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Le Tour de France

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LO SPORT del 3 settembre 1953 - Fausto Coppi con la maglia di Campione del Mondo di ciclismo su strada

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Elenco puntato - Genova  GENOVA

Il capoluogo della Liguria
ha il centro storico più grande
d'Europa. Nel 2004 è stata la
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Elenco puntato - Euroflora  EUROFLORA

In primavera, ogni 5 anni,
alla Fiera di Genova va in scena
lo spettacolo dei fiori per eccellenza.
I giardini più belli del mondo...

Elenco puntato - Via Francigena  VIA FRANCIGENA

Col Giubileo del 2000 è stata
definitivamente rivalutata
la via di Sigerico, che i pellegrini
percorrevano a piedi fino a Roma,
in segno di pentimento...

Elenco puntato - Parco del Magra  PARCO DEL MAGRA

A Gennaio 2008 il Parco Naturale
Regionale del Magra è il territorio
eco-certificato più esteso d'Europa...

Elenco puntato - Golfo della Spezia  GOLFO DELLA SPEZIA

Tra la punta di Portovenere e il Capo Corvo si apre una delle più profonde insenature di tutto il litorale occidentale italiano, declamata nei versi di illustri poeti e nella quale è incastonata La Spezia, città sede di porto militare e mercantile, che oggi è anche punto di attracco per le navi da crociera...

Elenco puntato - Le Cinque Terre  LE CINQUE TERRE

Cinque borghi marinari il cui destino è sempre stato storicamente legato alla terra e all'agricoltura piuttosto che alla pesca. Un paradiso naturale della Liguria che nel 1997 è stato inserito dall'UNESCO tra i Patrimoni Mondiali dell'Umanità...

Elenco puntato - La Val di Magra  LA VAL DI MAGRA

Nobili, vescovi, mercanti e pellegrini
lungo l'asse della Via Francigena.
Culture differenti per storia e tradizioni,
nei secoli, si sono sovrapposte
e hanno permeato il territorio con
i segni del loro passaggio...

Elenco puntato - La Val di Vara  LA VAL DI VARA

La "Valle dei borghi rotondi"
è anche conosciuta come
la "Valle del biologico" per le sue
produzioni agricole ottenute con
metodi antichi e naturali.
Varese Ligure nel 1999 è stato il
1° comune ecologico d'Europa...

Elenco puntato - La Lunigiana  LA LUNIGIANA

La "Terra della Luna", in Italia,
ha la più alta concentrazione di
antichi castelli. Se ne contano
circa 160. Alcuni sono bellissimi e perfettamente conservati...

 

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Le Alpi Apuane
Originano da movimenti
tettonici del fondo marino
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Liguri Apuani e Statue Stele
Le radici più profonde delle
comunità lunigianesi affondano
fino alle soglie della protostoria.
Mari e monti un tempo erano
occupati dalla bellicosa
popolazione dei Liguri Apuani...

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Carta della Lunigiana Storica
Una cartina con note mostra il
territorio, un tempo abitato dai
bellicosi Liguri Apuani, da dove
parte questo sito...

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Antiche ricette in Lunigiana
Piatti prelibati di una cucina essenziale, ma non per questo meno saporita. Cibi dal sapore antico che tornano ad imbandire le nostre tavole dopo essere stati riscoperti a nuova vita.

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Ferrovia Aulla-Lucca
Il fascino dei treni d'epoca
e delle locomotive a vapore

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Ferrovia Pontremolese
Una linea di vitale importanza
per La Spezia e la Lunigiana

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Ex Ceramica Vaccari
Il comprensorio della fabbrica è un prezioso esempio di civiltà industriale di fine Ottocento e rappresenta un pezzo di storia fondamentale per Santo Stefano Magra e per tutta la Provincia della Spezia. Le aree recuperate vengono oggi dedicate all'arte, allo spettacolo, alla cultura...

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Il dialetto genovese
Le trasformazioni fonetiche avvenute nella parlata di Genova sono un segno inequivocabile del dinamismo espresso dalla città durante i secoli della Repubblica. A Genova il dialetto è una lingua viva, che oggi viene insegnata anche nelle scuole...

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Infiorate del Corpus Domini
"Per tetto un cielo di stelle e
per strada un tappeto di fiori...".
A Brugnato, ogni anno, giovani e
meno giovani si radunano nel
centro storico per abbellire strade
e piazze con disegni floreali,
secondo un'antica tradizione che
origina da un miracolo
avvenuto a Bolsena...

