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Archivio di grandi eventi
nazionali ed internazionali,
inchieste, reportages su
quotidiani e riviste celebri |
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FINESTRE APERTE
SUL TERRITORIO |
GENOVA
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Il
capoluogo della Liguria
ha il centro storico più grande
d'Europa. Nel 2004 è stata la
"Capitale Europea della Cultura"... |
EUROFLORA |
In
primavera, ogni 5 anni,
alla Fiera di Genova va in scena
lo spettacolo dei fiori per eccellenza.
I giardini più belli del mondo... |
VIA FRANCIGENA |
Col
Giubileo del 2000 è stata
definitivamente rivalutata
la via di Sigerico, che i pellegrini
percorrevano a piedi fino a Roma,
in segno di pentimento... |
PARCO DEL MAGRA |
A
Gennaio 2008 il Parco Naturale
Regionale del Magra è il territorio
eco-certificato più esteso d'Europa... |
GOLFO DELLA SPEZIA |
Tra la punta
di Portovenere e il Capo Corvo si apre una delle più
profonde insenature di tutto il litorale occidentale
italiano, declamata nei versi di illustri poeti e nella
quale è incastonata La Spezia, città sede di porto
militare e mercantile, che oggi è anche punto di
attracco per le navi da crociera... |
LE CINQUE TERRE |
Cinque
borghi marinari il cui destino è sempre stato
storicamente legato alla terra e all'agricoltura
piuttosto che alla pesca. Un paradiso naturale della
Liguria che nel 1997 è stato inserito dall'UNESCO tra i
Patrimoni Mondiali dell'Umanità... |
LA VAL DI MAGRA |
Nobili,
vescovi, mercanti e pellegrini
lungo l'asse della Via Francigena.
Culture differenti per storia e tradizioni,
nei secoli, si sono sovrapposte
e hanno permeato il territorio con
i segni del loro passaggio... |
LA VAL DI VARA |
La
"Valle dei borghi rotondi"
è anche conosciuta come
la "Valle del biologico" per le sue
produzioni agricole ottenute con
metodi antichi e naturali.
Varese Ligure nel 1999 è stato il
1° comune ecologico d'Europa... |
LA LUNIGIANA |
La
"Terra della Luna", in Italia,
ha la più alta concentrazione di
antichi castelli. Se ne contano
circa 160. Alcuni sono bellissimi e
perfettamente conservati... |
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Fotografie ©
GIOVANNI MENCARINI |
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Il Golfo della Spezia |
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Blocco Notes |
Luogo di poeti,
di santi e di bellezze naturali |
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Nel 1923 l'estremo lembo orientale della Liguria
viene separato dalla provincia di Genova per
formarne una nuova, quella della Spezia. La
porzione di territorio è abbastanza modesta e
più di un terzo appartiene alla media montagna a
ridosso dell'Appennino Ligure dove le condizioni
di vita della popolazione non sono le più
floride. La provincia della Spezia si divide
geograficamente in 4 macro aree: la valle del
Vara, la valle del Magra, la fascia costiera
delle Cinque Terre (Patrimonio Mondiale
dell'Umanità UNESCO) e il
Golfo della Spezia.
Il Golfo della Spezia si apre all'estremità
sud-orientale della costa ligure, fra due
dorsali longitudinali dell'Appennino da
nord-ovest a sud-est, che lo dividono da un lato
dal Mar Tirreno, dall'altro dalla piana
alluvionale del basso corso del
fiume Magra.
Il golfo, in fondo al quale è incastonata come
una perla la città, penetra nella costa per una
lunghezza di circa 13 chilometri, ha una
larghezza massima di 8,7 chilometri ed offre una
vasta zona di riparo, sicura e protetta dal libeccio.
Il Golfo della Spezia ha assunto l'attuale conformazione
in epoca pleistocenica. Nel Pliocene superiore,
infatti, era ancora presente un lago nel quale sfociava il
fiume Vara, che in seguito deviò verso
Est fino a confluire con il Magra. E' dal mare
che si ha |
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LA SPEZIA - Il porto |
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la visione più completa della zona, un
anfiteatro naturale, chiuso ad Occidente dal
promontorio di
Portovenere ed a Oriente da quello di
Montemarcello; sono due complessi
collinari che raggiungono
rispettivamente i 700 e i |
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400 metri d'altezza, caratterizzati da una
copertura boschiva mediterranea che conserva
importanti valenze naturalistiche, poste sotto tutela
con l'istituzione d Parchi Nazionali e Regionali
(Cinque
Terre, Montemarcello-Magra e Portovenere).
Il tratto costiero che va da
Portovenere alla
Spezia è intensamente popolato, con gli
insediamenti militari del Varignano e di Santa
Maria, i borghi di Cadimare, Fezzano e Le
Grazie, a costituire quasi un tutt'uno con la città.
Lungo il promontorio orientale, invece,
San Terenzo,
Lerici e
Tellaro sono ancora immersi nel verde
degli olivi e dei vigneti. L'ultimo tratto di
questa costa è caratterizzato da imponenti falesie,
intervallate da insenature che racchiudono
piccoli lembi di spiaggia, di fronte alle quali
operano alcuni stabilimenti per la miticoltura.
Nel golfo della Spezia la copertura vegetale
più diffusa è la macchia mediterranea,
costituita da arbusti sempreverdi quali il
lentisco, la fillirea e l'alaterno. Solo in
alcune zone c'è la presenza della lecceta, il
bosco di leccio che un tempo rivestiva la
maggior parte dei versanti a mare del Golfo. Le
piante di alto fusto sono costituite da quercia,
roverella, carpino nero e castagno nei versanti
più freschi. |
● Le radici del Golfo sono di epoche
remote |
L'albero genealogico della Spezia affonda le sue
radici in epoche quanto mai remote e, forse,
è più antico di quello della pur antichissima
Luni.
Infatti, nel 1886, durante alcune opere
di scavo per la costruzione dell'Arsenale,
nell'area del futuro bacino Umberto I
tornarono alla luce due statue-stele, le
primitive ed ancora misteriose rappresentazioni
antropomorfe ritenute opera di artisti dell'Età
del Bronzo.
In epoca ancora più moderna un terreno di
Pegazzano ha restituito un piccolo tesoro
archeologico, la cosiddetta "Tomba del
guerriero", che risale all'Età del
Ferro.
Il Golfo piacque anche ai Romani, che
lasciarono varie testimonianze del loro dominio,
tra le quali la necropoli di Melara,
databile attorno al I secolo.
La natura faceva del Golfo un rifugio ed un
approdo ideale per le imbarcazioni e quindi i
porti non potevano mancare. Pur tuttavia gli
insediamenti del passato furono sempre di
modeste dimensioni. Ancora agli inizi
dell'800 gli abitanti della Spezia non
superavano le tremila unità.
In un cimelio fotografico databile attorno al
1860, epoca in cui iniziarono i lavori per
costruire l'Arsenale, si può vedere che il
nucleo cittadino era ancora di dimensioni quanto
mai ridotte. La distesa verde dei campi occupava
gran parte dell'area che in seguito sarà
intensamente edificata. Dominava la scena il
tracciato del futuro Viale Savoia, oggi
Viale Amendola, a fianco del quale erano in
corso i lavori di arginatura allestiti per dare
un corso regolare e sicuro al torrente Lagora. |
● Origine del nome e vicende storiche della Spezia |
Il nome della Spezia, che è tuttora di incerta
origine, compare per la prima volta in un
atto di donazione dell'anno 1111, riguardante
un vecchio monastero, dove una delle firme
apposte è di un tale «Ursus de Spesia».
Ritroviamo qualcosa di similare in alcuni contratti
commerciali del 1160 sottoscritti da «Bonus
Johannes e Baldus de Specia».
In altre carte e in libri il nome ricompare con
qualche variante: Spedia, Spezza, Spetie, Golgo
delle Spetie.
In ogni caso le successive trascrizioni trovate
sui documenti denunciano una costante incertezza nel
volgarizzare le varie forme latine riportate dagli atti.
Il linguista Serra, insieme ad altre dotte ipotesi
di derivazione latina del nome, accenna anche alla possibilità
che La Spezia derivi da «specie», «spezie», porto
dove appunto si commercializzavano le spezie.
Altri collegano la voce dialettale «spèsa», con
la s dolce come in riso, al fatto che il
Golfo era un noto centro di mercati, cioè di... spese.
La forma attuale del nome risale solamente al 1766.
Il primo documento conosciuto che riporta lo
stemma della Spezia, secondo Ubaldo Formentini,
risale al 1409 e rappresenta una torre quadrata
merlata sopra una collina a tre cime con le
lettere SP(ezia).
Fino agli inizi dell'Ottocento l'importanza della città
fu del tutto trascurabile in quanto, per precisa
volontà, la repubblica di Genova ne contrastò
pesantemente lo sviluppo marittimo per favorire
i suoi scali e quelli dei centri a lei più vicini.
