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Scoperte, invenzioni, record
e avvenimenti importanti che
hanno segnato il XX Secolo |
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Finestre fotografiche
su Liguria e Toscana |
GENOVA |
Il
capoluogo della Liguria
ha il centro storico più grande
d'Europa. Nel 2004 è stata la
"Capitale Europea della Cultura"... |
EUROFLORA |
In
primavera, ogni 5 anni,
alla Fiera di Genova va in scena
lo spettacolo dei fiori per eccellenza.
I giardini più belli del mondo... |
VIA FRANCIGENA |
Col
Giubileo del 2000 è stata
definitivamente rivalutata
la via di Sigerico, che i pellegrini
percorrevano a piedi fino a Roma,
in segno di pentimento... |
PARCO DEL MAGRA |
A
Gennaio 2008 il Parco Naturale
Regionale del Magra è il territorio
eco-certificato più esteso d'Europa... |
GOLFO DELLA SPEZIA |
Tra la punta
di Portovenere e il Capo Corvo si apre una delle più
profonde insenature di tutto il litorale occidentale
italiano, declamata nei versi di illustri poeti e nella
quale è incastonata La Spezia, città sede di porto
militare e mercantile, che oggi è anche punto di
attracco per le navi da crociera... |
LE CINQUE TERRE |
Cinque
borghi marinari il cui destino è sempre stato
storicamente legato alla terra e all'agricoltura
piuttosto che alla pesca. Un paradiso naturale della
Liguria che nel 1997 è stato inserito dall'UNESCO tra i
Patrimoni Mondiali dell'Umanità... |
LA VAL DI MAGRA |
Nobili,
vescovi, mercanti e pellegrini
lungo l'asse della Via Francigena.
Culture differenti
per storia e tradizioni,
nei secoli, si sono sovrapposte
e hanno permeato il territorio con
i segni del loro passaggio... |
LA VAL DI VARA |
La
"Valle dei borghi rotondi"
è anche conosciuta come
la "Valle del biologico" per le sue
produzioni agricole ottenute con
metodi antichi e naturali.
Varese Ligure nel 1999 è stato il
1° comune ecologico d'Europa... |
LA LUNIGIANA |
La
"Terra della Luna", in Italia,
ha la più alta concentrazione di
antichi castelli. Se ne contano
circa 160. Alcuni sono bellissimi e perfettamente
conservati... |
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Close Up |
Argomenti del
sito in primo piano,
eventi, news e storia del territorio |
Le Alpi Apuane
Originano da movimenti
tettonici del fondo marino
e sono un "monumento
geologico"
unico al mondo... |
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Liguri Apuani e Statue Stele
Le radici più profonde delle
comunità lunigianesi affondano
fino alle soglie della protostoria.
Mari e monti un tempo erano
occupati dalla bellicosa
popolazione dei Liguri Apuani... |
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Carta della Lunigiana Storica
Una cartina con note mostra il
territorio, un tempo abitato dai
bellicosi Liguri Apuani, da dove
parte questo sito... |
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Antiche ricette in Lunigiana
Piatti prelibati di
una cucina essenziale, ma non per questo meno saporita. Cibi dal
sapore antico che tornano ad imbandire le nostre tavole dopo
essere stati riscoperti a nuova vita. |
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Ferrovia Aulla-Lucca
Il fascino dei
treni d'epoca
e delle locomotive a vapore |
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Ferrovia Pontremolese
Una linea di
vitale importanza
per La Spezia e la Lunigiana |
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Ex
Ceramica Vaccari
Il comprensorio
della fabbrica è un prezioso esempio di civiltà industriale di
fine Ottocento e rappresenta un pezzo di storia fondamentale per
Santo Stefano Magra e per tutta la Provincia della Spezia. Le
aree recuperate vengono oggi dedicate all'arte, allo spettacolo,
alla cultura... |
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Il dialetto genovese
Le trasformazioni
fonetiche avvenute nella parlata di Genova sono un segno
inequivocabile del dinamismo espresso dalla città durante i
secoli della Repubblica. A Genova il dialetto è una lingua viva,
che oggi viene insegnata anche nelle scuole... |
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Infiorate del Corpus Domini
"Per tetto un cielo di stelle e
per strada un tappeto di fiori...".
A Brugnato, ogni anno, giovani e
meno giovani si radunano nel
centro storico per abbellire strade
e piazze con disegni floreali,
secondo un'antica tradizione che
origina da un miracolo
avvenuto a Bolsena... |
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Mezzi da lavoro storici
I raduni e le
esposizioni di questi autoveicoli sono un modo per ricordare ed
onorare le persone che, in passato, questi mezzi li hanno
guidati per mestiere... |
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Mezzi militari storici
I più celebri
veicoli militari che hanno partecipato alle vicende della
Seconda Guerra Mondiale sfilano per strade e piazze e mantengono
vivo il ricordo di quei terribili giorni... |
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INDICE GENERALE
'800
CRONACA 01
02
03
04
05
06 SPORT
GIRO
TOUR
CICLISMO
ALTRI
FAUSTO COPPI
INTER
RIVISTE |
AGOSTO 1948 - Alle
Olimpiadi di Londra Adolfo Consolini medaglia d'oro nel
lancio del disco |
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Il Tricolore italiano sventola sul
pennone maestro dello stadio di Wembley
- Secondo Giuseppe Tosi |
LA GAZZETTA DELLO SPORT del 3 agosto
1948 - "Gli atleti italiani
italiani si stanno battendo in ogni
campo con molto onore. Potremmo già
dire, dopo appena tre giorni di gare,
che stiamo marciando al di là delle
nostre speranze? Si, possiamo dirlo:
occorre eliminare la dannosa mentalità
di coloro che cercano, per convincersi o
per commuoversi, soltanto il primato
assoluto. Errore. I primati assoluti ci
sono e altri ne verranno. Oggi Consolini
e Tosi hanno sgominato gli avversari nel
lancio del disco. Se anche non venissero
altri primati assoluti, ci basterebbe
vedere i nostri ragazzi battersi in
primissima linea, come si sono battuti e
si stanno battendo per lusingare il
nostro amor proprio... i nostri due
colossi hanno dato una dimostrazione dei
loro mezzi, del loro stile della loro
scuola...Il secondo è Tosi, il colosso
di Borgo Ticino, il maresciallo dei
corazzieri, che il giorno prima al
villaggio degli atleti per poco non
spaccava un tavolino |
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con un pugno (che a lui pareva una
carezza) per rompere l'atmosfera di avvilimento
e rassegnazione degli atleti
azzurri e ribadire la sua convinzione
nella vittoria sua o di Consolini... Edera
Gentile Cordiale è stata la prima fra gli
atleti azzurri a conoscere l'onore del
podio olimpico per la sua medaglia d'argento
conquistata nella finale del disco femminile (1a
la francese Ostermeyer)... Gli azzurri della
pallanuoto approdano al torneo di semifinale,
avendo superato anche i maestri
magiari. Il lottatore Garibaldo
Nizzola fra i migliori del mondo... |
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Alle gare atletiche nello stadio di Wembley
presenziano tra le 90.000 e le 100.000
persone..."
