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LA GAZZETTA DELLO SPORT del 31 luglio 1947 - Dopo la vittoria al Giro d'Italia, Fausto Coppi a Parigi diventa Campione Mondiale dell'inseguimento insieme a Leo Benfenati

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A Gennaio 2008 il Parco Naturale
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Nobili, vescovi, mercanti e pellegrini
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NOVEMBRE 1942 - Fausto Coppi sfreccia davanti a un meccanico che tiene in mano una ruota di scorta durante il record dell'ora al Vigorelli di Milano

FAUSTO COPPI
il campionissimo
del ciclismo

Interviste, racconti personali e aneddoti su alcune delle sue leggendarie imprese (1)  (2)  (3)

Fausto Coppi con la sua prima bicicletta che usava ogni mattina per andare a lavorare a Novi Ligure

Fausto con la sua prima bicicletta

EBERARDO PAVESI, il manager che fece firmare a Fausto Coppi il suo primo contratto da professionista, per la Legnano. Fu anche suo direttore sportivo ed, in seguito, gli rimase sempre amico e consigliere

Eberardo Pavesi

BIAGIO CAVANNA, il "talents scout" scopritore e massaggiatore di Fausto Coppi

Il massaggiatore Biagio Cavanna

Altri momenti delle sue imprese
sportive attraverso interviste,
racconti personali e aneddoti

I successi di Fausto Coppi
nei servizi delle principali
testate sportive

Le ragioni segrete che
furono alla base delle sue
leggendarie imprese

Storia umana e sportiva del campionissimo del ciclismo corredata di altre immagini

 
GIOVANNI TRAGELLA, direttore sportivo della Bianchi ai tempi di Fausto Coppi

Giovanni Tragella

TOUR DE FRANCE - Fausto Coppi in fuga sul Tourmalet

In fuga sul Tourmalet

TOUR DE FRANCE - Fausto Coppi in salita seguito da Hugo Koblet e Pasqualino Fornara

Al Tour con Koblet e Fornara

GIRO D'ITALIA - Fausto Coppi durante una fuga solitaria sullo Stelvio

In fuga sullo Stelvio

OTTOBRE 1948 - Coppi, Totò, Isa Barzizza e Bartali conversano a tavola durante una pausa di lavorazione del film "Totò al Giro d'Italia"

Coppi, Totò, Isa Barzizza e Bartali

Il regista Mario Mattoli impartisce alcuni comandi di scena mentre Totò e Coppi si stringono la mano sotto gli occhi di Ricci - (lavorazione del film "Totò al Giro d'Italia")

Attore in "Totò al Giro d'Italia"

GIRO D'ITALIA 1953 - Fausto Coppi all'arrivo della tappa Grosseto-Follonica

Traguardo di Follonica (Giro 1953)

Fausto Coppi in un momento di relax prima della partenza di una gara

In attesa della partenza...

TOUR DE FRANCE 1949 - Fausto Coppi e Gino Bartali pedalano insieme verso la vittoria finale

Con Gino Bartali al Tour del 1949

GIRO D'ITALIA 1954 - Sabato 5 giugno, nella giornata di riposo, Fausto Coppi si concede una gita in barca con l'avvenente Sàida Angelo (foto Paolo Costa)

In barca sul Lago di Garda

Fotografia con autografo di Fausto Coppi in gara, a suo tempo utilizzata anche per la pubblicità di una nota marca di accessori auto

Fotografia con autografo

GIRO D'ITALIA 1952 - Fausto Coppi ha una smorfia di fatica subito dopo aver tagliato il traguardo della cronometro Erba-Como

Crono Erba-Como (Giro '52)

GIRO D'ITALIA 1952 - Fausto Coppi in Vaticano, affiancato da un cerimoniere e da una guardia svizzera, attende l'ora dell'udienza accordata ai "girini" dal Santo Padre

In Vaticano per l'udienza col Papa

Il famoso passaggio della borraccia tra Coppi e Bartali

Il passaggio della borraccia...

LUGANO 1953 - Giulia Occhini compare ufficialmente accanto a Fausto Coppi che indossa la maglia iridata

Maglia iridata a Lugano nel 1953

 

Lugano 1953: Come si allenò Coppi in vista del mondiale? - Quali rapporti aveva la sua bicicletta? - Quanto pesavano le sue gomme? - Cosa gli disse Cavanna prima della corsa?

 
Fausto Coppi e l'australiano Patterson, all'epoca campione mondiale d'inseguimento su pista

Con l'iridato Patterson

TROFEO BARACCHI 1953 - Fausto Coppi trionfa in coppia col campione del mondo dei dilettanti Riccardo Filippi

Al Trofeo Baracchi 1953

GIRO D'ITALIA 1955 - Fausto Coppi al tavolo della punzonatura sorregge la sua bicicletta, acclamatissimo come sempre...