Il piccolo borgo marinaro medievale della
Spezia sorse |
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LA SPEZIA - Piazza Verdi |
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e si sviluppò fra i
ruderi di un considerevole abitato romano,
ruderi ancora imponenti nel secolo XIV, quando gli spezzini ne
cavarono pietre per costruire le proprie mura.
La romanità della Spezia è rivelata in primo
luogo dagli scavi dell'Arsenale Militare che
hanno |
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riportato alla luce numerose anfore,
evidentemente all'epoca cadute in fondo al mare,
in secondo luogo dal rinvenimento presso la cattedrale
di Santa Maria di un ponte romano, scoperto durante
uno scavo occasionale di Via Biassa.
Intorno al Mille il territorio del golfo della
Spezia era sotto il potere dei signori di
Vezzano
Ligure, valvassori degli
Obertenghi e
strettamente legati alle famiglie signorili
della Riviera, come quella dei Conti di Lavagna.
Il dominio dei signori di Vezzano giungeva fino
al piccolo porto di Boron, che corrispondeva,
grosso modo, all'attuale nucleo di San Venerio.
La Spezia seguì le vicende della repubblica di
Genova, fra alti e bassi, dal momento della sua
annessione allo Stato genovese, avvenuto nel XIII secolo,
fino alla Rivoluzione Francese, subendo,
nelle terribili guerre del XVIII secolo, non poche rovine.
Sarà Napoleone Bonaparte a staccare nuovamente
le due città nel 1812 quando, vista l'importanza
del suo golfo, dichiarò La Spezia porto
militare e la elesse a capoluogo del circondario
di Venere. In quell'epoca La
Spezia contava circa 3.000 abitanti.
Si trattava di una città proporzionata alle
possibilità di lavoro e di vita offerte; si
trattava di una piccola comunità di gente di
mare - marittimi, barcaioli, pescatori - ma
anche di artigiani, commercianti, agricoltori,
tecnici e lavoratori addetti alle attività
industriali.
Alcune di queste, antichissime, erano
maggiormente sviluppate in centri vicini,
come la costruzione di battelli documentata a
Portovenere fin dal XIII secolo e l'escavazione
del marmo portoro alla Palmaria, al
Tino e
Portovenere,
luoghi che oggi figurano nella
lista dei Patrimoni Mondiali dell'Umanità
redatta dall'UNESCO.
La natura aveva fatto del golfo della Spezia
un rifugio ed un approdo ideale per le
imbarcazioni e quindi i porti non potevano
mancare, ma guardando al passato si vedeva che
il maggior prestigio era stato goduto dalla
romana Luni e quindi da
Lerici
(frequentata dai mercanti di Lucca), contesa dai pisani
e dai genovesi. Guardando al presente si notava che La
Spezia era dotata soltanto di un piccolo molo
intorno al quale si svolgeva un lavoro portuale
di scarsa entità, un esiguo movimento di navi. |
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Se la natura aveva creato tutto ciò che
potesse desiderare un marinaio, in pratica non erano
molti gli uomini di mare che ne usufruivano.
Non poteva essere altrimenti: la cittadina non
era ricca e poche strade la collegavano ad un
entroterra indubbiamente non florido dal punto
di vista economico.
L'intendimento di Napoleone era quello di far
diventare La Spezia, oltre che una
piazzaforte, la Base Navale principale della
flotta francese nel Mediterraneo,
comprensiva di un grande Arsenale. Egli pertanto
sognava di concentrare nel golfo spezzino le
principali forze marittime delle quali poteva
disporre.
Questo progetto, che avrebbe portato la Marina
transalpina fuori dai confini naturali di
Francia, fu sempre osteggiato dal Ministero
francese il quale giunse anche a gonfiare
enormemente le spese della sua realizzazione pur
di far recedere Napoleone dai suoi propositi.
Negli anni 1812-1814 la costruzione di un
Arsenale nel golfo venne anche caldeggiata
dall'allora Sottoprefetto della Spezia Santorre
di Santarosa.
In un primo momento, lo stabilimento avrebbe
dovuto essere collocato tra Portovenere e le
Grazie, con annessa deviazione delle acque del
fiume Vara fino a tali località per far fronte
alle necessità della Marina Militare e delle
officine.
Il risveglio della «bella addormentata nel
Golfo», iniziato con Napoleone, si completò
quando politici e militari pensarono bene di
trasferire alla Spezia i Comandi e l'Arsenale
della Marina Militare di Genova, il cui porto
era fortemente impegnato dal traffico
mercantile. |
● La Spezia in festa per
l'inaugurazione dell'Arsenale |
A metà dell'Ottocento (30 maggio1849) il Cavour
riprese infatti l'idea napoleonica e la rafforzò
nonostante la stessa fosse pesantemente
avversata dalla maggioranza dell'opinione
pubblica nazionale. A fomentare gli animi erano
i genovesi i quali mal digerivano che alla loro città venisse
tolta la vecchia darsena per costruire un
arsenale marittimo al Varignano. L'edificazione
di un Arsenale Militare alla Spezia dovette
perciò attendere ancora parecchi anni ed avvenne
solo tra il 1862 e il 1869, secondo i progetti del
generale Domenico Chiodo e con stanziamenti pari
a 36 milioni di lire. Cominciò così
l'aumento vorticoso della popolazione spezzina,
grazie alla forza lavoro proveniente da ogni parte d'Italia.
Il 28 agosto 1869, dopo sette
anni dall'inizio dei lavori, l'Arsenale
marittimo fu solennemente inaugurato, alla
presenza di autorità militari e civili, tecnici,
giornalisti ed una folla di invitati dalla quale
si levò il grido "Viva l'Italia" quando le acque
del mare irruppero nei bacini di carenaggio
con un tremendo ruggito.
L'Arsenale Militare Marittimo inizialmente aveva
quattro bacini ed uno scalo ed entrò subito in funzione.
La prima nave ospitata per le operazioni di
carenaggio fu la corazzata San Martino.
Il 10 giugno 1878 la città fu in festa per due
importanti avvenimenti: l'inaugurazione del
monumento a Domenico Chiodo e il varo della
corazzata Dandolo, la prima grande nave
costruita nell'Arsenale, dopo la Palestro (1871) avvenuta a San Bartolomeo. |
Il generale Domenico Chiodo |
Domenico Chiodo, nacque a Genova nel 1823 e
morì alla Spezia nel 1870.
Quando era ancora capitano del genio
Militare, venne incaricato di progettare
l'Arsenale Militare della Spezia, secondo i
dettami di una legge voluta dal Cavour e
approvata dal parlamento sabaudo.
Oltre che alla realizzazione delle darsene,
il progetto di Chiodo prevedeva
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l'edificazione di nove scali per la
costruzione delle navi, di quattro bacini di
carenaggio (due vennero aggiunti in seguito)
e delle varie officine specializzate.
L'ubicazione dell'Arsenale era stata stabilita
nella piana di Marola, su un'area in parte
situata sulla terraferma ed in parte da
recuperarsi dal mare con i materiali
ricavati dagli sterri. Sul fronte dello
stabilimento, per arrestare le torbide
marine e mantenere le acque tranquille
davanti agli scali, era ideato un ampio
avamporto, i cui due moli dovevano pure
servire per l'approdo dei vascelli.
Il generale provvide anche
all'armonizzazione dell'Arsenale |
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di Taranto, dello scavo del Canale
Navigabile e del ponte girevole. A
differenza di quello spezzino, l'Arsenale di
Taranto non fu impiegato tanto per la
costruzione di unità navali quanto soprattutto per
la manutenzione e la riparazione delle numerose
unità con base nel capoluogo ionico.
Chiodo si occupò inoltre del progetto
preliminare per la trasformazione e
l'ammodernamento dell'antico Arsenale di Venezia.
Incaricato di rappresentare l'Italia durante
l'inaugurazione del Canale di Suez, si
spinse nel Sudan dove contrasse la malaria,
malattia che lo portò alla tomba poco dopo
il suo ritorno in patria (1870).
Alla morte del Generale Chiodo la
Fratellanza Artigiana della Spezia promosse
un Comitato - presieduto dal Marchese De
Nobili, allora sindaco della città - per la
realizzazione di un monumento in suo onore,
che venne poi eretto nella omonima Piazza
Chiodo antistante l'Arsenale da lui progettato.
L'opera, innalzata con il concorso di tutti
gli Italiani, venne solennemente inaugurata
il 10 giugno 1878, nello stesso giorno in
cui ebbe luogo il varo della corazzata «Dandolo».
Le opere progettate e realizzate dal
Generale Chiodo testimoniano, dopo tanto
tempo, l'eminente personalità di questo
tecnico che seppe vedere molto distante, non
solo nel settore di sua particolare
competenza, ma anche in quello urbanistico. |
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Il battesimo della Dandolo non fu
fortunato perché, quando i 3/4 dello scafo erano già in
acqua, un problema tecnico causò l'impuntamento
dei vasi contro l'antiscalo e la nave, esaurendo
il suo moto proprio, si fermò. Numerosi furono i
tentativi effettuati da altre imbarcazioni della
flotta per trascinarla definitivamente a mare,
tutti miseramente falliti per la rottura delle
gomene. I tecnici allora rinunziarono all'idea
di rimorchiare la Dandolo e si affidarono solo
all'azione persuasiva di leve e martinetti; un
lavoro lungo e paziente che diede i suoi frutti
solo alle otto della sera quando la corazzata smise di
fare i capricci e scivolò tutta in acqua.