LA GLORIA DI CONSOLINI E' NEI SUOI NUMERI
(da TUTTOSPORT del 13 ottobre 1948) -
Tutti conoscono ormai Consolini: quanto è alto,
quanto pesa, cosa mangia e cosa fa. Al di là del
Consolini dagli occhi azzurri, i capelli
castani, la voce tranquilla, ci sono i suoi
numeri a sottolineare il percorso di un campione
che prende forma e cresce via via dalla nuda
realtà delle cifre.
Nel 1937 Consolini lanciava l'attrezzo a 41,77
metri, nel 1940 superava i 50 metri, il 10
ottobre 1948 |
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riconquistava il record mondiale
soffiatogli dall'americano Pitch (metri 54,93 -
nel 1946), portandolo a 55,33 metri. Consolini
aveva già detenuto la migliore misura mondiale
nel 1941 (53,34 metri) e nel 1946 (54,23 metri).
La maturazione dell'atleta veronese è
certificata anche dal suo ruolino di marcia nella
stagione 1948: su 19 gare disputate,
sono una volta, non ha sorpassato il
muro dei 50 metri (settembre, a Padova,
49,69 metri). Utilizzando la "Tabella
Finlandese", per paragonare tra loro i
vari primatisti mondiali, risulta che
Consolini è terzo tra i migliori atleti
di tutto il mondo: 1°) con 1.290 punti
Wardmerdam (asta - 4,77 metri) - 2°) a
1.239 Fonville (peso - 17,68 metri) -
3°) a 1.232 Consolini (disco - 55,33
metri) - 4°) a 1.211 Nikkanen
(giavellotto - 78,70 metri) - 5°) a
1.196 Steers (alto - 2,11 metri) - 6°) a
1.187 Towns (110 H - 13"e 7) - 7°) a
1.184 Haegg (5.000 metri - 13'58"2) -
8°) a 1.169 Harbig (800 metri - 1'46"6)
e La Beach (200 metri - 22" e 2) - 10°)
a 1.161 Haegg (1.500 metri - 3'43"). |
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LA GAZZETTA DELLO SPORT - 80 anni
di cronaca sportiva - 19/06/1978
- "Le prime Olimpiadi del dopoguerra, a
Londra, sono mutilate perché l'Unione
Sovietica rinuncia e perché il CIO non
ha ancora «firmato la pace» con i paesi
che hanno scatenato, perdendolo, il
conflitto. Sicché nemmeno Germania e
Giappone sono presenti. Il Paese del Sol
Levante si vendica facendo nuotare al
suo fuoriclasse Hironoshin Furuhashi i
1500 metri stile libero in 18'37", lo
stesso giorno in cui a Londra
l'americano James McLane vince il titolo
olimpico in 19'18"51. L'Italia invece
è perdonata e ammessa: fa
un'inattesa bella figura con 8 medaglie
d'oro, 11 d'argento e 8 di bronzo.
A Londra una mamma quasi trentenne,
alta, robusta ma aggraziata e
sempre sorridente, affascina tutti: è
l'olandese Fanny Blankers-Koen, 4
medaglie d'oro |
(100, 200 80hs e 4x100) solo per aver
voluto rinunciare anche a quelle
dell'alto e del lungo, gare nelle quali
avrebbe quasi certamente vinto".
LA GAZZETTA DELLO SPORT dell'11
ottobre 1948
- Per la terza volta in sette
anni primatista del mondo - Consolini
lancia il disco a m. 55,33 - Il record
di Bob Fitch battuto di 40 centimetri -
Magnifico successo della nostra
manifestazione all'Arena: Emil Zatopek
corre da solo i 5.000 metri in 14'22"2 -
Consolini, era incredulo, pareva non
volesse convincersi di avere conquistato
di nuovo il primato mondiale... Poi
venne l'annuncio ufficiale, la conferma,
e fu un uragano sugli spalti gremiti
della tribuna. Adolfo Consolini,
l'atleta italiano più famoso nel mondo,
ormai trentunenne (è nato nel 1917 a
Costermano, in provincia di Verona) con
questa quasi incredibile impresa
conclude un'annata memorabile della sua
carriera di grandissimo ineguagliabile
discobolo: campione olimpico, nuovo
primatista mondiale, |
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il primo nel mondo a varcare il
limite considerato superumano
dei 55 metri (così come fu il
primo a varcare i 54 metri)...
L'impresa di Consolini, un
atleta che onora il nostro
Paese, ha dato lustro alla
riunione che la "Gazzetta" e la
FIDAL (primo esperimento di
un'organizzazione, se lo ricordi
l'amico Vincenzo Torriani,
che dovrà farsi consuetudine)
hanno allestito a
fine stagione per gli
sportivi milanesi, tra i quali
abbiamo notato il conte Alberto
Bonacossa e molti reputati
tecnici nazionali... Nelle altre
specialità, l'alta classe di
Siddi rifulge negli 800 e nei
200 m. - Taddia lancia il
martello a m. 53,08 e Tosi è
secondo nel disco con m. 53,32 -
Adolfo Consoli chiamato al giro
d'onore con Zatopek, Tosi e
Cevona... |
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FEBBRAIO 1950 - Zeno Colò primo nel gigante e nella libera ai mondiali di Aspen
in Colorado |
Il campione toscano ricorda la
preparazione e come ha vissuto quelle
incredibili giornate |
Nel 1950, ai mondiali di Aspen, in
Colorado, Zeno Colò portò a casa due
vittorie (gigante e libera) ed un
secondo posto nello slalom speciale,
dietro lo svizzero George Schneider,
perché commise un errore in prossimità
di una porta. Non cadde, ma fu costretto
a risalire e naturalmente perse terreno.
Il campione toscano (nato all'Abetone il
30-6-1920) racconta che la sua
preparazione in vista dei mondiali era
iniziata molto presto, nell'estate del
1949, appena dopo essere tornato dal
viaggio di nozze. Rimase allo Stelvio 45
giorni; tutte le mattine andava a Livrio
a piedi. Una marcia di 45 minuti, poi
l'allenamento di 3 o 4 ore sulla neve,
indi il ritorno pomeridiano allo
Stelvio, sempre a piedi. Alla
preparazione sulla neve alternava
anche sedute atletiche |
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all'Arena di Milano. Per saggiare
la sua forma, aveva poi fatto un
test internazionale alla 3-Tre di
Trento, gareggiando nella discesa e nello
slalom e vincendo in entrambi i casi.
Il viaggio in aereo, molto tranquillo,
venne effettuato in compagnia di Carlo
Gartner, dei fratelli Silvio e Albino
Alverà, del commissario tecnico Otto
Menardi e della sua compaesana, la
grande Celina Seghi, che faceva parte
della squadra femminile.