Punzonatura del 38° Giro d'Italia

TOUR DE FRANCE - Fausto Coppi in fuga solitaria sui colli pirenaici

In fuga solitaria sui colli pirenaici

Originale ritratto di Fausto Coppi che è stato fotografato attraverso i raggi di una ruota

Ritratto attraverso i raggi

 
GIUGNO 1939 - La vittoria nella seconda "Coppa Canepa"
La seconda "Coppa Canepa" - valevole quale prima prova per il Campionato Ligure indipendenti - ha raccolto alla partenza un manipolo di ottimi atleti che hanno battagliato senza risparmio su tutto il percorso, rendendo la gara quanto mai interessante, come lo furono anche le precedenti corse di quest'anno nella nostra regione. Il bravo e modesto Coppi - con la sua vittoria - ha confermato la brillantissima prova del "Giro del Piemonte" e le affermazioni della "Coppa Rodinetti" e "Coppa Damiano". Egli, attualmente, si eleva di un grado su tutti gli altri concorrenti, sia per iniziativa che per resistenza.
Giudicato il momento favorevole alla fuga, allorquando la salita della Castagnola e il vento mettevano in difficoltà i compagni, li lasciava fiducioso di se stesso, li lasciava con facilità, conducendo per proprio conto il resto della gara.
Il Coppi si è acquistato una viva simpatia tra i nostri sportivi. E' dimostrato dagli incitamenti che ha avuto dalla folla - veramente numerosa - che assisteva al passaggio della gara lungo tutto il percorso e specialmente a Pontedecimo - Busalla - Novi - Tortona - Ronco - Serravalle. Il suo nome era da tutti ripetuto, come quello di un gran campione caro alle folle. Bravo Coppi!
Libero adattamento da un articolo de "Il Secolo XIX" del 12 Giugno 1939
Sono le prime importanti vittorie di Fausto Coppi, che all'epoca correva come dilettante indipendente. E' solo all'inizio della carriera, ma già corre con la stoffa di un consumato campione, tanto da attirare le simpatie delle folle. Il 6 agosto del 1939 vincerà anche a Pugliola di Lerici (SP) - (vedi note a pagina 2).
GIRO D'ITALIA 1940 - Eberardo Pavesi lo ricorda sull'Abetone
"Ho conosciuto tra i primi Fausto Coppi. Era ancora proprio un ragazzino. Mi avevano parlato bene di lui, ma di gente che parla bene dei corridori se ne incontra un sacco. Quando lo vidi sulla bicicletta compresi che era un tipo da tenere d'occhio. Lo dissi anche a Bartali, che allora era il caposquadra della Legnano. Da quel giorno l'ho sempre seguito e difeso.
Nel 1940 fui il suo direttore sportivo quando vinse il Giro d'Italia. Nella tappa dell'Abetone, da Firenze a Modena, conquistò la maglia rosa e riuscì a tenerla fino a Milano. Anche allora qualcuno disse che poteva essere una meteora, e ciò accadde anche durante quel Giro, nel momento in cui, sulle Dolomiti, si trovò qualche volta in difficoltà. Aveva 21 anni e qualche debolezza era logica e comprensibile.
Comunque, che fosse un campione, era indubitabile. Da allora le mie facili previsioni e quelle di Cavanna, che era stato il suo mentore, sono state un succedersi di conferme
".
Da "LO SPORT" - Il romanzo di Coppi - numero speciale del 05-11-1953
NOVEMBRE 1942 - ll record dell'ora al velodromo Vigorelli
Fausto racconta: "Nell'autunno del 1942 riuscii a battere il record dell'ora.
La preparazione la feci come potevo, continuando a pedalare come portaordini al 38° Fanteria (mi chiamavano l'espresso-razzo del Reggimento), ed anche fruendo di qualche giornata di permesso: 20, 25, 30 Km. appena ogni volta, tutti in pianura e tiratissimi.
Dopo tentativi e discussioni con tecnici ed esperti, decisi di adottare per la grande prova il rapporto 52/15 (metri 7,38 di sviluppo) con pedivelle di mm. 170, contro il rapporto 24/7 (metri 7,31) con pedivelle di mm. 170 di Archanbaud; gomme di 120 grammi.
Il 7 novembre, giorno prescelto, c'era un po' di sole ad intiepidire l'aria di Milano.
Mi alzai presto, feci qualche chilometro in bici, i soliti massaggi, una colazione leggera ma sostanziosa, una passeggiatina a piedi di 200 metri. Alle 14 attaccai a pedalare sulla pista del Vigorelli. Quel che soffrii in quei 60 minuti lo lascio immaginare a voi.
Dopo i primi venti minuti, durante i quali i miei tempi si mantennero leggermente superiori a quelli del francese, sentii la pedalata appesantirsi e perdere di regolarità; reagivo a strappi, con quelle sgroppate furiose che portano momentaneamente un vantaggio e si risolvono poi in un rallentamento, per ripigliar fiato e forze. E proprio in quel punto faceva la sua comparsa un ventaccio gelido, che non era in preventivo.
La campana ad ogni giro mi condannava, segnando ritardi sempre più netti sulla tabella di marcia; credo che nessuno dei presenti fosse più disposto a giocare un soldino bucato su di me e mancavano ancora dieci giri circa alla fine. Proprio allora, inspiegabilmente, ebbi un ritorno di forze e marciai ad andatura da sprint, tanto da avvantaggiarmi di 31 metri sul record di Archanbaud; e mi sentivo di continuare per un'altra ora e più alla caccia di primati.
Fu un vero peccato che i presenti, nell'entusiasmo, non capissero i miei cenni e mi impedissero di proseguire. C'erano Cuniolo, Pavesi e tanti altri amici e consiglieri più cari che mai e preziosi in quel giorno per me.
