangiare a casa sua, a Sestri, e aveva
spazzolato tutto quello che c'era in tavola. Lui
stesso raccontò che i suoi lo avevano anche
preso in giro: "Ma come? Mangi così tanto e
vai così piano?". Insomma, si stava facendo
largo la convinzione che la sua non fosse una
crisi fisica, ma psicologica o sentimentale,
dovuta alla relazione con Giulia Occhini... |
Libero adattamento dal settimanale EPOCA del 13-06-1954
Articolo di Massimo Mauri e fotoservizio di Paolo Costa |
E' curioso notare come il ciclismo
professionistico di quegli anni fosse comunque
caratterizzato da un certo "fai da te" nei
comportamenti degli atleti che non trova
riscontro nelle corse moderne. L'alimentazione
era molto libera. Coppi poteva consumare frutti
di mare oppure tre polli in un giorno!
Da "La Gazzetta Sportiva" dell'11 aprile 1948 si
apprende che anche Gino Bartali rischiò di non
partecipare al 22° Giro della Toscana per
un'indigestione dovuta alle ostriche. Grandi
campioni e buone forchette!... |
GIRO D'ITALIA 1955 - La vecchiaia
avanza e gli anni pesano... |
Siamo
in vista del Giro d'Italia 1955 e Fausto Coppi
comincia a sentire il peso degli anni e delle
tante corse disputate in bicicletta. Alla
domanda su chi vincerà il Giro quest'anno,
con un gesto eloquente allarga le braccia ed
inizia a rispondere così: "E' una grossa
incognita. L'incertezza - tutti lo sanno -
costituisce il lievito principale per mantenere
in giusta misura l'interesse di una
competizione. Io sono vecchio, i mesi passano
senza pietà, e per chi corre in bicicletta
contano doppio. Bartali ha dato addio alle
scene, della «guardia» di un tempo sono rimasto
l'unico capofila". Allora gli viene fatto
notare che tutti lo danno come favorito, e
lui prosegue: "E' una questione
d'abitudine... Certo, ognuno stia sicuro,
metterò nella corsa il mio impegno migliore,
quello riservato alle grandi occasioni. Nel mio
bagaglio una valigia di speranze, che la buona
sorte mi sia amica, che mi tenga lontano gli
sgambetti della scalogna...". A proposito
di scalogna, le ostriche dell'anno passato?
- Risponde: "Buona memoria, davvero. Quel
piatto di ostriche, mangiato al principio del
Giro, mi ha messo lo stomaco sottosopra per
l'intera gara. Il rendimento di un atleta è
fatto di tante piccole cose che, messe insieme,
danno la «forma». A volte, anche quando non si
vuole, non si può, capita un incidente
trascurabile e sei finito. La solita storia del
granellino di sabbia capace di fermare gli
ingranaggi più perfetti. Ad ogni modo, nel Giro
d'Italia del 1955, disco rosso sulla mia tavola
per i frutti di mare. Li mangerò solamente a
corsa finita".
Inevitabilmente si finisce per parlare degli
avversari più temibili. Chi saranno? -
Risponde: "La risposta non mi mette in
soggezione. Tutti sono pericolosi, questo è un
Giro che molti possono vincere. Per me, l'uomo
che vanta maggiori probabilità è
Koblet: lo svizzero
magari non si impegna sempre, ma al momento
buono è lì, pronto a sferrare l'offensiva. E non
bisogna dimenticare i giovani che premono dietro
le quinte. Tanti ragazzi sognano il gran colpo,
anche se il loro rendimento non è sicuro. Tra di
loro preferisco
Defilippis: ho molta fiducia nel
torinese. E poi ci sono
Magni, Moser e
Astrua
che mi ha molto impressionato nel recente Gran
Premio Ciclomotoristico". |
Da
"LA GAZZETTA DELLO SPORT" del 14 maggio 1955
La 38a edizione del Giro d'Italia alla fine
venne vinta da Fiorenzo Magni. Fausto Coppi
conquistò un onorevole secondo posto. Terzo finì
Gastone Nencini |
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CRONACA 01
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SPORT GIRO
TOUR
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