I primi ricordi di Aspen dello
sciatore |
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toscano: "I campi di Aspen erano
bellissimi e molto curati. Provai la
pista e mi apparve subito piuttosto
veloce e difficile. Per una diecina di
giorni mi allenai intensamente su
qualsiasi tracciato. Ero in ottime
condizioni fisiche e avevo la certezza
di poter correre bene. La prima gara fu
quella dello slalom gigante. La rosa dei
favoriti comprendeva 5 o 6 atleti e io,
sinceramente, non credevo di poterli
battere tutti. Fu un gara molto veloce;
credo di averla vinta nel tratto finale,
quello che presentava gli ostacoli
maggiori. Tra gli altri battei il
francese Couttet. Per me fu un successo
prezioso perché si era all'inizio dei
campionati e una vittoria così bella
centuplicò le mie forze...".
La gara di discesa libera era l'ultima
dei campionati e Zeno Colò vi aveva,
inizialmente, riposto tutte le sue
speranze, ma sapeva anche di dover
gareggiare contro un lotto di atleti
forti e ben preparati. Era una gara
lunga, veloce e con molti salti. In
alcuni tratti si poteva anche "volare"
per una trentina di metri. Colò descrive
quella seconda vittoria: "Cominciai e
finii la libera allo stesso ritmo. Ero
in forma, la gara lunga mi piaceva ed
ebbi così modo di spendere bene tutte
quelle energie che avevo accumulato
durante gli allenamenti. Feci una media
di 85 Km/h, con una punta massima di
100. Ebbi la netta sensazione di aver
corso quasi al limite delle mie
possibilità. Al traguardo però, per un
attimo, rimasi perplesso perché mi
dissero che qualcuno degli svizzeri
aveva tagliato il percorso, facendo una
piccola deviazione. Così mi venne il
timore che uno di loro potesse essersi
avvantaggiato a tal punto da potermi
battere. Poco dopo invece arrivò la
comunicazione che il tempo migliore era
stato il mio. Ricevetti subito le
congratulazioni dai miei avversari. Un
gesto così sincero, da parte di atleti
battuti, è la cosa più bella che si
possa avere dopo una vittoria. Per me il
ricordo di Aspen rimane il più vivo
della mia carriera. Anche il pubblico
americano, che i primi giorni era stato
piuttosto freddo, alla premiazione si
dimostrò sensibile e simpatico."
Al ricordo di Aspen si allaccia quello
delle Olimpiadi di Oslo nel 1952, dove
vinse la discesa libera su un tracciato
terribile... |
Adattamento da un'intervista pubblicata
su
"La Nazione" - Supplemento Speciale
"Cento anni di vita" del 19 luglio 1959 |
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FEBBRAIO 1952 - Alle Olimpiadi di Oslo Zeno
Colò è medaglia d'oro nella "discesa libera" |
|
Con la spericolatezza di un giovane, con
la classe e lo stile di un anziano |
STADIO del
17 febbraio 1952
- "Zeno Colò (due titoli mondiali nel
1950) si aggiudica l'alloro olimpico
nella libera di Oslo. Il grande atleta
abetonese ritrova in questa gara tutta
la sua potenza, imponendosi con la
spericolatezza di un giovane, con la
classe insuperabile e lo stile di un
anziano ad un lotto di agguerriti
avversari. Battuti, nell'ordine: Othmar,
Schneider e Pravda. Sotto gli occhi di
10.000 spettatori sono 87 gli atleti in
gara, su un percorso di 2435 metri, 710
metri di dislivello, una ventina di
porte di controllo, pur trattandosi di
una discesa libera. Zeno Colò è sceso
come un falco, è riuscito a superare a
folle velocità il tratto di Vaagehalsen,
facendo un trampolino di lancio delle
<gobbe> insidiose e temute di questa
località, ed è piombato sul traguardo,
con il suo stile ammiratissimo, curvo
sulle ginocchia quasi a toccare gli
sci..." |
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Dopo l'iride i cinque cerchi, con il
campione che si accascia sulla neve
credendo di non aver vinto |
Zeno Colò, una vita passata su gli sci,
dopo 23 anni ricorda quei momenti gioiosi:
"Io sento ancora le urla della gente
che mi guardava scendere, sento sia le
urla di Aspen che quelli di Oslo, i
primi più vicini al mio modo di capire,
gli altri, quelli del Nord, erano urla
gutturali, ma c'era dentro lo stesso
entusiasmo... Dopo tanti anni ti restano
nella memoria delle fotografie e il
resto è un po' sfuocato... Ma l'emozione
di quelle giornate, la medaglia d'oro di
un'Olimpiade non si può dimenticare... A
Oslo credetti di non essere riuscito a
vincere, ecco perché mi accasciai dopo
sulla neve e credo che qualche lacrima
mi venne fuori... In quella libera di
Norefjell più forte di così non si
poteva andare e, se avessi spinto un
poco di più, sicuramente sarei volato fuori
pista e avrei perso l'opportunità di
vincere un'Olimpiade... Comunque per me
fu più terribile la libera di Aspen dei
mondiali del 1950 e anche la più
importante perché era la prima volta che
vincevo sul serio." |
Da "STADIO - trent'anni di sport" del 30
luglio 1975 - Sintesi da un'intervista
di Giorgio Maioli |
ZENO COLO', nato all'Abetone (PT) il 30
giugno 1920, è deceduto il 12 maggio
1993 a S.Marcello Pistoiese.
E' stato un
campione di schietta semplicità, una
combinazione di grande classe e
coraggio, che ne hanno fatto una pietra
miliare nella storia dello sci. In
vent'anni di gare riuscì a vincere anche
10 titoli nazionali. Si aggiudicò
inoltre due Kandahar, a Sant'Anton e al
Sestriere, e primeggiò due volte al
concorso del Lauberhorn. Insomma per lui
c'è sempre stato posto nelle migliori
competizioni mondiali, pur avendo
gareggiato non più giovanissimo a causa
dello stop dovuto agli eventi bellici. |
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LUGLIO 1954 - Gli italiani Compagnoni e Lacedelli conquistano il K2, seconda
vetta del mondo |
Ardito Desio, capo della spedizione
italiana, spiega i motivi dell'attacco al
gigante del Karakorum |
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EPOCA del 13 giugno 1954
- "Molti appassionati della montagna,
in Italia e all'estero, mi hanno inviato
lettere chiedendomi perché, fra tutte le
cime himalayane, abbiamo scelto proprio
il K2. Credo sia giunto il momento di
mettere in chiaro anche questo. Un mio
progetto di scalata al K2, seconda cima
del mondo, stava già maturando nel 1939.