Non fece bene poi Archanbaud a tentare di invalidare con motivi «barbini» quel record, ma lo capisco benissimo. Chi ha la fortuna di riuscire in un'impresa del genere, e sa quel che costa, difende gelosamente il suo primato come la cosa che ha di più caro nella vita, come un figliuolo. Ed io stesso proverei un grosso dolore il giorno che sapessi che qualcuno me lo ha strappato; e non mi darei pace, se in età ancora valida, finché non me lo fossi ripreso.
Mi dicono: "Perché non ritenti tu stesso di battere il tuo primato, per darti un margine maggiore di sicurezza?". Il suggerimento è tentatore e ci sono anche grossi premi messi in palio da varie nazioni a stuzzicarmi. Ma il record dell'ora è una cosa troppo seria per avventurarvisi senza motivi fortemente fondati e senza una preparazione meticolosa. Tocca agli altri ora e, se qualcuno vuole, tenti. E se qualcuno riesce, allora toccherà nuovamente a me scendere in pista... Anche Oscar Egg faceva così..."
Libero adattamento da un'intervista a "BICI" realizzata da G. Zuccaro
GIUGNO 1947 - Dopo 7 anni, arriva il suo 2° successo al Giro
Per la seconda volta nella sua carriera Fausto Coppi vince il Giro d'Italia. Siamo nel 1947, sette anni dopo il primo successo, quando un giovane di belle speranze, neppure ventunenne, raggiunse la maturità lungo un cammino aspro ch'egli aveva seminato di vittorie clamorose conquistate dovunque, contro avversari d'ogni rango e Paese. Nell'intervista rilasciata alla "Gazzetta", Fausto parla del suo "Giro" appena vinto.
LA PREPARAZIONE - "Ho iniziato volutamente la corsa in ritardo di preparazione e riconosco di aver commesso un errore, grave - se volete - in quanto lo commisi anche l'anno scorso. Ho faticato durante le prime tappe e poichè Bartali andava forte, ecco che mi sono ritrovato subito in ritardo su di lui. La forma è poi venuta a poco a poco."
IMPOSSIBILE ATTACCARE BARTALI - "Arrivato a Reggio Emilia nelle condizioni note, mi convinsi dell'inutilità e anche dell'impossibilità di attaccare Bartali prima delle Dolomiti. Nella parte centrale del Giro ci sarebbe voluta una tappa a cronometro per superare o quantomeno tentare di avvicinare il mio principale avversario. Forse ho deluso le aspettative di molta gente, ma non me la sono sentito di attaccare neppure nella Pescara-Cesenatico, a causa del forte vento contrario."
LA MIA GRANDE GIORNATA  - "Di fronte a Bartali mi sono solo difeso, finché non è giunta la mia grande giornata. Ho studiato la situazione fino al Falzarego, per poi partire risolutamente all'attacco, mentre dietro Gino incorreva nell'incidente alla catena. Anch'io ho avuto un guasto meccanico, ma la cosa non mi ha preoccupato eccessivamente perchè stavo bene nel fisico e infatti, in discesa, ho guadagnato molto terreno. Sul Pordoi volevo fortissimamente conquistare la maglia rosa, anche per un impegno con gli sportivi che mi avevano sempre sorretto nello sforzo, per riconoscenza alla Bianchi e ovviamente per soddisfazione personale. Negli ultimi 40 chilometri della Pieve di Cadore-Trento ho faticato di più che in tutto il resto della tappa dolomitica, perché il vento contrario mi ostacolava duramente nella marcia. Devo fare i complimenti anche a Tragella e agli altri meccanici della Bianchi che hanno reso quasi insensibili le conseguenze di un mio arresto per foratura (quarto incidente della giornata)."
GLI AVVERSARI  - "Bartali è stato ancora, e lo rimarrà a lungo, il mio più forte rivale. E' sempre un grande campione e, anche per questo, soprattutto per questo, sono contento di averlo battuto. Debbo riconoscere che tutti, io per primo, abbiamo sbagliato a valutare le capacità di Bresci: un errore che poteva costare molto caro. Maes mi ha impressionato più nella tappa di Lugano che in quella di Trento. Vista la sua età, è un atleta straordinario. Da Ronconi e Ortelli mi aspettavo di più: Ronconi ha avuto delle belle giornate, specie all'Abetone, poi nelle fasi cruciali della corsa il fisico non lo ha più assistito; non so spiegarmi invece la scarsa vena di Ortelli."
Quando il colloquio finisce, ad attendere Fausto nel corridoio ci sono Zambrini e Umberto Radaelli, il "mago" che nel 1940 lo aveva amorevolmente assistito durante il lungo cammino del primo trionfo al "Giro". Arriva anche Pellizza, il massaggiatore di quell'anno, il "mago" numero due, per effettuare un ultimo massaggio. I muscoli di Fausto erano ancora più preziosi del giorno precedente...
Sintesi da "LA GAZZETTA DELLO SPORT" del 16 giugno 1947
Articolo di Danilo Mazzucato
OTTOBRE 1948: attore con Bartali nel film "Totò al Giro d'Italia"
Nel mese di ottobre del 1948 iniziano a Lecco le riprese del film "Totò al Giro d'Italia" del regista Mario Mattoli, al quale prendono parte molti volti noti del cinema italiano e un plotone di corridori professionisti, nel quale figurano anche Fausto Coppi e Gino Bartali.
E' presente naturalmente la "Gazzetta dello Sport", per raccontare l'atmosfera che si respirava in riva al lago e sulle montagne circostanti in quei giorni un po' insoliti...
"I corridori stanno in una sala appartata. Ogni tanto qualche cacciatore d'autografi riesce a giungere fin lì. E loro firmano: ci sono tutti o quasi, da Bartali a Magni, da Coppi a Casola, da Cottur a Ortelli, a Leoni, Lambertini e Malabrocca.