Ai primi del Novecento inizierà per la Spezia
una nuova fase di sviluppo urbano, indotto
dall'industrializzazione del suo golfo. Nel 1931
i residenti in città arrivarono a 115.000 unità.
L'Arsenale Militare occupava tutto il settore
meridionale della città, su una
superficie di 90 ettari e costituiva la
principale base marittima
dell'Alto Tirreno, sede di Ammiragliato.
Una buona parte del golfo della Spezia rinunciò
pertanto alle bellezze naturali, al mare pulito
e libero, alla vocazione turistica, lasciando tutto questo a
Portovenere,
Lerici,
San Terenzo,
Cinque Terre
ed altri luoghi privi di
installazioni militari o di ciminiere.
Ma è anche vero che lo sviluppo e
l'importanza della Spezia, raggiunti
nella seconda metà dell'Ottocento, sarebbero
stati difficilmente conseguibili, almeno in
quell'epoca, sulla base del solo turismo, che
allora interessava un numero limitato di
italiani e di forestieri, non essendo un
fenomeno di massa ma di élite. |
● L'Arsenale, perno strategico della
difesa nazionale |
La Spezia, Taranto e Venezia erano arsenali
fortificati e piazze navali perché offrivano
riparo sicuro alla flotta. La Spezia però, vista
la sua posizione centrale tra il Mar Ligure ed
il Tirreno, era una piazzaforte marittima di
primaria importanza e divenne perciò uno dei due
fulcri del piano di difesa nazionale, con larghe
risorse sia per la difesa verso terra che verso
il mare.
Il sistema difensivo verso il mare contava su
122 bocche da fuoco di grosso calibro e 55
di calibro inferiore, 5 stazioni fotoelettriche
e 2 telegrafiche ottiche. Le opere verso terra
erano impostate a campo trincerato con 357 pezzi
per un armamento di 534 bocche da fuoco in
batteria e 58 di riserva. Una cinta muraria
racchiudeva il porto militare, l'arsenale e le
caserme; un cannone di grande potenza da 400 mm
era sistemato in Palmaria.
Le fortificazioni verso terra erano tali da
impedire al nemico, che si presumeva
arrivasse da sud dopo uno sbarco in Toscana, di
avvicinarsi al golfo e porlo in assedio; la
difesa verso mare era basata sulla diga e su due
forti principali, affiancati da batterie, per
impedire la presa ed il bombardamento del golfo
dalle acque antistanti, che erano coperte dalle
artiglierie, numerose e di dimensioni ridotte
per non essere facili bersagli per il nemico.
Ciascuna opera di difesa era collegata alla
città da una strada militare carreggiabile
ed allacciata alla litoranea Portovenere -
Spezia - Maralunga; esistevano inoltre una rete
telegrafica ed una telefonica che collegavano
tutte le postazioni e le stazioni di
segnalazione ottica tra loro e con i loro
comandi alla Spezia. |
● Alla Spezia nacque il primo
sommergibile italiano |
Il primo sommergibile italiano fu una torpediniera
sottomarina chiamata "Delfino". Nacque alla
Spezia e fu ideata e disegnata nel 1890
dall'ing. Giacinto Pullino, direttore delle
costruzioni navali del dipartimento della Spezia
dal 1883 al 1889 ed, in seguito, ispettore del
Genio Navale.
Questo prototipo si chiamava così perché aveva
lo scafo affusolato e snello come quello di un
delfino e, proprio per questo motivo, poteva
stare agevolmente sopra o sotto le onde,
apparendo e scomparendo dalla superficie del
mare. Il sommergibile era lungo quasi 24
metri per 3 di larghezza ed era composto da
sezioni circolari corazzate nella parte
superiore. Dotato di accumulatori e motori
elettrici, raggiungeva una velocità massima di 7
nodi.
Si ritiene che il Delfino sia stato il primo
sommergibile a lanciare regolarmente dei siluri,
sia da fermo che in navigazione, attraverso due
tubi interni allo scafo. Il battello possedeva
anche altri armamenti ed era munito di un
clepstoscopio, strumento ottico che
consentiva al comandante della torpediniera in
immersione di osservare quello che stava
accadendo sulla superficie dell'acqua.
Il Delfino rimase in servizio per molto tempo
e fu radiato soltanto nel 1918, al termine
della prima guerra mondiale.
Il nome di Giacinto Pullino venne dato ad un
altro sommergibile che all'alba del 30
luglio 1916 partecipò ad una missione militare
nel porto di Fiume. Durante le manovre il
battello si incagliò nei pressi di un'isola e fu
catturato dagli austriaci. A bordo si trovava in
servizio, come tenente di vascello, il
patriota istriano Nazario Sauro che,
riconosciuto, venne condannato all'impiccagione
e pagò con la vita il suo ardente irredentismo. |
● Marconi sperimentò nel Golfo la radiotelegrafia |
Nel 1897 il Golfo della Spezia fu teatro di
importanti esperimenti sulla trasmissione delle
onde radio ad opera di Guglielmo
Marconi. Il ventenne scienziato aveva già
scoperto la radiotelegrafia nella primavera del
1895 dopo aver compiuto alcune prove per l'invio
di segnali senza l'utilizzo di fili. La cosa era
avvenuta a Pontecchio, |
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nel Bolognese, dove la famiglia Marconiera
proprietaria di una villa.
I risultati raggiunti da Marconi nelle sue prime
sperimentazioni vennero portati all'attenzione
del governo italiano il quale, però, non li
tenne in dovuta considerazione.
Il geniale inventore si era perciò recato in
Inghilterra dove aveva ricevuto aiuti economici
per perfezionare i propri apparecchi.
I successi ottenuti all'estero fecero fare
subito retromarcia ai nostri governanti e, per
iniziativa del |
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ministro della Marina, Marconi venne invitato a
tornare in Italia per effettuare esperimenti di
radiotelegrafia a bordo di unità della flotta
militare. In quello stesso anno, il genio
italiano dette pratiche dimostrazioni
dell'importanza della sua scoperta con trasmissioni di segnali
tra la terraferma e la nave San Martino che era distante 18
chilometri. La cosa era avvenuta utilizzando delle apparecchiature
che lui stesso aveva installato presso l'Arsenale della Spezia.
Per le sue esperienze di radiotelegrafia Marconi
aveva a disposizione anche l'incrociatore
corazzato "Carlo Alberto" che era stato
accessoriato con una fitta trama aerea di
antenne e di cavi elettrici.
Dal luglio al dicembre del 1902 lo scienziato
svolse, a bordo di questa unità navale, una
storica campagna scientifica, spostandosi anche
nel Mare del Nord, nel Baltico, nell'Atlantico e
nel Mediterraneo.
Con i suoi esperimenti riuscì perciò a
dimostrare che regolari comunicazioni
radiotelegrafiche potevano avvenire tra la sua
nave e le stazioni a terra, anche a grandi
distanze e con l'interposizione di zone montagnose.
Marconi fu più volte ospite alla Spezia perché
L'Arsenale era un'ottimale base di appoggio per
verificare e perfezionare le sue
apparecchiature.
Il 26 settembre del 1912 fu anche protagonista
di un serio incidente stradale, nei pressi di
Borghetto Vara, mentre stava viaggiando con la
moglie alla volta di Genova. Scontratosi con
un'altra autovettura, che stava procedendo in
direzione opposta, riportò importanti ferite alla
testa e, per questo motivo, venne poi
trasportato all'ospedale militare della Spezia.
Nell'incidente aveva subito una grave contusione
oculare tanto che il 18 ottobre dovette essere sottoposto ad
una operazione per estirpare l'occhio destro.
Maggiori dettagli sugli esperimenti compiuti alla Spezia
da Marconi |
● La nave Stella Polare donata
all'Arsenale Marittimo |
Il 26 gennaio del 1901 arrivò in Arsenale la
nave "Stella Polare" con la quale Luigi
Amedeo di Savoia, Duca degli Abruzzi,
insieme ad altri ardimentosi compagni, effettuò
una celebre spedizione polare artica.
Dal luglio del 1899 al settembre del 1900
l'imbarcazione navigò attraverso l'Arcipelago
Francesco Giuseppe e riuscì a toccare la
latitudine più alta mai raggiunta da una nave
(82° e 4'). Poco dopo una spedizione partita
dalla nave e comandata da U. Cagni si spinse
ancora più a nord, toccando la latitudine 86° e
34'.