Lo scoppio della guerra troncò ogni mia
iniziativa in questo campo e solo 10
anni più tardi, nel 1950, potei tirare
fuori dal cassetto i vecchi
progetti... Le trattative col C.O.N.I.
non furono né brevi né facili. Ma alfine
ottenni un'assegnazione finanziaria per
una visita preliminare in India e
Pakistan e dopo ripetuti tentativi
riuscii finalmente a ottenere il
permesso di transito e di scalata per il
1954 (il Governo pakistano non concedeva
più di un permesso all'anno). I vantaggi
che il K2 presenta rispetto agli altri
colossi himalayani sono i seguenti: 1)
La via inaugurata dal Duca degli Abruzzi
nel |
1909 mi è nota per averla studiata a
lungo nel 1929. Anche quella seguita dalla spedizione
nordamericana Wiessner, giunta a soli 239 metri
dalla vetta - 2) La via di accesso al K2, grazie
ai servizi aerei, è molto ridotta rispetto ad un
tempo: dall'aeroporto di Skardu si impiegano
oggi solo 14 giorni di carovana per arrivare al
campo base, a quota 5.000 metri - 3) Nelle
trattative col C.O.N.I. avevo compreso che se il
tentativo non fosse stato per una meta
importante come il K2 (seconda cima del
mondo) il reperimento dei
fondi sarebbe stato molto difficile - 4) Le
condizioni climatiche del Karakorum sono più
favorevoli di quelle del Nepal e del Sikkim, ove
si elevano le altre cime himalayane superiori
agli 8.000 metri: il monsone arriva nel
Karakorum assai più povero di umidità..."
OGGI - Il Libro del Secolo del
31/12/1999
- E' il 31 luglio 1954 quando gli
italiani Achille Compagnoni e Lino Lacedelli
raggiungono la vetta pakistana del K2, 8611
metri s.l.m., seconda vetta del mondo. "Mi
sentii orgoglioso per il mio Paese" dirà il
grande scalatore valtellinese "ma gli incubi
di quella montagna gigantesca mi assillano
ancora. E la gamba che mi sono rovinato lassù,
insieme alle dita congelate della mano sinistra,
ormai sono un tormento". La spedizione
guidata dal geologo prof. Ardito Desio costò la
vita a Mario Puchoz, ma la risonanza della
grande impresa fu mondiale. |
Quante
spedizioni, quanti uomini, per voler
battere una montagna che non intendeva cedere... |
«Karakorum»
è parola asiatica che significa «roccia nera».
Il Karakorum è una catena di cime rocciose e
ghiacciate, titani giganteschi che si ergono
sopra le nubi. Al punto più ad ovest di questa
catena sta il K2; di calcare, di granito e di
ghiaccio. E' la più gigantesca piramide di
roccia della Terra: un balzo di 3.500 metri
dalla piattaforma del ghiacciaio del Baltoro
alla vetta.
La conquista fu
tentata per la prima volta nel 1902,
da alpinisti inglesi, svizzeri e austriaci.
Giunti a quota 6.800 dovettero arrendersi.
Sette anni dopo la montagna venne attaccata
dalla spedizione del Duca degli Abruzzi che
riuscì ad arrivare all'altezza di 6.153 metri,
sulla ripida e difficile cresta alla quale venne
poi dato il nome del Duca.
Nel 1929 vi ritornò
una nuova comitiva italiana -
capeggiata dal Duca di Spoleto - ma la
spedizione ebbe carattere puramente scientifico.
Evaristo Croux, la guida di Courmayer che faceva
parte della spedizione, racconta: "Allora
il Governo non volle rischiare il nome
dell'Italia in un'impresa troppo incerta. Era
l'anno del disastro di Nobile. Perciò venne
approvata la spedizione scientifica e vietato il
tentativo alpinistico. Siamo stati però col Duca
e col giovane professor Desio su per la cresta
Abruzzi, abbiamo visto bene il K2: è una
montagna nostra, dobbiamo vincerla noi. Anche se
è troppo difficile, anche se a vederla si rimane
atterriti dal tremendo spettacolo di una
formidabile piramide sempre rombante e sconvolta
dalle valanghe che precipitano lungo i suoi
fianchi inesorabilmente rigidi. |
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Nel 1938 la scalata
venne tentata dagli americani:
giunsero fino a quota 7.925, alla base di una
barriera alta oltre 400 metri di ghiaccio e di
roccia e con una pendenza di 65-70 gradi. La
spedizione non riuscì ad andare oltre quel
punto.
A superare quelle tremenda fascia rocciosa ci
pensò l'anno dopo un'altra spedizione americana
che arrivò a 8.350 metri. Ma il maltempo
imperversava: quattro uomini morirono, gli altri
ritornarono esausti. |
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Nel 1953 una terza
spedizione americana si avventurò sulle pendici
del K2: uomini accuratamente
selezionati, preparazione estremamente
scrupolosa, ma non si superò il ciglione della
«spalla», molto sotto il punto toccato nel 1938.
La spedizione
italiana che riuscì a vincere il K2
fu progettata nell'immediato dopoguerra dal
professor Desio (sopra e sinistra), che già conosceva la
montagna per esservi stato nel 1929. Il professore tornò
nel 1953, con Cassin, ad esplorare la zona e, al
ritorno, iniziò i preparativi dell'impresa.
Furono convocati venti guide ed alpinisti
italiani, subirono esami e prove, vennero
scartati uomini eccezionali. Questa fu una vera
sorpresa, seguita da numerose polemiche. Nel
febbraio i selezionati vennero concentrati per
un periodo di addestramento al Plateau Rosa:
rimasero dieci giorni oltre i 4.000 metri, a
venti gradi sotto lo zero. Fu tremendo, ma non
bastò e il professor Desio spostò i suoi uomini
sul monte Rosa per altre micidiali prove di
resistenza.
La spedizione
italiana partì in volo da Ciampino il 21 aprile.
Il materiale necessario (tredici tonnellate di
bagagli) era già partito cinque giorni prima
sulla motonave «Asia». Poi le notizie
diradarono, il silenzio circondò Desio e i suoi
uomini, si parlò dell'inclemenza del tempo che
ostacolava la marcia. Sui giornali circolò anche
la notizia che Desio sarebbe stato abbandonato
dai portatori. Ma non si sapeva niente.
Finché non arrivò la brutta notizia della morte
di Mario Puchoz. Allora tutti furono sicuri che
Desio e i suoi uomini non si sarebbero arresi,
che la morte del povero Puchoz (il «mulo» di
Courmayer) sarebbe stata un'altro motivo, forse
il più forte, per continuare, passo su passo,
nella conquista di una cima che nessuno
conosceva e che era la seconda della Terra.
Partendo da campo 8, il 31 luglio, due di quei
valorosi alpinisti salirono in vetta a 8.611
metri e vi piantarono una piccola bandiera
tricolore, legata ad una piccozza. Il K2 era
stato vinto e a batterlo erano stati degli
italiani.