Li ha chiamati il regista Mattoli che ha iniziato le riprese di "Totò al Giro d'Italia".
Gli attori veri, Isa Barzizza, Valter Chiari, la più recente delle Miss Italia, debbono destreggiarsi fra selle e tubolari.
Ci sono anche le macchine delle Case. Aspettano fuori, pazienti, che questo giro stranissimo si metta in marcia. Pavesi si morsica la pipa e Tragella, ogni tanto, tasta una ruota di ricambio, come se Coppi, davvero, fra poco dovesse affrontare tre o quattro Pordoi. Ai corridori fa comodo la sede scelta per le riprese. Si preparano al Giro di Lombardia, spingono sulla strada di Bellagio, sgroppano su per il Ghisallo, sudano e fanno fiato. Fra una sudata e l'altra obbediscono a Mattoli e impressionano nastri di celluloide...
Entra Magni e dice: "Andiamo a punzonare!". Il cortile presenta la stessa atmosfera della "Gazzetta" alla vigilia della grande corsa a tappe.
"Prima il gruppo di Coppi e poi quello di Bartali!" grida Mattoli. Ciac, e si gira.
La folla non ha bisogno di fingere e i vigili han da fare sul serio. La gente grida e spinge, la macchina da presa guarda Coppi che si fa largo verso il tavolo della punzonatura.
Poi è la volta di Bartali, in abito borghese, principe di Galles marron e cravatta nocciola.
"Ora gridate ancora!" comanda Mattoli, e tutti si agitano attorno e quasi sommergono Corsi.
Tocca quindi a Totò. E' anche lui fra i concorrenti. Entra solo, in calzoncini e maglietta e si avvia alla punzonatura suonando una trombetta infissa sul manubrio della bici. Guarda la gente che ridacchia, ha una barba bellissima e i baffi appuntiti. "Fatemi una risata in faccia a 'sta barba" esclama. Tutti ridono e lui suona la tromba.
Fra poco andranno al Piano dei Resinelli dove Totò batterà gli assi.
Tutti si avviano alle salite. La signora Angela, titolare dell'albergo, ritira il naso dall'aria del cortile e si accorge di non aver fatto la polvere...
Libero adattamento da "LA GAZZETTA DELLO SPORT" del 16 ottobre 1948
Articolo di Gian Maria Dossena
Perché Bartali e Coppi si cimentarono davanti alla macchina da presa?
Al Campionato di Zurigo, i due antagonisti Bartali e Coppi, dopo aver fatto piazza pulita di tutti gli avversari, giunsero al traguardo e, nella volata finale, Gino superò Fausto. Pare che fra i due fosse stato raggiunto un accordo e che esso non sia stato poi del tutto rispettato.
Morale: da quel giorno Bartali e Coppi cominciarono a guardarsi in cagnesco. Tanto in cagnesco che, nel 1948, durante la corsa iridata di Valkenburg, l'unica loro preoccupazione era quella di studiarsi a vicenda, senza accorgersi che tutti gli altri concorrenti, compresi i più sconosciuti cacciavite, se la stavano dando a gambe in barba alle loro beghe personali.
Non c'era accordo per tirare... la corda si spezzò e l'Unione Velocipedistica Italiana decise di squalificarli entrambi.
Momentaneamente appiedati, Coppi e Bartali si consolarono prontamente cambiando professione. Invitati a Roma da una casa cinematografica, accettarono le allettanti proposte per partecipare al film "Totò al Giro d'Italia", anche se, a dire il vero, i volti dei due campioni non risultavano del tutto cinematografici.
Comunque era tale la loro popolarità che passarono i rituali provini ed iniziarono a cimentarsi davanti alla macchina da presa. I neo-attori Coppi e Bartali si consolarono per la squalifica con un'attività sicuramente meno faticosa e ben retribuita. Pare che abbiano guadagnato 400 mila lire al giorno per partecipare a questa pellicola che ebbe poi un discreto successo.
Terminata la squalifica, Gino e Fausto ritornarono volentieri alle corse in bicicletta, che sicuramente preferivano ai teatri di posa. Si avvicinava per Coppi il 1949, l'anno più impressionante della sua carriera...
TOUR DE FRANCE 1949 - La triste tappa di Saint Malò
Fausto racconta: "Ad un certo punto della corsa io mi trovavo in fuga con Marinelli, Kubler ed altri due corridori, e il nostro vantaggio sugli immediati inseguitori era salito a 8 o 9 minuti. Entrai in collisione con Marinelli e nell'urto ruppi la forcella posteriore della mia bicicletta.
Fui subito avvicinato da una delle due vetture italiane al seguito della corsa, quella che, con Tragella a bordo, seguiva me. Non potei cambiare però la bicicletta perché la vettura con Tragella portava il mezzo di scorta di Bartali e di Ricci (in uso questa per tutti i gregari).
Nel telaio della macchina di Ricci non fu infatti possibile montare la mia ruota posteriore per la diversità del cambio. Così dovetti attendere la vettura sulla quale viaggiava Binda (e la mia bici di scorta) il quale, mentre io ero in fuga, si era fermato a bere. Perdetti 11 minuti e, innervosito e sfiduciato com'ero, giunsi al traguardo dopo il gruppo comprendente Bartali.
Non presi nessuna cotta a Saint Malò. E non facevo proprio i «capricci», come disse Binda, quando al termine della tappa annunciai che volevo ritirarmi
".
Da "LO SPORT" - Il romanzo di Coppi - numero speciale del 05-11-1953
Articolo di Decio Silla
TOUR DE FRANCE 1949 - L'indimenticabile tappa di Aosta