Il Duca degli Abruzzi, al ritorno dai ghiacci
polari, decise di donare la storica nave
all'Arsenale Marittimo della Spezia affinché vi
fosse conservata come cimelio della eccezionale
impresa. Per l'occasione vennero preparati nel
Golfo dei vistosi festeggiamenti. L'avvenimento
fu celebrato anche per le strade della città
dove, la sera del 26, si svolsero cortei e
fiaccolate in onore dei reduci della spedizione
che erano presenti alla Spezia.
Purtroppo la Stella Polare andò distrutta
parecchi anni dopo. Si salvarono solamente
alcuni cimeli che vengono conservati nel Museo
Navale. |
● Nel 1922 lo scoppio della
polveriera di Falconara |
Il 29 settembre del 1922, alle ore 3 del mattino,
durante un temporale un fulmine cadde sulla
polveriera di Falconara presso Pitelli
determinando lo scoppio delle 1500 tonnellate di
munizioni ed esplosivi che vi erano custoditi.
Il Forte di Falconara era diventato un deposito
di polveri ed artiglieria al termine della
Grande Guerra.
Lo spostamento d'aria fu impressionante e
la deflagrazione lanciò a grande distanza
un'enorme massa di terra e pietrame che poi
ricadde in un vasto raggio dalla polveriera
colpendo abitazioni, terreni, strade e persone.
Il disastro provocò danni simili a quelli di
una bomba atomica. Si contarono subito 150
vittime ed un centinaio di feriti, alcuni dei
quali morirono in seguito alle gravi lesioni
riportate.
Le zone maggiormente colpite furono quelle di
Muggiano, Pitelli e San Terenzo, ma
tantissimi altri territori del Golfo riportarono
sofferenze. Il boato fu talmente potente da
essere udito anche in Lunigiana. L'enorme massa
d'aria spostata riuscì a rompere perfino i vetri
di alcune case di Ortonovo.
A causa della pioggia torrenziale tutto il
comprensorio vicino alla polveriera venne
ricoperto da una spessa fanghiglia giallastra.
Nel luogo dove sorgevano i possenti bastioni
restò un largo e profondo cratere, come il cono
di un vulcano.
La disastrosa esplosione suscitò vasta eco in
tutta l'Italia. Nelle zone colpite da questa
immane tragedia il 24 maggio del 1923 arrivò
in visita anche Vittorio Emanuele III. Il re
raggiunse Lerici e San Terenzo a bordo di una
torpediniera partita dalla Spezia.
Lungo la strada che da Pitelli porta ad
Arcola ancora oggi si può vedere,
perfettamente conservato, uno dei grandi massi
che raggiunsero quella zona. Sopra vi è stata
apposta una targa commemorativa della Pro Loco
la quale ricorda che un sasso più piccolo arrivò
al Pin Bon e fu riutilizzato per costruire il
muro di cinta di una casa.
Nell'epigrafe si legge anche che, rispetto a
San Terenzo, Pitelli subì danni minori e
pertanto i contributi governativi arrivarono con
un certo ritardo. Grazie ad una sottoscrizione
pubblica la città di Genova raccolse dei
fondi con i quali venne ricostruita a
nuovo la locale scuola elementare, in uso
ancora oggi, che per l'occasione venne
intitolata "A Genova". |
● La Spezia aveva i propri
stabilimenti balneari... |
Un tempo, quando ancora l'acqua del mare conservava
una certa purezza, La Spezia aveva i propri
stabilimenti balneari, non diversamente
dagli altri centri della riviera ligure.
Cominciò ad averli nella seconda metà
dell'Ottocento e li conservò per circa un
centinaio di anni, finché scomparvero ad uno ad
uno per i più svariati motivi. Gli spezzini
cessarono così di fare il bagno nel mare di casa
e diventarono clienti di altre località
balneari, vicine e lontane.
I bagni del passato si protendevano in mare
come pontili ed erano sorretti da palafitte,
come le abitazioni degli uomini primitivi.
Costruiti in legno stagionato, avevano ingressi
eleganti e facciate scenografiche (archi, fregi,
balaustre, pinnacoli), rotonde e luoghi di
ritrovo, lunghe file di cabine, scalette e
trampolini, nonché spiaggette artificiali con
tanto di sabbia.
Tra i loro nomi citiamo: lo stabilimento
balneario "Selene"; lo stabilimento
"Bagni Eden e Nettuno"; lo stabilimento
balneario "Iride".
I clienti raggiungevano i bagni in carrozza,
finché non ci fu la comodità del tram. Nello
stesso tratto di costa non mancavano i bagni
popolari, zone di mare libero, senza sabbia,
senza palafitte, senza cabine.
Gli spezzini amavano fare il bagno e prendere il
sole al Porto Nuovo, a Fossa Mastra (Fossamastra),
al Canaletto... |
● Conosciuto anche come il «Golfo dei
Poeti» |
La decisione di trascorrere l'estate del 1822 a San
Terenzo fu presa dal poeta Percy Bysshe Shelley
quando si trovava a Pisa con la moglie Mary Godwin e il figlio Percy Florence, nato durante
il soggiorno della coppia a Firenze. Poiché la
stagione era molto calda, temendo che il bimbo
potesse soffrirne, gli Shelley decisero di
trasferirsi a San Terenzo dove due loro amici
(Edward e Jame Williams), conosciuti nella città
toscana, avevano preso in affitto la casa Magni
(oggi chiamata "Villa Shelley").
Dal portico di quella abitazione il poeta
ammirò, come da un palco di proscenio, i grandi
spettacoli della «baia divina» di Lerici,
l'antico gregge, popolano e nobile, delle
case
di San Terenzo ove amò sognare e scrivere
all'ombra di un leccio. |
|
LERICI - Panorama prima di un temporale |
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«La scena era davvero di una bellezza
inimmaginabile. La distesa azzurra delle acque, la baia
quasi del tutto circondata dalle coste, con il vicino
castello di Lerici che la chiude a est, e Porto Venere a
ovest in distanza...» |
Percy
Bysshe Shelley |
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Da lì, molto spesso, dava vento alle vele della
sua imbarcazione per vagabondare nelle acque del
golfo. Fece così anche il primo luglio del 1822,
quando con lo schooner Ariel salpò alla
volta del porto di Livorno per non tornare mai
più. Infatti, dopo avere soggiornato a Pisa da
alcuni amici, l'8 di luglio intraprese il
viaggio di ritorno assieme a Edward Williams ed
un giovane mozzo, ma venne sorpreso da una
tempesta che causò l'affondamento della sua barca.
Benché sconsigliato dagli amici, Shelley
aveva voluto ugualmente prendere il mare, ma le
onde erano ben presto diventate troppo grosse per
il suo leggero natante.
I tre annegarono nella acque della costa tra
Migliarino Pisano e Torre del Lago e il corpo
del poeta venne dissotterrato il 16 di agosto ed
identificato da Byron ed altri amici. Gli stessi
provvidero al rito della cremazione e alla
raccolta delle ceneri che vennero poi tumulate a Roma.
George Gordon Byron fu un altro dei poeti
che rimasero ammaliati dalle bellezze naturali
del Golfo della Spezia anche se, nella
baia di Lerici,
abitata un tempo da semplici pescatori
(lontani perciò dal mondo culturale e
dell'arte), diventò popolare soprattutto per le
sue doti di nuotatore.
Si tramanda che un giorno avesse attraversato
l'intero golfo spezzino, nuotando da
Portovenere
fino alla riva di
San
Terenzo, dove alloggiava
il suo amico Shelley. Leggenda o non leggenda,
in memoria di questa impresa (veramente ardita
per l'epoca), ogni anno si svolge nelle stesse
acque un'importante gara natatoria, la "Coppa
Byron". |
Il Premio "Lerici Pea" |
Il
Premio “Lerici Pea”, giunto nel 2016 alla
sua sessantaduesima edizione, è oggi riconosciuto
come uno dei Premi di poesia maggiormente
rappresentativi nel panorama letterario
nazionale ed internazionale.
Diffondere, promuovere e valorizzare la poesia in Italia
e nel mondo è il fine degli organizzatori, che
grazie all'esperienza sempre più consolidata
della Proprietà e al fondamentale apporto di una
giuria di comprovata professionalità, continua
anno dopo anno nel perseguire questa missione,
organizzando una manifestazione strutturata in
più appuntamenti.
Il Premio nacque fra il 1952 e il 1954 per volontà di
Renato Righetti, Giovanni Petronilli e Marco Carpena,
ai quali si aggiunse presto Enrico Pea; dal 1985 il
Premio venne gestito da Alberta Andreoli, intellettuale
milanese, sino al 1996, mentre dal 1998 ad oggi,
sono proprietari del Premio: Adriana Beverini,
Mayda Bucchioni, Lucilla Del Santo, Pier Gino
Scardigli, Pia Spagiari.
Il Premio ha goduto, negli anni, del
Patronato del Presidente della Repubblica
Italiana ed è sostenuto dalla Regione Liguria,
Fondazione Cassa di Risparmio della Spezia,
Comune di La Spezia,
Comune di Lerici.