Non importa chi arrivò per primo: sappiamo che
tutti si sono prodigati nella stessa misura, con
la stessa volontà, che tutti hanno sofferto le
stesse pene, gli stessi disagi, la stessa
infinita fatica. Sono tutti vincitori, anche
Puchoz, il povero Puchoz che certamente era
sulla vetta ad attendere i suoi compagni.
La montagna ora ha un nome, che non è più solo
una sigla di riferimento topografico. Dal 31
luglio si chiama Italia-K2. E' un bel nome. E'
naturale che si chiami così... |
Adattamento da "Tuttosport" del 4 agosto 1954
- articolo di Luciano Curino |
Settembre 2011 - Muore Walter Bonatti, uno degli
intrepidi italiani che si avventurarono sul K2 |
Il 14 settembre 2011 si spegne a Roma, all'età di 81 anni,
Walter Bonatti, una delle più grandi figure
dell'alpinismo mondiale. Nato a Bergamo il 22
giugno del 1930, nella notte tra il 30 e 31
luglio 1954 era tra i partecipanti alla
spedizione italiana che piantò il tricolore
sulla cima inviolata del K2. Aveva solo
ventiquattro anni e in corpo un irrefrenabile
desiderio di conoscere e di misurarsi con la
natura, che lo avrebbe portato in seguito ad
altre imprese epiche, come quella del Petit
Dru nel 1955, quando in soli 6 giorni di
solitaria ebbe la meglio sulla parete
invincibile nel Gruppo del Monte Bianco. Nel
1958, insieme a Carlo Mauri e Riccardo
Cassin, aveva conquistato - senza l'aiuto
delle bombole d'ossigeno - la vetta del
Gasherbrum IV, un monte che sfiora gli
ottomila e che, ancora oggi, in pochissimi sono
riusciti a scalare.
Il suo ruolo nella conquista del K2 era stato
messo in discussione fino al 2004 quando una
commissione del Club Alpino Italiano
aveva messo fine alle maldicenze. Tre saggi
incaricati, dopo un'attenta analisi della
relazione di Ardito Desio sull'avventura
italiana del 1954, sentenziarono che Compagnoni
e Lacedelli avevano compiuto l'ultimo balzo
verso la vetta con l'impiego dell'ossigeno
portato da Bonatti e dall' hunza Mahadi.
Vero è che, per assenza di comunicazioni, i due
avevano bivaccato durante la notte a quota 8150,
a 50 gradi sotto lo zero, senza tenda ne sacchi
a pelo, mettendo a repentaglio le proprie vite.
Come conseguenza delle sofferenze patite e del
congelamento di mani e piedi, in seguito, a
Mahadi erano state amputate numerose dita...
Per espressa volontà dei familiari la salma è
stata cremata e le ceneri trasferite a
Portovenere dove sono state tumulate nel locale
cimitero, in una cappella appartenente a parenti
di Rossana Podestà, compagna di Bonatti. |
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SETTEMBRE 1960 - Alle Olimpiadi di Roma Livio Berruti conquista l'oro nei 200 metri piani |
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Il ricordo della storica impresa del
ventunenne di Torino |
STADIO del 4 settembre 1960 - "Livio
Berruti ha dato all'Italia una delle più
prestigiose medaglie d'oro di tutta
l'Olimpiade, se si considera che mai un
europeo, nella lunga storia della
competizione quadriennale, aveva vinto i
200 metri piani. L'atleta delle «Fiamme
Oro» Padova, infatti, è il primo uomo
del vecchio continente che figuri fra i
vincitori di questa gara che sembrava
destinata a rimanere riservato dominio
americano... Berruti entra nella
elettissima schiera dei vincitori
olimpici con il record del mondo in
curva (20"5) eguagliato, |
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con il nuovo record olimpico e
naturalmente con il primato europeo e
d'Italia...". |
LUGLIO 1980 - Alle Olimpiadi di Mosca le medaglie d'oro di
Pietro Mennea e Sara Simeoni |
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BERRUTI RACCONTA:
"Una medaglia ti sconvolge all'atto
stesso in cui la conquisti. Quando, in quei
pochi infinitesimi che una corsa veloce ti
concede, ti accorgi di essere davanti a tutti,
di avere la vittoria sicura, di essere il primo
del mondo, in quegli infinitesimi vivi una vita.
Il primato no, il primato lo gusti dopo, diluito
e soppesato; la vittoria l'assapori in un
attimo. Un infinitesimo e un'eternità insieme -
Non cambierei mai l'oro conquistato a Roma con
un primato del mondo".
(Luigi Vespignani e Luigi Chierici). |
IL TIRRENO del 26 agosto 1960
- "Nel nome della lealtà, della
combattività, del sano agonismo - Il Capo
dello Stato ha aperto a Roma la XVIIa Olimpiade
dell'era moderna - Incomparabile spettacolo nel
grande stadio durante la sfilata degli atleti di
tutte le squadre del mondo. Il giuramento è
stato pronunciato da Adolfo Consolini
- momenti di alta suggestività
all'arrivo della fiamma olimpica - Lusinghieri
commenti stranieri - I reali di Grecia e i |
|
principi di Liegi presenti alla cerimonia..."
- Il 1960 è un anno cruciale. Negli Stati
Uniti d'America va al potere Kennedy, in
Africa scoppia la crisi congolese, col tragico
assassinio di Lumumba. In Italia, a settembre,
ci sono le Olimpiadi, dopo che la primavera e
l'estate erano trascorse drammaticamente
a causa del governo Tambroni, costituito con
l'appoggio fondamentale dei voti
missini. Genova scende in piazza contro
il congresso nazionale dell'MSI. Gli
scontri si estendono ad altre città (5
morti a Reggio Emilia). Tambroni si
dimetterà il 17 luglio. |
WILMA RUDOLPH,
LA REGINA DELLE GARE
OLIMPICHE FEMMINILI DI VELOCITA' |
Il gran finale della serata era
riservato alle staffette. Gli americani
le hanno vinte tutte e tre ma,
nell'ultima, la quattro per cento
maschile, sono stati squalificati. La
corsa femminile è stata interessante e
incerta fino agli ultimi cento metri.
A questo punto è entrata in azione
Wilma Rudolph e il quartetto degli
Stati Uniti, che era in gran brutte
acque per una serie di cambi molto
incerti, è balzato nettamente al
comando. La Rudolph correva contro
avversarie di valore come la tedesca
Jutta Heine, l'inglese Mary
Bignal e l'italiana Leone. Le
ha piantate in asso dopo averle rincorse
per un po' e ha vinto con la sua
abituale scioltezza.
Ieri Wilma aveva trascinato la sua
squadra alla conquista del primato
mondiale, oggi si è accontentata della
medaglia d'oro col tempo di 44"5, ad un
decimo di secondo dal record.
Bellissima è stata la corsa della
Germania, soprattutto per merito della
Heine, che nel finale ha guadagnato il
secondo posto con uno spunto notevole.