Fausto racconta: "Gli avversari, nel 1949, contavano molto su un preteso dissidio tra me e Gino e quel furbone di Binda non faceva nulla per smentire tale supposizione, che era invece del tutto infondata.
Così, nella tappa di Aosta al Tour de France la nostra intesa sbalordì tutti. Quella sera indossai la maglia gialla...
Il piano che avevamo studiato con Binda, la sera prima a Briançon, era che io e Bartali scattassimo insieme sul Piccolo San Bernardo. Qualcuno cominciò ad aprire gli occhi quando si arrivò a Briançon: io e Gino entrammo insieme in pista e, come sapete bene, tagliammo da buoni amici il traguardo. Io ero alla ruota del «vecchio», che compiva quel giorno uno dei tanti suoi compleanni... L'indomani si annunciò come una nuova giornata campale. Il piccolo Robic non aveva nascosto ai suoi ammiratori di voler dare battaglia sull'Iseran; la consegna per noi rimaneva quella di stare in guardia, ma di attaccare a fondo, comunque, soltanto sull'ultimo colle. E così, infatti, avvenne...
Staccati Lazarides e Marinelli, rimanemmo soli sulla salita del San Bernardo, io e Gino. Bastava tra noi un rapido cenno d'intesa per dirci un'infinità di cose. Ad esempio, allorché si profilò un possibile ritorno di Marinelli, guardarci negli occhi, io e il «vecchio», e poi alzarsi sui pedali e ristabilire le distanze fu tutt'uno.
Fu il Bartali a passare prima in vetta al colle. Il gioco sembrava fatto. Ma nella discesa che seguì (ci eravamo lanciati come due falchi) la sorte volle giocare uno dei suoi brutti tiri al mio compagno di fuga. Mi accorsi che Gino aveva forato quando, voltandomi indietro, lo vidi fermo sui bordi di un tornante. Rallentai come potei l'andatura e intanto andavo chiedendomi se convenisse attenderlo o invece affrontare il rischio di una lunga fuga solitaria verso il traguardo. Una caso di coscienza, come vedete, complicato da calcoli tattici, pur mentre dovevo fare attenzione a prendere con tutta prudenza le acrobatiche curve della china. proprio quel giorno Peverelli si era fatto una brutta ferita alla fronte cadendo nella discesa dell'Iseran.
Continuai la mia corsa, rattristato dal fatto di non avere più Gino al mio fianco e sempre incerto sulla condotta da tenere. Fortunatamente, ancora lontano dall'arrivo, riuscii a scambiare due parole con una staffetta motociclistica al seguito della corsa. Mi disse che Binda si era fermato con il Bartali, che Robic rinveniva pericoloso; a mia volta lo incaricai di chiedere a Binda istruzioni sul da farsi.
Vai! fu la risposta dell'ex campione del mondo. E potete credere che non mi feci pregare oltre. Arrivai ad Aosta con 5 minuti di vantaggio sul Bartali che era riuscito, nonostante una caduta, a riprendersi molto bene guadagnando a sua volta circa 5 minuti di vantaggio su Robic, giunto terzo. Quella sera indossai la maglia gialla che dovevo portare vittoriosa al Parco dei Principi".
Libero adattamento da un racconto per la "GAZZETTA DELLO SPORT"
Il 1949 fu un'annata d'oro per Fausto Coppi che vinse il Giro d'Italia e il Tour de France, impresa fino ad allora mai riuscita ad altro corridore, sia italiano che straniero.
GIRO D'ITALIA 1952 - Le salite sono poche e troppo spezzettate
Siamo alla vigilia della corsa rosa e "Lo Sport" pone a Bartali e Coppi alcune domande per sviscerare gli aspetti principali della competizione. Di seguito le risposte fornite da Coppi:
D - Credi che la lunghezza del percorso stabilita dagli organizzatori per questo 35° Giro sia la più indicata per uno che abbia, come te, l'intenzione di partecipare anche al Tour?
R - Per me va benissimo. Cento chilometri in più o in meno, in una corsa di quattromila, fa lo stesso. Ben predisposte le tre giornate di riposo.
D - Le tappe di montagna sono distribuite secondo saggi criteri tecnici?
R - A mio avviso sono poche. Mi spiego: le salite sono troppo spezzettate. Almeno due grandi tappe di montagna di seguito ci volevano. Così i passisti sanno che mettendocela tutta oggi, domani si troveranno a correre sul loro campo preferito, e a tutto loro vantaggio.
D - Quale delle due tappe a cronometro può emettere giudizi consistenti agli effetti della graduatoria finale?
R - I 35 km della Roma - Rocca di Papa non possono lasciare tracce nella graduatoria, almeno questo è il mio pensiero. L'altra, quella da Erba a Como, attraverso Bellagio, non la conosco: mi hanno detto che la strada è stretta e piena di curve pericolose. Spero di andarla a vedere la sera, dopo l'arrivo della Bergamo - Como.
D - Qual'è la squadra in campo che ti sembra più agguerrita e compatta?
R - Senza dubbio la squadra capeggiata dal più forte capitano, ossia la Guerra. Parrà strano, ma è così.
D - Dove prevedi che si avranno le fasi più importanti e decisive del Giro?
R - Al Giro non è come al Tour. Al Giro non si possono recuperare dozzine di minuti, vuoi perché il clima è diverso, ossia più fresco, vuoi perché le tappe non vengono combattute dalla partenza all'arrivo, per cui i protagonisti arrivano ai punti nevralgici del percorso nelle migliori condizioni per potersi difendere dall'attacco dei più forti. Ad esempio la Venezia - Bolzano può decidere addirittura il Giro, mentre non credo che possa dirci molto la tappa St. Vincent - Verbania, attraverso il Gran San Bernardo ed il Sempione. Certo che sarebbe stato meglio se dopo la Venezia - Bolzano ci fosse stata una seconda tappa dolomitica.