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Mezzi da lavoro storici
I raduni e le esposizioni di questi autoveicoli sono un modo per ricordare ed onorare le persone che, in passato, questi mezzi li hanno guidati per mestiere...

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Mezzi militari storici
I più celebri veicoli militari che hanno partecipato alle vicende della Seconda Guerra Mondiale sfilano per strade e piazze e mantengono vivo il ricordo di quei terribili giorni...

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INDICE GENERALE   '800   CRONACA  01  02  03  04  05  06    SPORT  GIRO  TOUR  CICLISMO  ALTRI   FAUSTO COPPI   INTER   RIVISTE
Storia e leggenda dei primi cinquant'anni della "Grande Boucle"
GENNAIO 1903 -  Henry Desgrange pubblica il primo regolamento del Tour de France

L'"Auto-Velo" e il "Velo" erano due giornali sportivi dell'epoca, ma non vi era accordo fra di essi. Anzi il "Velo" fece il diavolo a quattro perchè l'"Auto-Velo" modificasse la testata in "Auto" solamente. La causa si trascinò in vari tribunali, finché il 15 gennaio 1903 quello di Parigi emise la sentenza che l'"Auto-Velo", d'ora in avanti, avrebbe dovuto chiamarsi "Auto" soltanto.
L'"Auto" era il giornale di Henry Desgrange, il quale fu mosso immediatamente un'idea collerica, per ripagare

TOUR DE FRANCE 1952 - Carta con l'itinerario della corsa organizzata da L'Equipe e da Le Parisien

il quotidiano concorrente di tanta acredine. Il 16 fece uscire la testata col nome ripulito, il 17 pubblicò in prima pagina il calendario delle gare ciclistiche che il quotidiano stesso avrebbe organizzato in quell'anno. Erano 4 in tutto e una di esse era annunciata con grande spolvero, come una grande corsa ciclistica su strada, di cui tutti in futuro

Le vicende odierne
del Tour de France attraverso il
sito ufficiale

avrebbero ricordato la data di nascita. Facendo seguito alle attese, il 25 gennaio 1903, l'"Auto" pubblicava il primo regolamento del Giro di Francia: sei tappe in tutto, per una durata di 5 settimane, dal 31 maggio al 5 luglio. I corridori avrebbero dovuto pagare 20 franchi per l'iscrizione all'intera corsa, o 5 franchi per ogni tappa. I premi in palio assommavano globalmente a 20.000 franchi.
La leggenda vuole invece che il Tour sia nato quando Henry Desgrange ebbe la luminosa idea di fare della Marsiglia-Parigi e della Bordeaux-Parigi una corsa sola, con l'aggiunta di un troncone

che dalle sponde del Mediterraneo portasse i corridori a quella dell'Atlantico. Si dice, ma non è vero, o lo è solo in parte. In verità il Tour è nato da un battibecco fra due grandi passisti del tempo, che dividevano salomonicamente le vittorie in una e nell'altra gara, e non riuscivano mai a stabilire chi dei due fosse realmente il più forte. Costoro lanciarono la singolare sfida di raddoppiare le distanze in modo che si sarebbe finalmente visto chi era il più forte. Le chiacchiere viaggiavano e vennero all'orecchio di Desgrange il quale, considerato che in fondo 2.000 Km in più sarebbe stati digeribili per la maggior parte dei "routiers" di allora, mise l'idea alla prova. In un modo o nell'altro,quindi, il Tour è nato in mezzo alla polemica e, senza di essa probabilmente non sarebbe mai esistito, o sarebbe venuto solo più tardi...
Il primo vincitore del Tour de France fu il francese Maurice Garin, che a 32 anni portò a termine le sei

tappe, per complessivi 2.426 chilometri, ad una media di 25,288 Km/h. Secondo in classifica risultò Pottier, con un distacco di 2 ore 49'00". Terzo arrivò Augerean, quarto Muller, quinto Fischer. In quella prima edizione si presentarono al via 80 corridori e ne arrivarono al traguardo finale solo 21. Un distacco superiore all'ora si registrò anche nel 1919 quando il belga Lambot mise tra se e il secondo arrivato Alavoine J. 1 ora 42'45", nel 1926 quando il belga Buysse L. vinse con 1 ora 22'25" di vantaggio sul lussemburghese Frantz. Quest'ultimo si aggiudicò poi l'edizione del 1927, superando il belga Dewaele, giunto sul traguardo finale con 1 ora 48'21" di ritardo. Dal 1928 in poi i ritardi, tra primo e secondo, si contarono nell'ordine di soli minuti. Il primo italiano vincitore di un Tour de France fu Ottavio Bottecchia, che vinse nel 1924 (30 anni) e nel 1925. Bisognerà aspettare poi fino al 1938 per