Le Sezioni del Premio sono attualmente 5: Edito,
Liguri nel Mondo, Paolo Bertolani, Lucia
Roncareggi e la Sezione forse più nota a livello
internazionale, conosciuta come Premio alla
Carriera. |
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Fonte: Segreteria del Premio -
segreteria@lericipea.com |
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|
Nel 1933 il poeta Marinetti sfidò tutti i
poeti d'Italia sul tema «Golfo della
Spezia». Una giuria composta da Vittorio Orazi,
Enrico Prampolini, Fillia, Angiolo Mazzoni e
Manlio Costa esaminò attentamente le opere
inviate da 22 poeti italiani che avevano
accettato la sfida. I giudici, compiacendosi del
valore letterario di molti tra questi poemi, ne
scelsero 14 per la declamazione comparata che
ebbe luogo al teatro Civico della Spezia il 3
e 4 ottobre.
Il 9 ottobre la giuria per la sfida poetica
lanciata dall'accademico Marinetti per la
glorificazione del Golfo della Spezia, proclamò
vincitore assoluto lo stesso Marinetti per il
poema «Meriggio del Golfo della Spezia». I
giudici ritennero inoltre ammirevoli per
originalità, sintesi e ispirazione,
classificandoli primi in ordine di merito, i
poemi di Corrado Govoni, Farfa, Giuseppe
Steiner, Ignazio Scurto e Renato Righetti. |
● Il Palio del Golfo |
E' una gara remiera che si svolge alla Spezia
nella prima domenica del mese di agosto. Alla sfida,
che avviene all'interno della diga foranea, nel
tratto di mare compreso tra il Molo Italia e la
Passeggiata Morin, prendono parte le tredici
borgate che si affacciano sul Golfo:
Tellaro,
Lerici, Venere Azzurra, San Terenzo, Muggiano,
Canaletto, Fossamastra, CRDD (Circolo Ricreativo
Dipendenti Difesa), Cadimare, Marola,
Fezzano, Le Grazie e Portovenere.
Fino al 1961 partecipava alla competizione anche
l'armo di |
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PALIO DEL GOLFO - Sfilata degli armi |
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Bocca di Magra (frazione di Ameglia) che in seguito
non è più sceso in acqua a causa della cessazione
dell'attività sportiva.
Il «Palio» è costituito da un drappo che su
un lato porta gli stemmi araldici dei comuni di
Lerici, La Spezia e |
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e Portovenere e sull'altro la figura di San Venerio, patrono
del Golfo. La borgata vincitrice lo conserva per un
anno nella sua sede sportiva.
Le origini del Palio risalgono a quando i
pescatori del Golfo si sfidavano tra loro con le
imbarcazioni utilizzate per il lavoro
quotidiano. Semplici gozzi liguri che si tentava
di far arrivare primi a terra, con tutto il
pescato, onde avere la precedenza nello scarico
e, di conseguenza, fruire di possibili maggiori
guadagni. La prima gara remiera documentata risale al 1925.
Altri tempi perché oggi le imbarcazioni (a
sedile fisso) in gara
sono opera di veri e propri artisti dello scafo,
che le rendono molto sofisticate e ricercate. Il
confronto tecnologico e la competizione tra
progettisti, costruttori e scuole di marineria
sono ai massimi livelli, anche perché i vogatori
si allenano duramente e concentrano in poco più
di dieci minuti l'attività di tutta una stagione. |
Borgate vincitrici del Palio negli anni duemila |
2000 - Marola |
2009 - Canaletto |
2018 - Fezzano |
2001 - Marola |
2010 - Cadimare |
2019 - Cadimare |
2002 - Marola |
2011 - Muggiano |
2020 - Non disputato |
2003 - Marola |
2012 - Lerici |
2021 - Fossamastra |
2004 - Fezzano |
2013 - Marola |
2022 - Fezzano |
2005 - Marola |
2014 - Le Grazie |
2023 - Fezzano |
2006 - Marola |
2015 - Fezzano |
2024 -
Muggiano |
2007 - Cadimare |
2016 - Marola |
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2008 - Muggiano |
2017 - Lerici |
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Dati riferiti alla categoria "seniores" |
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In aggiunta alla categoria seniores, dal 1964
c'è un'apposita gara anche per le giovani leve (juniores) e
dal 1995 scendono in acqua anche gli equipaggi femminili.
Completano il programma altre sfide minori che
possono variare di anno in anno.
Il Palio si disputa nell'ambito della
"Festa del Mare" ed è preceduto da una
sfilata allegorica lungo alcune vie
cittadine cui prendono parte molti residenti
nelle varie borgate. Nella serata del dopogara va in scena
un grande spettacolo pirotecnico che illumina
tutto il circondario. Per questo motivo, al di
là del fatto agonistico (sicuramente il più
sentito dagli spezzini), il Palio del Golfo è
diventato il punto centrale di tutta una serie
di attività folcloristiche e di riscoperta degli
usi e costumi locali. |
● Nel 1906 arrivò alla Spezia il circo
di Buffalo Bill |
Il 17 marzo del 1906 La Spezia respirò il clima del
Far West e si trasformò in una città di
frontiera. Arrivò infatti nel Golfo un
grandioso circo equestre per il cui
trasporto furono necessari quattro treni
speciali. La carovana era composta da 1300
uomini e cavalli più un centinaio di indiani
della tribù dei Sioux. L'organizzatore di questo
fantastico spettacolo era il Colonnello Cody,
meglio conosciuto come Buffalo Bill, il
leggendario cacciatore di bisonti, il tiratore
infallibile, l'eroe di tante avventure.
Costui, dopo aver fatto da guida sulle assolate
piste delle praterie alle carovane dei pionieri
e agli squadroni della cavalleria americana,
aveva deciso di guidare (sulle meno pericolose
e più remunerative piste europee) uno spettacolo
viaggiante che richiamava al selvaggio West.
Come annunciato da una locandina dell'epoca,
tra i "cavalieri più audaci del mondo" non
c'erano solo americani ma anche asiatici,
africani e i cosacchi della steppa.
La sera del 17 marzo un migliaio
di spezzini assistette a danze di guerra,
ad attacchi alle diligenze e alle carovane, alla
fedele riproduzione della battaglia di "Little
Big Horn", l'ultimo combattimento del
Generale Custer. Naturalmente il più ammirato
fu Buffalo Bill, mentre centrava una
serie di bersagli sparando da un cavallo
lanciato al galoppo.
Per la cronaca i posti a sedere costavano una
lira e venti centesimi, i posti riservati cinque
lire. |
● Nel 1910 transitò nel golfo Theodore Roosevelt |
Alle ore 8,31 del 7 aprile 1910 giunse alla stazione
ferroviaria della Spezia, proveniente da Roma,
l'ex presidente degli Stati Uniti Theodore
Roosevelt. Ad accoglierlo c'erano il
sindaco dott. Di Negro e il sottoprefetto
conte Bardessone i quali invitarono l'illustre
ospite a soffermarsi per un giorno in città.
Inizialmente l'ex presidente si disse
dispiaciuto di non poter accettare l'invito
perché intendeva ripartire immediatamente in
carrozza verso Genova per
poter ammirare l'incantevole panorama della Riviera Ligure di
Levante. All'uscita della stazione l'attendeva
già un landeau a tre cavalli.
Roosevelt però cambiò idea perché la moglie voleva
dare un sguardo alla città e quindi,
accondiscendendo a questo suo desiderio, accettò di servirsi della carrozza di
gala, messa a sua disposizione dal sindaco, per
poi recarsi all'Hotel di Malta.
In albergo i coniugi Roosevelt si affacciarono
ad una finestra |
|
LA SPEZIA - Piazza Europa |
|
della loro suite,
da dove si poteva godere di una splendida vista
sul Golfo della Spezia, indi scesero
nel gran salone da pranzo e presero
posto in un tavolino d'angolo, sempre vicino ad
una finestra panoramica. La signora Roosevelt
venne |
|
omaggiata con un bellissimo
mazzo di viole che mostrò essere di suo gradimento.
Alle 10,45, gli illustri ospiti, ossequiati
dai presenti e salutati con affetto dalla
popolazione affollante le adiacenze
dell'albergo, salirono in carrozza per dirigersi
verso Sestri Levante, dove l'ex presidente Usa
aveva intenzione di soffermarsi prima di
proseguire il suo viaggio verso Porto Maurizio.
Theodore Roosevelt fu il 26° presidente
degli Stati Uniti d'America e tuttora è la
persona più giovane ad aver ricoperto tale
carica. Venne infatti eletto il 14 settembre
1901, quando aveva 42 anni, essendo nato a New
York il 27 ottobre del 1858. Nel 1906 ricevette
il premio Nobel per la pace.
Il suo volto è uno di quelli scolpiti sul
celebre monte Rushmore, dove compare assieme
a quelli di George Washington, Thomas Jefferson
e Abraham Lincoln.