D - Cosa pensi che possa fare Bartali, il tuo più accanito rivale, in questo Giro?
R - Devo dire che Gino è veramente impressionante. Va come un diretto. E se andrà tutto il Giro come va adesso, tutti quanti dovranno stare molto attenti a lui. Badate bene, non lo dico per fare un complimento a Gino Bartali, ma perché le cose stanno effettivamente così.
D - Qual'é il corridore che ritieni come il più probabile vincitore della corsa?
R - Koblet. Egli è il più giovane di quelli che vengono chiamati «grandi». E sembra anche il più in forma. Poi ci sono altri quattro o cinque che potranno lottare per le migliori piazze. In ogni caso ci sarà una bella lotta.
D - Pensi che Fiorenzo Magni possa tornare a vincere il Giro d'Italia?
R - Come si fa a prevedere con sicurezza una cosa simile. Magni ha già vinto il Giro due volte e potrebbe farcela anche per una terza. Comunque soltanto le varie fasi della corsa risponderanno a questo interrogativo.
D - Quali sono, tra i giovani, quelli che potrebbero affermarsi quest'anno?
R - Ce ne sono diversi di giovani che potrebbero far bene. Minardi e Padovan, penso, saranno i due che faranno la miglior corsa. Sono due giovani che sanno soffrire anche nelle fasi più dure, perciò dovrebbero essere in grado di tenere anche sulle più forti salite.
D - Koblet, vincitore del Tour 1951, rappresenta veramente un pericolo?
R - Senza dubbio. Bisognerà essere sempre pronti, anche nelle tappe pianeggianti, perché egli è l'uomo che attacca in qualsiasi punto del percorso. Se uno si lascia sorprendere perde dei minuti, e se non vuole perderli deve tirare fuori l'anima. Hugo sa afferrare l'attimo in cui uno non si sente bene. Si dovrà perciò essere sempre in buone condizioni e reagire prontamente ai sui attacchi.
Intervista da "LO SPORT" del maggio 1952
Come i giornalisti avevano previsto all'arrivo della tappa Venezia-Bolzano, Coppi portò a quattro i suoi successi nella corsa rosa con 9'18" di vantaggio sul secondo arrivato Fiorenzo Magni e 9'24" sul terzo, lo svizzero Kubler. Gino Bartali arrivò quinto a 10'33". Vinse anche il Tour de France (altro bis dopo quello del 1949), dimostrando a tutti di avere pienamente recuperato le forze dopo gli infortuni e il dolore per la scomparsa del fratello Serse, avvenuti nel 1951.
TOUR DE FRANCE 1952 - Le speranze del "Campionissimo"
D - Se fosse designato «leader» della squadra del suo paese al Tour '52, quali gregari sceglierebbe?
R - I miei compagni di squadra, quali Milano, Carrea e Crippa e quei corridori disposti a darmi aiuto. Del resto i nominativi dei prescelti sono tutti di mio gradimento.
D - Ritiene di avere maggiori possibilità di onorevole piazzamento o di vittoria finale?
R - Se tutto andrà bene, fisicamente e moralmente, punterò senz'altro alla vittoria.
D - Quanti chilometri ha percorso durante la stagione e in preparazione al Tour?
R - Circa 10.000
D - Quale corridore l'ha sempre maggiormente impressionata al Tour?
R - Koblet, perchè mi è parso il più completo e ora è il più in forma di tutti e il più attrezzato, fisicamente e moralmente, per vincere il Tour '52.
D - La sua maggiore ambizione è la vittoria al Giro di Francia '52?
R - Come popolarità, la vittoria del Tour sovrasta tutto, ma io preferisco il titolo mondiale. Di corse classiche vinte, nel mio stato di servizio ne mancano ben poche. Sarebbe veramente buffo se dovessi terminare la mia non mediocre carriera senza avere avuto la soddisfazione di indossare la maglia iridata!
Dopo la vittoria finale, il veto a Bartali come futuro gregario...
Fausto racconta: "Stavamo correndo la quarta tappa da Rouen a Roubaix. Ad un certo momento fuggirono alcuni corridori, la cui azione poteva diventare pericolosa per il vantaggio che andavano guadagnando e perché non erano figure di secondo piano. Sicché decisi di portarmi sulle loro tracce e, nel farlo, ritenni opportuno e logico chiamare in aiuto gli uomini della nostra squadra. Bartali, dal canto suo, non rispose all'appello e disse che proprio non se la sentiva di compiere lo sforzo dell'inseguimento. Più tardi, quando da inseguitore mi trovai io stesso nella fuga, Bartali balzò alla testa del gruppo, non certo per frenare, con gli altri tricolori, la marcia di coloro che inseguivano. Invece di rendermi un utile servizio, mi veniva a riprendere, trascinandosi dietro così quegli avversari che potevano invece subire una più pesante battuta d'arresto.
Per questo ho detto e ripetuto che considero Bartali, ancora di questi tempi, come uno dei più forti corridori d'Europa, ma che non potrà mai essere un gregario utile.
Per questa stessa ragione posi come mia condizione della partecipazione al Tour del '53 l'esclusione di Bartali dalla squadra tricolore. Volevo combattere il Tour da capitano, quale lo stesso Binda mi aveva riconosciuto. E così desideravo portare con me nove soldati, quelli che avevo scelti, di completa fiducia; tutta gente che lavora sodo e in corsa si muove sotto la mia guida.