Terze sono giunte le polacche, quarte le
azzurre. L'Italia correva con la
Bertoni, la Valenti, la
Tizzoni e la Leone. Grazie
alla loro prestazione è crollato il
record nazionale (45"6).
Le gare femminili della velocità hanno
dunque confermato il dominio indiscusso
di Wilma Rudolph, una ragazza che ha
vinto tre medaglie d'oro con una
facilità che stupisce. Alle sue spalle
le più costanti sono state le inglesi e
in particolare la tedesca Heine.
D'altronde l'Europa ha ottime tradizioni
in questo campo... |
Da "La Nazione" del 10 settembre 1960 |
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GIUGNO 1964 - Nello spareggio di Roma il Bologna batte l'Inter 2-0 e conquista lo scudetto |
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Gli emiliani si impongono al termine di una
stagione segnata dal caso "doping" |
Il Campionato di calcio 1963-'64 fu concluso
con uno spareggio. Inter e Bologna avevano
terminato la «regular season» a pari punti
(54), dopo che i nerazzurri erano stati
protagonisti di una bella rimonta. Il
Bologna di Fulvio Bernardini aveva
subito un tracollo psicologico notevole in
seguito ad un presunto caso "doping" dopo la
partita disputata col Torino, in quanto
alcuni giocatori erano stati trovati
positivi alle anfetamine. La vicenda era poi
rientrata, perché si riuscì a dimostrare che
le quantità di sostanze dopanti riscontrata
aveva una tale concentrazione che nessuno
avrebbe potuto assumerla senza conseguenze
letali. Molto probabilmente, dietro il
fattaccio si nascondeva un colossale
imbroglio. La galoppata degli emiliani, che
erano stati campioni
d'inverno dopo 10 vittorie |
|
consecutive, comunque ne aveva
notevolmente risentito
e L'Inter si era fatta sotto
fino a raggiungerli in vetta il
17 maggio. Un'altra tegola aveva
poi colpito il Bologna alcuni
giorni prima dello spareggio,
disputatosi allo stadio Olimpico
di Roma: il presidente della
società Dall'Ara era
deceduto, colpito da un infarto
durante una lite col presidente dell'Inter
Moratti.
Insomma c'erano tanti motivi perché quella
partita si presentasse
incandescente, invece ne venne
fuori una normale giornata di
sport...
Da "STADIO" dell'8 giugno 1964:
"Il Bologna aveva voluto la
soluzione sul campo, perché solo
in tal modo l'amara vicenda di
questo campionato, nello stesso
tempo grande e miserabile,
poteva giungere ad una
conclusione onesta... Per i
rossoblù la conquista dello
scudetto rappresentava qualcosa
di più della riconquista del
titolo tentata dall'Inter. Per
il Bologna lo scudetto era un
traguardo lungamente e
ansiosamente atteso, il riscatto
di venti anni difficili e
talvolta tristi, il premio di un
sottile lavoro svolto in umiltà,
il dono patetico al Presidente
scomparso... Per questo la
vittoria ottenuta sul campo è
infinitamente bella e questa
vittoria il Bologna l'ha
raggiunta con una prestazione
senza ombre, senza riserve,
senza sospetti... E' stata una
vittoria limpida, schietta e
pulita..."
Nel 1964 l'Inter trionfa invece
in campo internazionale
- I nerazzurri, battuti dal
Bologna nella corsa allo
scudetto, godevano già di un
certo appagamento psicologico in
quanto, il 27 maggio, l'Inter
aveva conquistato la Coppa
dei Campioni. Esordiente
nella competizione, si era
aggiudicata il trofeo dopo aver
sconfitto l'Everton, il Monaco,
il Partizan, il Borussia
Dortmund e, in finale, il Real
Madrid. La sua eccezionale
annata avrebbe poi avuto termine
con la vittoria nella Coppa
Intercontinentale, al
termine di tre incontri
disputati con l'Independiente. |
Da "STADIO" dell'8 giugno 1964
- sintesi dagli articoli di Aldo Bardelli e Giulio C. Turrini |
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Il Calcio italiano in lutto per la morte
improvvisa di Renato Dall'Ara |
Renato Dall'Ara, presidente del Bologna
F.C., è morto per un infarto alle ore 17,30
nell'ufficio di Presidenza della Lega
Nazionale Calcio, in via Annunciata a
Milano. Era partito da Bologna alle 13,00
assieme alla moglie, signora Nella, al
medico personale, ad una cameriera e al suo
autista, a bordo della sua automobile. Alle
16, giunto a Milano, è salito negli uffici
della Lega Calcio, assieme al medico
personale, mentre la moglie si recava a fare
compere in città. Alle ore 17,30, mentre era
a colloquio col presidente dell'Inter
Moratti e col presidente della Lega Calcio,
dott. Perlasca, il comm. Dall'Ara è stato
colpito da malore ed è morto - a quanto si
apprende - senza avere il tempo di
profferire parola. Poco dopo è giunta in via
Dell'Annunciata la signora Dall'Ara che,
salita negli uffici della Lega, |
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ha appreso la tragica notizia... |
Renato Dall'Ara era alla presidenza del
Bologna dal 1934. Trent'anni di vita
dedicati ad unasocietà ch'egli sentì sempre come
una sua creatura e che guidò, per questo, con
l'affettuoso, intransigente, dispotismo del
padre. Sotto la sua presidenza la squadra
rossoblu vinse quattro campionati italiani (
1936, 1937, 1939 e 1941), due Coppe d'Europa
e il grande torneo dell'Esposizione di
Parigi (1937). Nel 1964 aveva voluto di
nuovo per sè il ruolo del |
protagonista, dopo che negli anni
precedenti la squadra aveva vissuto un pò
nell'ombra e qualcuno aveva anche avanzato
l'ipotesi di una sua sostituzione. Purtroppo
la salute non era, in Dall'Ara, pari al suo
entusiasmo. Mille volte i medici lo avevano
invitato a riguardarsi e milioni di volte la
moglie aveva cercato di persuaderlo a
mollare tutto. Tutto inutile. Dall'Ara aveva
l'animo del giocatore e pareva divertirsi a
mettere in palio la propria pelle in questa
rischiosissima partita con la sorte...
Bologna |
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sportiva è costernata: appresa la morte del
«presidentone», in città si è assistito ad
un'autentica fioritura di bandiere rossoblu
abbrunate. E' scomparso il
presidente più vecchio delle società
italiane, un uomo che troppo aveva preteso
dalla sua fibra e che, molto ammalato, non
poteva più sopportare il rude massaggio
delle emozioni sportive, non ultimo lo
scandalo doping, per il quale aveva molto
sofferto... Il dott. Franchi, vice
presidente della FIGC e presidente della
Lega nazionale semiprofessionisti, appresa a
Firenze la notizia della scomparsa di
Dall'Ara, dichiarava:
"E' un altro brutto giorno che si
aggiunge ai numerosi che si sono abbattuti
in questi ultimi periodi sul Calcio
italiano. Il Bologna rimane senza guida nel
momento più cruciale della sua vita..." |
Da "TUTTOSPORT" del 4 giugno
1964 |
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APRILE 1967 - A New York Benvenuti batte Griffith e diventa Campione del Mondo
dei pesi medi |
In una battaglia memorabile trionfa il
valore e il coraggio del nostro atleta.