La consorte che lo accompagnava in questo
viaggio in Liguria era Edith Kermit Carow,
sposata in seconde nozze a Londra nel 1886, dalla quale
ebbe cinque figli. La prima moglie era scomparsa in
giovane età a causa di una grave malattia. |
● Portovenere e Lerici, le due perle
turistiche |
PORTOVENERE
- Fu un probabile scalo delle triremi
romane e poi della flotta bizantina. Come base
fortificata divenne importante soprattutto a
partire dal XII secolo, allorché i
signori di Vezzano Ligure
la cedettero ai Genovesi. In quell'epoca
l'abitato e il «castrum vetus», arroccati
sulla punta di San Pietro, vennero cinti con
nuove costruzioni difensive e prese corpo un
nuovo borgo, tagliato al centro dal «caruggio»,
tuttora esistente. Durante il dominio genovese
venne edificata anche la grande Chiesa di San
Lorenzo e creata una nuova potente difesa
costituita dal Castello superiore, giunto fino
ai nostri giorni con le fattezze del XVI secolo
e gli ampliamenti dei secoli XVII e XVIII. Con
la cortina delle sue case-torri, con le mura che
cingevano il borgo, con il Castello e le difese
naturali, costituite dai dirupi rocciosi,
Portovenere fu considerata per lungo tempo una
fortezza inespugnabile. Rimase tale finché non
divennero sempre più diffuse e micidiali le
bocche da fuoco. In epoca napoleonica il
Castello venne declassato ed adibito a prigione.
La Chiesa di San Lorenzo risale al XII secolo e
conserva la «trave delle reliquie»,
un'asse in cedro del Libano lunga circa tre
metri e profondamente incavata. Secondo la
tradizione il mare la sospinse prodigiosamente
fin sulla costa di Portovenere dove spiaggiò nel
1204. Il suo incavo custodiva preziosi oggetti
sacri (un vero tesoro) e reliquie della
Terrasanta, tra le quali figuravano le ossa di
San Pacomio, il fellah copto vissuto in Egitto
nel IV secolo, che è considerato un fondatore
del cenobitismo.
Sull'estrema punta del promontorio si erge la
piccola
Chiesa di San Pietro, che presenta
uno stile gotico-genovese ed è stata
costruita nel XIII secolo su preesistenti edifici
che si ritiene possano essere stati una chiesa
paleocristiana, un'antica abbazia o forse i
resti di un tempio pagano.
La dedica a San Pietro, pescatore di Cafarnao e
principe degli Apostoli, è associata al fatto
che tantissimi abitanti di Portovenere, fino ai
primi decenni del Novecento, hanno sempre
vissuto solo con i proventi della pesca. La
località era il regno delle reti ed il mare,
pescosissimo sia dentro che fuori dal Golfo,
consentiva, molto spesso, catture abbondanti di
svariate qualità di pesci, crostacei e
molluschi. Nella bassa stagione l'abbondanza
delle prede faceva si che pescatori di altre
zone si trasferissero in loco per molte
settimane o addirittura mesi.
IL BORGO DI LERICI
- E'di origini antichissime e,
nei primi secoli dopo Cristo, era già abitato da
popolazioni liguri dedite alla pesca. Le prime
notizie certe risalgono solo al secolo VIII
quando i pirati saraceni, durante una loro
scorribanda, distrussero la chiesa dedicata a
Santa Maria. Nel 1152 il nome di Lerici
comparirà in un atto ufficiale col quale i
signori di Vezzano vendettero il borgo ai
genovesi, nonostante l'opposizione dei Malaspina,
tradizionali alleati di Pisa. Da quel momento
Lerici acquistò un elevato valore strategico
nella lotta tra le due repubbliche marinare per
il dominio sull'alto Tirreno.
Nel 1241 la sconfitta di Genova all'isola del
Giglio lo riportò sotto il dominio pisano; il
borgo venne cinto di mura difensive e dotato di
un Castello che costituisce tuttora il suo
principale simbolo. Nei secoli successivi il
borgo fu protagonista di alterne vicende che lo
videro sballottato tra vari domini: dapprima
tornò sotto Genova, diventando un baluardo della
Repubblica, alla quale si succedettero: i
Visconti, i Fieschi, i francesi, i fiorentini,
gli Aragonesi, i Fregoso e nuovamente Genova.
Una volta perduta la sua importanza
strategico-militare, Lerici rimase per lungo
tempo solo un piccolo centro dedito alla pesca
e al piccolo commercio.
Agli inizi dell'Ottocento venne scoperto per le
sue naturali bellezze ed il clima mite da
illustri personaggi, che lo resero famoso in
tutto il mondo.
L'antico e pittoresco borgo marinaro, disteso ai
piedi del suo storico Castello, ha conservato
una struttura medievale ed i vari quartieri sono
tagliati dagli stretti «caròbi», assimilabili ai
«carùgi» genovesi.
Nella seconda metà dell'Ottocento, quando
La Spezia vide sorgere l'Arsenale Militare e il
cantiere di San Bartolomeo e il Golfo iniziò ad
ospitare vari stabilimenti industriali, le
maestranze di Lerici e San Terenzo erano tra le
più ricercate per le costruzioni, le riparazioni
e i lavori navali in genere. Il territorio
lericino era infatti, per tradizione, una culla
di gente di mare, non solamente di marittimi e
pescatori, ma anche di abili artigiani (maestri
d'ascia, calafati ecc.) e di piccoli
imprenditori armatoriali.
Al tempo della marineria velica
e poi nell'epoca dei bastimenti a vapore, Lerici
- da sempre covo di lupi di mare - dette sempre
un gran numero di ufficiali e marinai alla
Marina Militare, così come tanti furono gli
uomini che lavorarono in ambito mercantile come
capitani, macchinisti ed altri ruoli di
responsabilità.
A Lerici è caratteristico l'Oratorio di San
Rocco, costruito nel 1287 dal massaro
Palmerino e dedicato ai santi Martino e
Cristoforo, come risulta da una lapide posta sul
campanile adiacente. L'intitolazione a San Rocco
risale al 1524 (anno in cui l'edificio venne
anche ingrandito) ed avvenne in segno di
ringraziamento della popolazione per essere
stata protetta da una grave pestilenza. Verso la
metà del XVII secolo iniziò ad ospitare la sede
di una confraternita che aveva lo scopo di
seppellire e pregare per i morti abbandonati e i
naufraghi. Il campanile in stile gotico venne
eretto nel XV secolo da maestranze genovesi.
La parrocchiale di San Francesco fu costruita
nel 1636 sulle rovine di quella preesistente
del Trecento, della quale rimane una colonna
marmorea collocata all'inizio del piazzale
antistante la chiesa, la statua di San Francesco
posta sul portone d'ingresso e le statue
dell'Assunta e di San Bernardino che ornano la
sagrestia. L'edifico, che presenta una
costruzione a croce latina ed una facciata in
stile barocco, con tre porte d'ingresso, dal
1980 è anche identificato come Santuario di
Nostra Signora di Maralunga.
Il Castello è una delle più ardite
fortificazioni militari del periodo
medievale. Situato su uno
sperone roccioso a sud-ovest del borgo, ha una struttura
a pianta poligonale irregolare a causa dei potenziamenti
e degli ampliamenti che si sono succeduti nel
corso del tempo. L'impianto architettonico e
comunque prevalentemente di stile pisano. A est
della fortezza è inserita una torre pentagonale
in pietra locale, che ingloba una primitiva
torre costruita in bozze nere regolari. Le due
torri sono collegate tra di loro da una serie di
archetti in pietra bianca e nera.
All'interno del corpo principale del castello si
trova la Cappella di Santa Anastasia,
iniziata dai Pisani e portata a termine dai
Genovesi, in forme gotiche, nel 1200. |
● San Venerio è il patrono del Golfo
della Spezia |
Nel 1959 Papa Giovanni XXIII, con una lettera
del 24 ottobre, nominò il santo eremita Venerio
patrono di tutto il golfo lunense. L'anno
successivo, in occasione della ricorrenza della
festività di San Venerio, fissata per il 12
settembre, una preziosissima reliquia del santo
venne consegnata dall'allora vescovo di Reggio
Emilia al vescovo della Spezia per essere
conservata in perpetuo nel Golfo. Il capo di San
Venerio, contenuto in un prezioso reliquiario,
nel 1960 fu trasportato da Reggio Emilia
all'isola del Tino con solenni cerimonie. Indi
venne spostato a Portovenere e poi
trasferito nella pieve di San Venerio.
Una nuova collocazione lo vede nella
Cattedrale di Cristo Re alla Spezia fino al trasporto
finale in un luogo più sicuro.
Nato nell'isola Palmaria nella seconda
metà del VI secolo, Venerio fu attratto, ancora
giovane, dalla vita dei monaci che vivevano in
povertà, meditazione e penitenza, nel vicino
monastero di Portovenere.
Fu dapprima un buon marinaio, come in genere
tutti gli abitanti delle isole, ma non disdegnò
la coltivazione della terra e il traffico fatto
per mare nel Golfo e lungo la costa; secondo
tradizione |
|
popolare, fu lui ad introdurre la vela latina
nella zona del Golfo, perché la ritenne
adatta ai venti che qui soffiano e
vengono poi rimandati indietro dalle catene dei
monti circostanti.