Le mie condizioni non vennero accettate ed ho preferito quindi rinunciare alla corsa. Non è vero che la rivalità agonistica mi impediva di portare Gino con me, in Francia. La verità è che non potevo fare affidamento sul Bartali «gregario», ne mi poteva servire un Bartali «corridore autonomo». Non mi hanno capito, o meglio, non hanno voluto capirmi. E io ho preferito la rinuncia, piuttosto che sentirmi rinfacciare di aver vietato al «vecchio» Bartali di correre il suo ultimo Tour".
Da un'intervista per la "GAZZETTA DELLO SPORT" e un racconto per "LO SPORT"
Freccia segnalazione link ad altra pagina  In altra pagina, Gino Bartali rivive quei momenti a modo suo...
Le critiche che seguirono la rinuncia di Fausto al Tour '53 furono perfino spietate, e lui giurò a se stesso di prendersi una sonante rivincita. In Svizzera, sul circuito di Agno, il 30 agosto 1953, si laureò Campione Mondiale su strada, indossando quella maglia iridata che considerava indispensabile al coronamento della sua inimitabile carriera sportiva.
Ettore Milano: "Non è uno schiavista come dicono i nemici"
Ettore Milano è uno dei fidi gregari di Coppi. Abita a Novi Ligure e il campionissimo lo conosce molto bene, anche per ragioni familiari, avendo sposato la figlia di Biagio Cavanna, il suo massaggiatore e consigliere.
Ecco il suo pensiero: "Di Fausto posso dire molte cose. Gli sono stato vicino nei momenti di trionfo e nei giorni tristi della sfortuna e della sconfitta. Con me è stato sempre molto buono. Certamente lui è il capo, e bisogna obbedirgli, ma da parte sua non una sola volta ho avuto richieste superiori al giusto. Sicuramente non è uno schiavista, come i nemici dicono. Appena può essere utile ad uno di noi, appena può farci un piacere, state tranquilli che si attiva per farlo. Fausto sorride poco, ma non è sempre di cattivo umore. Anche dopo i giorni tristi non dimentica chi gli è stato vicino.
Per mio conto, non ho neppure sentito di sue imposizioni ad altri. In taluni casi, al massimo, ha parlato nell'interesse di tutti. Per dire il vero, Fausto si interessa il meno possibile degli affari degli altri. Se qualche volta ha consigliato qualcuno a comportarsi in un certo modo, credo lo abbia fatto perché, in fondo, era nel suo pieno diritto.
Lui corre per vincere. Non si può accontentare di mezze misure e, soprattutto, è giusto che offra alleanze specialmente nelle lunghe corse a tappe dove da soli si può far poco e anche la squadra è piccola cosa
".
Da "LO SPORT" - Il romanzo di Coppi - numero speciale del 05-11-1953
Ricordi di Guillaume Driessens (*), che fu suo massaggiatore
"Coppi si comportava da aristocratico. Gli piaceva vincere soltanto grandi classiche e grandi giri. Era fenomenale a cronometro, ma soltanto sulle lunghe distanze, un grande arrampicatore e un forte discesista. Se la cavava meno bene in pianura e nelle volate, per via della sua longilinea corporatura.
Nell'alimentazione Coppi sceglieva accuratamente le proprie pietanze.
Rifiutava sempre le creme di verdura, i minestroni e la pasta. Mangiava solo legumi e carne, che sovente faceva macerare tutta la notte nel limone per paura della tenia.
Consumava dei pasti molto frugali, ma non disdegnava dei bicchieri di buon vino e amava anche la birra. Durante le corse però era completamente astemio.
Per i suoi tempi Coppi ha guadagnato moltissimo, decisamente di più dei suoi avversari...
"
Libero adattamento da un'intervista al settimanale
PANORAMA del 31-071969 realizzata da Claudio Sabelli
Per la cronaca Fausto Coppi aveva un peso forma di 74 Kg (invernale 78 Kg) ed era alto 1,77 m. Da altre fonti si apprende che il minestrone Coppi lo mangiò spesso durante la preparazione del Mondiale 1953 di Lugano. Un piccolo sacrificio che gli valse la vittoria finale e il titolo iridato.
(*)  Guillaume Driessens è stato anche il direttore sportivo del belga Eddy Merckx, le cui vittorie sono state spesso comparate con quelle di Coppi, nel tentativo virtuale di stabilire chi dei due fosse stato il migliore ciclista di tutti i tempi.
Ostriche o tormenti sentimentali per un brutto Giro d'Italia 1954?
Siamo nel 1954 e si corre l'ennesimo Giro d'Italia. In testa alla corsa c'è un gregario di Koblet, lo svizzero Carlo Clerici, che alla fine vincerà con 24' di vantaggio sul suo capitano. Quel vantaggio abissale lo aveva accumulato nella tappa Napoli-L'Aquila, andando in fuga con altri comprimari. Un fuga in cui nessuno credeva, ma che arrivò in porto e che successivamente impedì il recupero dei più quotati nelle altre frazioni, anche perché il Clerici, in salita, se la cavava proprio bene. Oltretutto ora è in splendida forma mentre le gambe di Fausto non girano a dovere. Il campionissimo è come svuotato di ogni energia.
A Genova perde la calma e viene quasi alle mani con un tifoso che impreca contro di lui. Alla stampa dichiara: "I fischi, anche se fanno male si sopportano. Ma in questi giorni non sono in grado di sopportare anche gli insulti. Cosa possono saperne i tifosi di che cosa soffriamo noi quando i muscoli non rispondono alla volontà? Credono soltanto alle "cotte", alle cadute, alle forature. Ma noi siamo esseri umani come loro, abbiamo un morale come il loro! Quando su certe salitelle vedo andarsene 4 o 5 giovanotti e non riesco neppure a tenere la loro ruota, mi vengono le lacrime agli occhi..."