Quella notte al Madison |
STADIO del 18 aprile 1967 - "Sono
esattamente le ore 5,17 italiane e il
Madison Square Garden ribolle. Nino
Benvenuti è diventato Campione del Mondo
battendo ai punti in quindici riprese il
detentore del titolo Emile Griffith. La
battaglia mondiale è appena finita,
gettiamo queste impressioni senza aver
scritto una sola parola. Ed è il momento
in cui è difficile trovare termini più
appropriati per farvi capire che cosa
stia accadendo in questo vecchio tempio
del pugilato mondiale.... Mille bandiere
tricolori sventolano. Enormi stendardi
sulle gradinate. Nino Benvenuti ha vinto
largamente ai punti: noi abbiamo cinque
punti a suo vantaggio sul cartellino. E
questo è accaduto nonostante Griffith
abbia dato tutto il cuore, tutta la
propria «cattiveria», tutta la propria
selvaggia determinazione di vincere.
Benvenuti gli è stato superiore in tutto
e per tutto... (Remo Roveri)" -
IL RICORDO DI NINO:
"L'incontro che ho sostenuto con
Griffith il 17 |
|
|
aprile 1967 resta il più bel ricordo
della mia carriera di pugile, paragonabile
soltanto alla vittoria olimpica che ho
conseguito a Roma nel 1960. Un sogno
meraviglioso, qualcosa di irreale..." |
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GIUGNO 1970 - Nel Campionato del Mondo di calcio la
storica semifinale Italia-Germania 4-3 |
|
Una partita che va oltre il fatto
sportivo e che propone una Bandiera
all'ammirazione di tutto il mondo |
EPOCA del 31
maggio 1970 -
"Azzurri in Messico: il diario della
vigilia - Per rompere la monotonia del
lungo ritiro, che stanno trascorrendo in
una specie di prigione dorata con
piscina e parco, i giocatori italiani si
sono portati da casa anche 16 film.
Quando vanno in città li segue una
scorta di agenti armata fino ai denti...
La Federazione fa omaggio ad ogni
calciatore di 6 minuti di conversazione
alla settimana per telefonare in Italia,
per una spesa di 16mila lire. Gli passa
inoltre una diaria di 10 dollari al
giorno che, in seguito alle generali
proteste, sarà probabilmente aumentata a
20.... I giocatori alloggiano
all'albergo Parco dei Principi e
abitano a due per stanza, secondo
precise disposizioni del CT Ferruccio
Valcareggi (Facchetti con Burgnich, Riva
con Albertosi e così via)... La
maggioranza degli azzurri si è limitata
a comprare sombreri, chitarre e oggetti
d'argento. Fabrizio Poletti, il terzino
del Torino che ha il senso |
|
degli affari molto sviluppato, ha
addirittura comperato 100 costumi da spiaggia a
2.000 lire l'uno, con il proposito di rivenderli in
Italia al prezzo maggiorato... Verso le tre del
pomeriggio si parte per l'allenamento
quotidiano. Il Club America, il
bel campetto verde riservato ai calciatori italiani
si trova purtroppo a quasi un'ora di autobus
dall'albergo, dopo un lungo viaggio in mezzo al
caotico traffico di Città del Messico... Il
dottor Fini sottopone quasi ogni giorno gli
azzurri ad una visita medica generale. Tutti si
sono adattati abbastanza bene alla quota.... Che
i giocatori siano divisi in
clan è abbastanza evidente anche al
visitatore casuale. Intorno a Mazzola, per
esempio, gravitano Domenghini, Bertini e qualche
altro. Rivera appare un po' isolato. Quelli del
Cagliari fanno in genere gruppo a se.
Riva se ne sta prevalentemente per conto
proprio, senza partecipare molto alla vita della
comunità. La fama del «goleador» del Cagliari
ha ormai varcato gli
oceani: anche in Messico rappresenta
l'obiettivo più ambito |
|
per i cacciatori di autografi che
assediano l'albergo degli italiani... Nelle
lunghe ore d'ozio, i giocatori, che sono
professionisti fin nel fondo dell'anima,
favoleggiano di come un ingresso in semifinale,
in finale o addirittura una vittoria, potrebbe
tradursi in moneta sonante. Nei corridoi si
parla di una cifra con otto zeri a testa per un
successo pieno, ma la nostra Federazione per ora tace..."
STADIO del 19 giugno 1970
- "Partita in sordina la squadra
guidata da Valcareggi giunge alla storica
semifinale con la Germania. Vince con un
esaltante |
|
4-3. Psicologicamente scarica, cede poi
in finale al Brasile. - Nella lunga
storia della Coppa Rimet, non aveva mai
trovato posto una gara drammatica, spettacolare,
stupendamente giocata, come quella che un'Italia
immensa e magnifica ha vinto contro la
Germania. Forse soltanto |
|
LA FORMAZIONE AZZURRA VICE CAMPIONE DEL
MONDO 1970
(sopra, da sinistra):
Bertini, Boninsegna, Cera, De Sisti,
Burgnich, S. Mazzola, Domenghini, Riva,
Albertosi, Rosato e il
capitano Giacinto Facchetti,
indimenticabile perno difensivo degli
Azzurri e dell'Inter. |
la finale di Berna del 1954, quando la
stessa Germania rimontò due reti alla
leggendaria Ungheria di Puskas e
Hidegkuti, vincendo il
titolo, potrebbe chiedere di essere messa
alla pari di questa partita che nessuno
riuscirà a dimenticare. I centoventi
minuti dell'"Azteca" passeranno alla
storia della Coppa del Mondo come i
centoventi minuti più intensi, più
angosciosi, vibranti, che il calcio
abbia mai regalato a chi lo ama, lo
comprende, lo soffre. E sono stati i
nostri, gli azzurri, a vincere questo
scontro di colossi contro la Germania di
Beckenbauer, di Overath, di
Schnellinger, di Held, di Seeler, di
Muller, campioni che onorano il grande
sport della pedata...(Alfeo Biagi)
VALCAREGGI RIEVOCA:
"Nel secondo tempo mi sono anche
annoiato perché giocavamo male e la
Germania attaccava con folate offensive
che non promettevano niente di buono,
anche se non temevo di subire il
pareggio... Al gol di Schnellinger,
l'unica mia preoccupazione erano quei 30
minuti in più da giocare, dei quali
infatti risentimmo dopo quattro
giorni... Se non ci fosse stata quella
mezz'ora in più, avremmo potuto anche
fare qualcosa di buono nella finale col
Brasile - Al gol di Rivera sono stato
sommerso dagli abbracci di Bearzot e
Vicini - Ho avuto paura quando Riva mi è
corso addosso, tutti mi stavano quasi
soffocando... Fu una girandola di gol
che stordì il pubblico e la folla; ma
io, in panchina, vedevo le cose molto
lucidamente. E capivo che ce l'avremmo
fatta..." |
|
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FEBBRAIO 1972 -
Alle Olimpiadi invernali di Sapporo Gustavo
Thoeni è oro nel gigante |
Zeno Colò e Gustav Thoeni, due grandi
atleti che hanno esaltato lo sci
italiano nel mondo |
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STADIO dell'11 febbraio 1972
- "La vittoria di Sapporo era comunque la prima
grande impresa cui si sottoponeva Gustav Thoeni
dopo la delusione dei mondiali di Valgardena nel
1970: era maturato nello spirito a sufficienza
dopo due anni di routine in Coppa del Mondo e
quindi l'avventura sapporiana acquistava per lui
una dimensione del tutto inusitata e grandemente
importante. Il Thoeni di Sapporo fu un esempio
di come un calcolatore, se caricato a dovere di
dati, risponde secondo una dinamica che supera
forse la stessa logica, perché in fondo, anche
nella logica c'è sempre un pizzico di fantasia.