San Venerio è stato anche il primo fanalista
nel golfo della Spezia in quanto era solito
accendere fuochi sulla sommità dell'isola del
Tino per indicare ai naviganti la via giusta
nelle notti di tempesta.
Durante il periodo in cui visse nel |
|
monastero di Portovenere fu nominato abate da papa
Gregorio Magno e dal vescovo di Luni, Venanzio.
Nella sua vita fu autore di molti prodigi che
vennero tramandati dagli agiografi
come dei veri e propri miracoli.
La sua attività non fu legata solo al golfo della
Spezia infatti, per un certo periodo, si
trasferì in Corsica per dare vita a nuove
comunità monastiche.
Trascorse gli ultimi anni vivendo in assoluto
romitaggio sull'isola del Tino, in preghiera e
meditazione, lontano dalle passioni umane fino
alla morte, avvenuta presumibilmente nell'anno 630.
La leggenda racconta che furono gli angeli
stessi a scendere dal cielo e darvi sepoltura.
Più verosimilmente alla sua provvisoria
sepoltura provvide il vescovo di Luni (Lucio) il
quale fece erigere sul luogo una cappella,
ancora oggi meta di pellegrinaggio popolare. |
Fonti:
Insieme in Liguria - Luoghi d'arte, musica e teatro -
a cura della Regione Liguria;
Il Secolo XIX - Speciale turismo La Spezia;
La Liguria - Istituto Italiano Edizioni Atlas SpA;
Il Secolo XIX - La mia terra;
La Nazione - Album della Spezia -
a cura di Giorgio Batini;
La Nazione del 18-08-2019 - Articolo "I
150 anni dell'Arsenale Militare";
Guida insolita... della Liguria - Newton Compton Editori;
Il Secolo XIX - La mia gente;
1886-1896 - Cento anni de "Il Secolo XIX";
Golfo della Spezia - Guida Sagep - Sagep Editrice Genova;
Arsenale Militare della Spezia - Mostra
"Da Cavour alla Cavour";
Volume "I cento anni dell'Arsenale Militare della
Spezia" |
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Close Up |
Fotografie, eventi, turismo,
storia e news del territorio... |
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Manuale
del cicloturista |
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Per la realizzazione
delle immagini presentate in questo sito gli spostamenti sul
territorio della Lunigiana storica sono stati effettuati con una
bicicletta. In questa piccola guida sono state perciò condensate
varie esperienze logistiche e tecniche derivanti dall'utilizzo
turistico di questo mezzo di locomozione... |
Itinerario cicloturistico con
transito nel Golfo dei Poeti |
|
Si parte da S.Stefano
Magra in direzione della Val di Vara per poi toccare il Parco
Nazionale delle Cinque Terre e il Golfo della Spezia. E' un percorso
a saliscendi e, sulla carta, non ci sono pendenze superiori al 7%.
La massima altitudine, poco sopra i 500 metri di quota, viene
raggiunta all'inizio della Strada Provinciale n° 51 dei Santuari,
lungo la quale si apre un panorama mozzafiato... |
Carta della Lunigiana Storica
Una cartina mostra il
territorio, un tempo abitato dai
bellicosi Liguri Apuani, da dove
parte questo sito... |
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Liguri Apuani e Statue Stele
Le radici più profonde delle
comunità lunigianesi affondano
fino alle soglie della protostoria.
Mari e monti un tempo erano
occupati dalla bellicosa
popolazione dei Liguri Apuani... |
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Tall Ships alla Spezia
Provenienti dalla "Tall Ship's
Race 2007 Mediterranea, da
Alicante a Genova, alcuni fra i
più prestigiosi velieri d'epoca
hanno fatto tappa nel Golfo
della Spezia prima di lasciare
definitivamente il Mar Ligure. |
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Festa
della Marineria
La biennale
manifestazione del
mare, nata nel 2009 alla Spezia,
ha raggiunto il culmine della
popolarità nel 2013 con la
presenza di 35 tra i velieri più
belli del mondo. |
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Antiche ricette in Lunigiana
Piatti prelibati di
una cucina essenziale, ma non per questo meno saporita. Cibi dal
sapore antico che tornano ad imbandire le nostre tavole dopo
essere stati riscoperti a nuova vita. |
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Vini DOC delle Cinque Terre
Insieme all'ulivo,
la vite è la coltura più antica della Liguria. Il fiore
all'occhiello della regione sono i vini delle Cinque Terre, ai
quali toccano le prime citazioni storiche, risalenti ai tempi
dei romani... |
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Alluvioni in Liguria dal 1894
In Liguria i
disastri legati al
maltempo sono determinati da
tanti fattori. Alluvioni e
devastazioni operate da corsi
d'acqua impazziti, violente
mareggiate e frane sono da
sempre una costante del territorio... |
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Nubifragio del 25/10/2011
Un evento
atmosferico di eccezionale portata ha dato luogo a forti
precipitazioni nel Levante ligure e nell'alta Toscana. Come
conseguenza, le esondazioni di canali, torrenti e fiumi hanno
originato una vera e propria apocalisse... |
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Liguria regione ad elevato
rischio idrogeologico
Secondo uno studio di
Legambiente in Liguria sono
molti i territori che risultano
fragili ed esposti ad un elevato
rischio idrogeologico... |
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...L'eterna canzone del mare
si snoda nel bacio del sole
in faccia a Palmaria lontana
al Tino di mare fluttuante.
(Eoa
Rainusso) |
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La ricette del Golfo |
La cucina
della Spezia, un po' come quella di tutta la
Liguria, è sostanzialmente semplice, fatta con ingredienti
poveri, molto spesso di produzione locale, ma sicuramente
genuina e saporita.
La «mesciüa» è con tutta probabilità la ricetta
spezzina più famosa a livello nazionale, un
piatto che nasce dalla mescolanza di legumi e
cereali più conosciuti (fagioli, ceci, grano ecc.),
prodotti essenziali dell'agricoltura
e ingredienti tipici dell'alimentazione mediterranea.
Una "mescolanza" in cui sembra essere riassunta la
realtà materiale dei Liguri che non furono solo
pescatori, marinai, olivicoltori, ortolani ma che
tutti quei ruoli interpretarono insieme per vivere.
Tradizione vuole che la mesciüa un tempo fosse il cibo
abituale degli scaricatori del porto i quali recuperavano
per cucinarli i prodotti agricoli che potevano fuoruscire
accidentalmente dai sacchi movimentati. |
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La mesciüa |
Ingredienti
per 4 persone |
500 gr. di ceci secchi;
250 gr. di fagioli cannellini secchi; 150 gr. di grano
farro, olio extravergine di oliva, pepe nero e sale quanto
basta. |
Si mettono a bagno in acqua abbondante
i ceci, almeno 12 ore prima di cuocerli; la stessa cosa si fa per i
cannellini, ma soltanto per un paio d'ore e il grano farro
per trenta minuti.
Si fanno bollire i ceci ben scolati in abbondante acqua
salata per almeno un'ora, poi si aggiungono i cannellini
scolati e si fanno bollire per circa 20 minuti assieme ai
ceci. A questo punto si aggiunge il grano farro e si lascia
cuocere il tutto per un altro quarto d'ora.
Si assaggiano i tre ingredienti per portarli alla giusta
cottura, considerando che il grano deve rimanere un po' al dente.
La mesciüa va servita in terrine fonde, versandovi sopra
olio extravergine d'oliva e pepe nero macinato al momento. |
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La Spezia, pur essendo vissuta per molti anni sulla
produzione e il commercio del sale, sulla pesca e sulla
vendita di prodotti ittici del Golfo, non ha una grande
varietà di piatti a base di pesce fresco, se si
escludono le acciughe e i mitili (muscoli).
La loro cucina avviene friggendoli, unendoli a dei ripieni,
in bianco, marinati o conservati sotto sale e olio. |
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Acciughe alla Spezzina |
Ingredienti
per 4 persone |
500 gr. di
acciughe appena pescate; 300 gr. di patate; 200 gr. di
pomodori freschi, pelati e privati dei semi; 1 spicchio
d'aglio; 1 cucchiaio di origano; 8 cucchiai di olio
extravergine di oliva; una manciata di prezzemolo e sale
quanto basta. |
Sbucciare le patate e
tagliarle sottilmente. Ungere una teglia di media grandezza
e stendervi le patate in uno strato uniforme.
Decapitare e diliscare le acciughe; lavarle e stenderle
sopra le patate.
In una terrina preparare una salsa con parte dell'olio,
l'origano ed un trito d'aglio e prezzemolo; salare
leggermente.
Cospargere le acciughe con questa salsina, aggiungendo
anche i pomodori tritati grossolanamente. Condire il tutto
con l'olio rimasto e passare al forno per 30 minuti ad una
temperatura di 200°. |
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Va menzionata anche la grande famiglia del baccalà e
dello stoccafisso, quest'ultimo preparato in molte
versioni, quasi sempre in umido, come le seppie.