TOUR DE FRANCE 1938 - Il patron della corsa Henry Desgrange si complimenta col vincitore Gino Bartali. A destra si riconoscono anche gli italiani Bergamaschi e Bini

trovare un altro connazionale primo nella graduatoria finale: si tratta del ventiquattrenne Gino Bartali che percorse i 4.686 chilometri alla media di 31,560 Km/h, arrivando con 18'27" di vantaggio sul belga Verwaecke. Gino Bartali bissò poi il suo successo nel 1948 e l'anno seguente fu la volta di Fausto Coppi (30 anni) a salire sul gradino più alto del podio, lasciandosi dietro lo stesso fiorentino a 10'55". Coppi rivinse poi il Giro di Francia nel 1952, centrando di nuovo l'accoppiata Giro-Tour che già aveva conquistato nel 1949.
Nei primi 50 anni della "Grande Boucle" molti furono gli italiani che si distinsero terminando la corsa

TOUR DE FRANCE 1930 - Gli italiani Alfredo Binda e Learco Guerra in fuga sull'Aubisque

alla piazza d'onore: Bottecchia (1923) - Guerra (1930 e 1933) - Martano (1934) - Morelli (1935) - Vicini (1937). Al terzo posto della classifica finale risultarono invece: Aymo (1925 e 1926) - Pancera (1929) - Pesenti (1931) - Camusso (1932) - Martano (1933) - Brambilla (1947). Fino al 1937 si poteva correre al Tour de France anche senza squadra, nella categoria "isolati", anche se partecipare in quel modo era veramente dura. Gli italiani che vinsero in questa categoria furono: Bottarelli (1913) - Pratesi (1923 e 1924) - Rossignoli (1926) - Martinetto (1927) - Barral (1932) - Martano (1933 - 3° in classifica genarale) - Vicini (1937 - 2° in classifica generale). A partire dal 1938 la categoria degli "isolati" venne abolita.
La prima tappa a cronometro venne vinta nel 1934 dal francese Antonin Magne, che dopo 4.370 chilometri, percorsi alla media

di 29,460 Km/h risultò primo anche nella classifica finale con 27'31" di vantaggio sull'italiano Martano. Martano era un ottimo scalatore: nel 1933 e nel 1934 concluse al 3° posto nella speciale classifica del Gran Premio della Montagna.
Dai primi anni '50 il Giro di Francia subisce alcuni rinnovamenti. Secondo la tradizione il Tour era destinato a seguire le coste marittime francesi ed a lambire le sue frontiere. Questo obbligo geografico gli imponeva

condizioni che si rivelarono inadeguate alle necessità delle nuove formule. L'itinerario, pur mantenendo (nei limiti del possibile), il suo aspetto circolare classico, venne perciò integrato con nuove strade e nuovi terreni di gara. Per contrastare la tendenza di gran parte dei corridori a non battersi dal primo all'ultimo chilometro, con i grandi impegnati a frenare la corsa all'infuori dei punti cruciali dove la loro superiorità poteva naturalmente esprimersi al meglio, vennero introdotte tre innovazioni. Si trattava di tre premi sostanziosi che ogni tappa riguardavano: 1) la squadra meglio classificata con i primi tre corridori - 2) il corridore più combattivo - 3) un bracciale-rendita di 100.000 franchi per il primo della classifica generale. Si cercava cioè di stimolare le coscienze di tutti i corridori per sottrarli alla legge degli assi.
Dal punto di vista dell'organizzazione tecnica e sportiva vennero migliorate le sistemazioni negli alloggi, potenziate le segnalazioni lungo il percorso ed adottati nuovi apparecchi ultramoderni per il cronometraggio.
Era naturale che ogni cosa venisse messa in opera al meglio onde soddisfare