In quella mattina di neve fresca Gustav Thoeni
svolse la sua equazione cronometricamente e
senza spostarsi di un millimetro da quello che
aveva previsto: e fu l'equazione che ha dato
all'Italia il secondo oro olimpico dopo quello
di Zeno Colò a Oslo". |
GUSTAV THOENI RICORDA:
"Credo che non riuscirei a
fare oggi quella faticaccia che ho fatto
per vincere
quella medaglia d'oro nel
gigante a Sapporo. La neve mi sembra ancora di
averla sotto gli sci... Sembrava di entrare
dentro a un immenso bacile di cipria...
Figurarsi io, che avevo un allenamento senza
precedenti, ma sul ghiaccio!... Dopo il mondiale
perduto in Valgardena nel gigante e la medaglia
sfuggita anche nello slalom, Sapporo era per me
come una montagna incantata da scalare fino in
cima, al vertice dei miei desideri..." |
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LUGLIO 1982 - In Spagna la Nazionale Italiana di calcio è Campione del Mondo
per la 3a volta |
|
In finale la Germania viene stracciata
per 3-1. Il Presidente Pertini
portafortuna |
STADIO del 12 luglio 1982 -
11 luglio 1982: data storica - L'ITALIA
CAMPIONE DEL MONDO. L'ha pilotata un
galantuomo (Enzo Bearzot). Pareggia con
Polonia, Perù e Camerun; demolisce
l'Argentina; annulla gli artisti del
Brasile; cancella la Polonia e schianta
la Germania nella finalissima. Rossi
sblocca una terribile tensione. Sei gol
in totale: Pablito è il capocannoniere.
Replicano Tardelli e Altobelli, esulta
Pertini a nome di tutti gli italiani. La
partita (durissima) si infiamma. Il
finale è totalmente degli azzurri,
accompagnati da un unico coro assordante
e felice: la festosa follia popolare
dilaga nella notte su tutte le piazze
italiane. I neo campioni del mondo oggi
sbarcano a Roma... In tribuna il
Presidente Sandro Pertini ha |
|
|
portato fortuna... Come augurio, nel ritiro
degli azzurri, aveva detto a Bearzot: "Caro
Bearzot, lei deve lasciar bruciare
tutto nel fornello della pipa... li
devono andare in fumo tutte le nostre amarezze...
Io così faccio, sennò come le sopporterei ...(e
ricorda tutti i drammi italiani)... ma la sua
pipa è scalcinata. Via gliene regalo una io che
ne possiedo 400. Vedrà com'è bella, una pipa
fiammante..." - Due miliardi di persone nel
mondo hanno seguito la gara attraverso gli
schermi televisivi (40 milioni in Italia). Per
la prima volta finale in diretta tv negli USA.
In tribuna, con Pertini, hanno sofferto ed
esultato, mamme mogli e fidanzate.
TUTTOSPORT del 12 luglio 1982
- L'Italia dei Miracoli ha vinto il Mundial -
Battuta la Germania nella finalissima: 3-1 -
GRAZIE CAMPIONISSIMI! - Nemmeno un infortunio
che ci ha privati sin dall'inizio di Graziani
(sostituito da Altobelli) e un rigore sbagliato
nel primo tempo da Cabrini hanno impedito alla
squadra di emergere nella ripresa con lucidità e
freddezza: Rossi, Tardelli e Altobelli hanno
messo in ginocchio la Germania, che soltanto in
extremis ha segnato con Breitner il gol della
bandiera - Dopo il 1934 e il 1938, il 1982:
soltanto il Brasile "tricampeon" come l'Italia.
Il terzo titolo è il più bello, troppo bello per
essere vero, troppo grande per essere
raccontato, troppo emozionante per essere
laicizzato - Il C.T. ha vissuto ieri
a Madrid la più grande giornata della sua
carriera - Bearzot: "Sono commosso, grazie
a tutti" - In tribuna d'onore
l'Italia è piaciuta a tutti. Boniperti: "Sono
stati tutti magnifici" - Pertini:
"Ragazzi, che tifo ho fatto per voi!".
|
LA GAZZETTA DELLO SPORT del 12 luglio 1982
- CAMPIONI DEL MONDO! - La
nazionale ha trionfato nella finalissima di
Madrid conquistando il suo terzo titolo mondiale
dopo quelli del 1934 e 1938 e raggiungendo così
il Brasile già vincitore per tre volte....
Italia e Germania hanno giocato ieri sera allo
stadio Santiago Bernabeu di Madrid la
dodicesima finale di un Campionato del Mondo
nell'arco di mezzo secolo. Per la verità si
tratta della partitissima numero undici, in
quanto nel 1950 a Rio de Janeiro il titolo venne
assegnato al termine di un girone a quattro
squadre vinto dall'Uruguay che nella sfida
decisiva batté il Brasile per 2-1 -
Dai brividi col Camerun alla conquista del tetto
del mondo: nessun tifoso riuscirà a dimenticare
questo successo destinato più di ogni altro ad
entrare nella storia e nella leggenda sportiva
nazionale. Ricorderemo di essere stati gli unici
a passare il turno senza vincere neppure una
partita ma anche gli unici a battere, contro
ogni pronostico, i colossi mondiali - In questa
stupenda |
|
conquista c'è anche un atto di fede di
Enzo Bearzot , il superbo pilota di
questa nazionale diventata campione del
mondo che ha fermamente creduto nei
"suoi" azzurri e, sul piano morale, si è
accostato a Vittorio Pozzo, artefice dei
successi nel 1934 e 1938. |
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