Un cenno particolare deve
però essere fatto alla zuppa di datteri (piatto eccelso
in quel di Lerici e Portovenere) e alle frittelle o
frittata di bianchetti «gianchetti»,
le cui consumazioni sono di fatto impedite dalle leggi vigenti. Per i primi la
raccolta in mare aperto è proibita. Ci sono in atto alcuni tentativi
di coltivazione artificiale che, al momento, stanno
producendo scarsi risultati. La pesca dei industriale dei bianchetti
è invece vietata da un regolamento europeo entrato in vigore
nel 2006. Una deroga potrebbe essere concessa per il
novellame destinato al consumo umano, ma l'Italia non ha
ancora un piano di gestione approvato dalla Commissione
Europea. |
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I fantasmi di Sem
Benelli |
Quando giunse
il successo inatteso de «La cena delle beffe»
in pochi si chiesero dove e come il poeta drammatico Sem
Benelli avesse messo nero su bianco quel testo fino a
farlo divenire rappresentabile.
Va perciò ricordato che i fantasmi del suo sogno d'autore
vennero fermati su carta a San Terenzo, fra le mura di
quella che viene chiamata la «Torretta dei Poeti»,
nel vasto parco di Villa Marigola. Sulla facciata di
questa torre ottagonale, spicca dal 26 agosto 1953 una
lapide che recita così: "In questa
torre, allora solitaria e nuda, a lungo dimorò Sem Benelli
che al cospetto del Golfo mirabile maturò il suo estro
creatore. Dal cupo recesso, dall'onda sommossa, dal
multiforme cielo, trasse tormentate figure cui seppe dare
non effimera vita, su quel palco incantato dove i sogni
dell'arte son vita, perché la vita è sogno".
Dopo quel periodo, Sem Benelli scelse come residenza
definitiva la cittadina di Zoagli, a testimonianza del suo
profondo amore per la Liguria. Ma non dimenticò mai gli anni
della «Torretta» e un giorno confidò ad un amico che, a
Parigi, dopo la prima della Cena delle Beffe (un vero
trionfo), tornando in albergo pianse come un bambino
ricordando quel proficuo periodo.
Il poeta scomparve a Zoagli nel dicembre del 1949, lasciando
un ricordo indelebile nella comunità locale la quale, per
altro, gli aveva sempre dimostrato affetto ed ammirazione.
Nella sua stanza funebre ci fu una vera processione di
ammiratori, letterati, personaggi illustri, artisti, tra i
quali lo scultore Italo Primi che fece la maschera del poeta.
Qualcuno lesse ad alta voce il telegramma fatto pervenire
dal Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi:
"Con la scomparsa di Sem Benelli
tace una voce che nel teatro italiano ha avuto profonda
risonanza per novità d'ispirazione e di ritmi. Mentre il
Paese piange la memoria del poeta, tengo ad esprimere ai
famigliari il mio personale cordoglio". |
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A Lerici
...un muro di vento azzurro
ci separa dal mondo
(Francesco Tonelli) |
...un
mur de vent blu ciel
nous separe du monde |
...a
blue wind wall
divides us from the world |
...eine
mauer von blauem wind
trennt uns von der welt |
... un
muro de viento azul
nos separa del mundo |
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Vita beata a
S.Terenzo |
Paolo
Mantegazza, fu un grande antropologo, patologo,
igienista, che scrisse numerose pubblicazioni scientifiche e
fondò la prima cattedra italiana di antropologia e il museo
antropologico ed etnologico di Firenze. Deputato e senatore,
trascorse lunghi periodi della sua vita a San Terenzo, di
cui amò e divulgò sempre le bellezze.
Un giorno, alla richiesta di dove fosse e cosa
rappresentasse per lui San Terenzo, l'illustre uomo di
scienza così rispose: "E' uno dei più belli e cari
paradisi che nasconde nelle sue coste quel mare, in cui sono
nate due cose grandi e belle: la civiltà greco-latina e
Venere; che è come dire le due più grandi gioie della vita
umana: la scienza e l'amore.
San Terenzo è un nido nascosto fra due oceani azzurri,
quello del cielo e quello del mare; nessun bagno vi è di più
poetico, più fresco, più adamantino; è come tuffarsi nello
zaffiro liquido.
L'aria non vi è mai troppo fredda nell'inverno, nè troppo
calda nell'estate: è un alternar sempiterno di tiepide
frescure e di freschi tepori, che incanta, che solletica,
che innamora.
Le palme, i cedri, le rose vi crescono e vi prosperano come
in casa propria. Ed io, modesta e fragile pianta umana, vi
prospero da un quarto di secolo, sperando di prosperarvene
un altro quarto. Ecco cos'è e dov'è San Terenzo..." |
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Pescare con la sciabica |
San Terenzo è
sempre stato un attivo centro di pescatori. Nel corso dei
secoli la maggioranza dei santerenzini ha trascorso la
propria vita sulle barche, vivendo con i proventi del mare.
Un particolare tipo di pesca, utilizzato con un certo
successo dai vecchi pescatori locali, era la «sciabica».
Questo metodo prevedeva che la mattina presto, o al
tramonto, le reti venissero distese circolarmente nella
baia, assicurate a dei canapi. Trascorso un certo tempo, i
pescatori iniziavano lentamente a ritirare le funi,
camminando a ritroso sulla riva. Le reti erano dotate di un
grosso sacco centrale dove andavano a finire le prede, in un
grande ribollire di schiuma. Una volta trascinati a terra i
pesci, ancora guizzanti, venivano raccolti in grandi ceste
dalle donne del luogo.
In epoche passate la «sciabica» non era solo un fruttuoso
sistema di pesca ma anche un pittoresco ed emozionante
spettacolo. Specialmente nella stagione estiva, il lento
avvicinarsi delle reti richiamava sulla spiaggia numerosi
villeggianti, incuriositi dal balenio argenteo che le
catture provocavano sulle acque. Sulla riva erano presenti
anche piccole folle di ragazzini, dotati di secchielli, ai
quali i benevoli pescatori consentivano di portare a casa le
prede di minore importanza. |
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Il dialetto
spezzino |
Paolo
Bertolani, nato nel 1931 e scomparso il 19 febbraio
2007, era un poeta che amava scrivere versi di rara bellezza
alternando la lingua madre con il dialetto della "Serra", una
piccola frazione collinare alle spalle di Lerici, dal quale la
vista spazia su buona parte del Golfo della Spezia.
Poeta di terra, piuttosto che di mare, le sue rime hanno
decantato la vita semplice ma preziosa della campagna, in
cui vive un'umanità che si è sempre ribellata alla miseria e
alle sofferenze.
Qui sotto una piccola ode che richiama al suo amato borgo... |
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Cos'èi chi vorià die 'stó nome -
Sèra - che 'n dialèto g'è 'n bòtiro
che 'n bóca i se sfa?
Mai na vota ch'a l'àvia dimandà. |
(......) |
De pu me 'mprémia
savée (e tanto pu der die)
che chì a son ciamà,
giutà a vive, a moìe. |
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Cosa vorrà dire questo nome -
Serra - che in dialetto è un burro
che in bocca si scioglie?
Mai una volta che l'abbia domandato. |
(...) |
Di più mi importa
sapere (e tanto più del dire)
che qui sono chiamato,
oltre che a vivere, a morire. |
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Lerici saluta
Genova |
Nel 1923, in
seguito al provvedimento governativo che distaccò dalla
provincia di Genova il Circondario di Spezia per costituirlo
in provincia autonoma, il sindaco di Lerici, in unione al
Consigliere Provinciale di quel mandamento, ing. G.B. Bibolini,
inviò alla deputazione provinciale genovese il seguente
telegramma: "Lerici, per
secoli estremo baluardo della Repubblica Genovese, chiamata
oggi dal Governo Nazionale a far parte della nuova Provincia
della Spezia, manda il più affettuoso memore saluto a Genova
Gran Madre della gente ligure".
La Presidenza della Deputazione Provinciale di Genova
rispose al sindaco di Lerici e al suo Consigliere
Provinciale col seguente telegramma: "Genova
Madre ricambia Lerici bella e generosa, avanguardia del mare
e del nome ligure, fedele nei secoli, il saluto del comune
affetto che vive sopra ogni vicenda e oltre tutti i confini". |
Da "Il
Secolo XIX" del 5-9-1923 |
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Presepe
vivente a Lerici |
La Natività che va
in scena nella perla del Golfo dei Poeti è unica nel suo
genere. Infatti la Sacra Famiglia arriva dal mare,
trasportata su un antico leudo messo a disposizione dalla
Società Marittima di Mutuo Soccorso.
La rappresentazione trova poi la sua completezza lungo la
salita che porta al Castello di San Giorgio che, per
tradizione, ospita la reggia di Re Erode.
Nella parte medievale della città le scenografie vedono
protagonisti circa 300 figuranti, locali e non, che in
costume storico danno vita agli antichi mestieri e offrono i
prodotti tipici locali ai tanti visitatori presenti... |
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