Secondo molti tifosi Coppi ha un'età (34 anni) alla quale Gino Bartali era già chiamato l'"intramontabile" o il "vecchio". Per altri non è questione di declino fisico ma morale: egli stesso ne è l'artefice, non la natura, né la malattia, né la giovinezza degli avversari.
Coppi quindi non perse il Giro del 1954 per le ostriche di Palermo, lo perse perché fin dall'inizio gli mancò la volontà o la capacità di vincere le sorde preoccupazioni che lo angustiavano (la relazione con Giulia Occhini che al mondiale di Lugano era apparsa vicino al campione ndr).
Le ostriche di Palermo furono tirate in ballo dal fido Cavanna per accampare un malessere fisico del campionissimo. In pratica era successo che, per festeggiare la vittoria nella crono-squadre della prima tappa, in serata Coppi si era recato a mangiare fuori in compagnia del suo massaggiatore. Cavanna aveva ordinato dei frutti di mare; Fausto (che ne era ghiottissimo) ne aveva voluti assaggiare due o tre, nonostante l'opposizione di Biagio. Erano ostriche, procurate da un "ostricaro", poco fresche e neppure conservate nel ghiaccio. Coppi era stato male tutta la notte e il giorno dopo era ridotto uno straccio; i muscoli potenti delle cosce non rispondevano più, mentre Koblet e Minardi invece "volavano". Le ostriche furono quindi la versione ufficiale della Bianchi. Fino a Chianciano (neanche a farlo apposta) Coppi aveva sofferto dei postumi di quella indigestione e non aveva potuto alimentarsi correttamente. Questa spiegazione aveva temporaneamente tranquillizzato gli animi dei tifosi, ma in seguito non convinse più nessuno.
Dopo Chianciano, all'arrivo di Genova, Coppi era andato a mangiare a casa sua, a Sestri, e aveva spazzolato tutto quello che c'era in tavola. Lui stesso raccontò che i suoi lo avevano anche preso in giro: "Ma come? Mangi così tanto e vai così piano?". Insomma, si stava facendo largo la convinzione che la sua non fosse una crisi fisica, ma psicologica o sentimentale, dovuta alla relazione con Giulia Occhini...
Libero adattamento dal settimanale EPOCA del 13-06-1954
Articolo di Massimo Mauri e fotoservizio di Paolo Costa
E' curioso notare come il ciclismo professionistico di quegli anni fosse comunque caratterizzato da un certo "fai da te" nei comportamenti degli atleti che non trova riscontro nelle corse moderne. L'alimentazione era molto libera. Coppi poteva consumare frutti di mare oppure tre polli in un giorno!
Da "La Gazzetta Sportiva" dell'11 aprile 1948 si apprende che anche Gino Bartali rischiò di non partecipare al 22° Giro della Toscana per un'indigestione dovuta alle ostriche. Grandi campioni e buone forchette!...
GIRO D'ITALIA 1955 - La vecchiaia avanza e gli anni pesano...
Siamo in vista del Giro d'Italia 1955 e Fausto Coppi comincia a sentire il peso degli anni e delle tante corse disputate in bicicletta. Alla domanda su chi vincerà il Giro quest'anno, con un gesto eloquente allarga le braccia ed inizia a rispondere così: "E' una grossa incognita. L'incertezza - tutti lo sanno - costituisce il lievito principale per mantenere in giusta misura l'interesse di una competizione. Io sono vecchio, i mesi passano senza pietà, e per chi corre in bicicletta contano doppio. Bartali ha dato addio alle scene, della «guardia» di un tempo sono rimasto l'unico capofila". Allora gli viene fatto notare che tutti lo danno come favorito, e lui prosegue: "E' una questione d'abitudine... Certo, ognuno stia sicuro, metterò nella corsa il mio impegno migliore, quello riservato alle grandi occasioni. Nel mio bagaglio una valigia di speranze, che la buona sorte mi sia amica, che mi tenga lontano gli sgambetti della scalogna...". A proposito di scalogna, le ostriche dell'anno passato? - Risponde: "Buona memoria, davvero. Quel piatto di ostriche, mangiato al principio del Giro, mi ha messo lo stomaco sottosopra per l'intera gara. Il rendimento di un atleta è fatto di tante piccole cose che, messe insieme, danno la «forma». A volte, anche quando non si vuole, non si può, capita un incidente trascurabile e sei finito. La solita storia del granellino di sabbia capace di fermare gli ingranaggi più perfetti. Ad ogni modo, nel Giro d'Italia del 1955, disco rosso sulla mia tavola per i frutti di mare. Li mangerò solamente a corsa finita".
Inevitabilmente si finisce per parlare degli avversari più temibili. Chi saranno? - Risponde: "La risposta non mi mette in soggezione. Tutti sono pericolosi, questo è un Giro che molti possono vincere. Per me, l'uomo che vanta maggiori probabilità è Koblet: lo svizzero magari non si impegna sempre, ma al momento buono è lì, pronto a sferrare l'offensiva. E non bisogna dimenticare i giovani che premono dietro le quinte. Tanti ragazzi sognano il gran colpo, anche se il loro rendimento non è sicuro. Tra di loro preferisco Defilippis: ho molta fiducia nel torinese. E poi ci sono Magni, Moser e Astrua che mi ha molto impressionato nel recente Gran Premio Ciclomotoristico".
Da "LA GAZZETTA DELLO SPORT" del 14 maggio 1955
La 38a edizione del Giro d'Italia alla fine venne vinta da Fiorenzo Magni. Fausto Coppi conquistò un onorevole secondo posto. Terzo finì Gastone Nencini
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