TOUR DE FRANCE 1951 - Il vincitore Hugo Koblet durante i 130 Km di fuga solitaria nella tappa Brive - Agen. Lo incita col megafono il C.T. della squadra svizzera Burtin

le esigenze dei più grandi campioni e compensare gli sforzi di tante federazioni. All'epoca Jacques Goddet, patron del Tour, sottolineava con un certo rammarico come alla corsa ciclistica venisse attribuita troppa importanza. Un fardello pesante quello di rappresentare non soltanto nell'interno della Francia, ma anche agli

TOUR DE FRANCE 1947 - Il vincitore Jean Robic, francese di piccola corporatura, tenace e coraggioso protagonista di tante epiche sfide nelle tappe di montagna

occhi di gran parte del globo, un avvenimento di portata internazionale al quale partecipavano con un po' di fanatismo i popoli del mondo intero. Gli organizzatori del Tour, in Francia, si sforzavano invece di esortare i loro colleghi di stampa parlata o scritta a considerare la manifestazione solo per quello che era: una prova sportiva divenuta nel tempo anche una gioiosa festa popolare.
Anche Felix Levitan, capo dei servizi sportivi del "Parisien Libéré", si era sentito di rispondere ad alcune critiche malevole che venivano rivolte agli organizzatori del Tour. In particolare, secondo le cattive lingue di ogni parte del mondo, quando veniva fissato l'itinerario della corsa, le città scelte come sede di tappa sarebbero state quelle meglio disposte a fare grossi sacrifici finanziari. Levitan non negava che gli organizzatori avevano l'impossibile compito di pareggiare un bilancio molto oneroso e, quindi, di ricevere aiuti dalle varie municipalità, ma nel contempo ribadiva l'impegno a conservare al tracciato del Tour un carattere eminentemente sportivo, con una parola d'ordine: assicurare il successo di un "routier" completo.
Nel 1952 la macchina organizzativa del Tour de France era diventata colossale. Non più sei tappe come nella prima edizione, ma 23. I premi erano passati da 20.000 franchi a svariati milioni. Monsieur Letorey, uno dei "marescialli" dell'armata del Tour, affermava con orgoglio che i corridori avrebbero potuto comodamente percorrere l'esatto itinerario senza sbagliare di una via, anche senza la guida delle staffette dei motociclisti. Sarebbe infatti bastato porre gli occhi sui 22.000 manifesti e le 6.000 frecce di segnalazione che indicavano le strade da percorrere. Anche se un corridore fosse partito con un mese di

ritardo rispetto agli altri, avrebbe potuto ugualmente e comodamente raggiungere il Parco dei Principi, senza paura di perdersi. Gli uomini impiegati per mantenere l'ordine pubblico durante il Giro di Francia '52 furono oltre 50.000 tra gendarmi, soldati, vigili del fuoco e appartenenti a società sportive. Nel solo giorno dell'arrivo a Parigi ne vennero utilizzati oltre 3.000. Le autovetture al seguito della corsa assommavano ad oltre 350 ( con l'aggiunta di altre 120 unità al passaggio in terra belga). L'organizzazione aveva anche il compito di distribuire 4 bottigliette di alluminio per ogni corridore ( due alla partenza e due al rifornimento), che poi venivano gettate via dai concorrenti.
In totale 10.000 recipienti a 70 franchi. Tre le squadre di cucina, ognuna formata da tre uomini; nove cuochi incaricati di preparare il menù ai corridori. In totale verranno consumati: 450 Kg di prugne, 10.000 tra arance e pesche, 8.000 banane, 12.000 panini, 12.000 tartine, 700 kg di zucchero, 150 dozzine di uova, 150 kg di formaggio, 3 quintali di riso, oltre a caffè,

PARIGI - L'"Arc de Triomphe" fa da sfondo ai corridori durante una delle partenze della corsa

acqua minerale, limonata, birra, thè per dissetare i corridori.
Anche le maglie vennero fornite dall'organizzazione: 150 ogni squadra per un totale di 2.000 maglie a 1.500 franchi l'una (pari a tre milioni di franchi). Complessivamente il Giro di Francia 1952 ebbe al seguito 1.200 persone, con un costo organizzativo di 140 milioni di franchi ed un "giro d'affari" di oltre 300 milioni di franchi. Una vera armata napoleonica in marcia...

TUTTOSPORT del 10 luglio 1950 - Sta per iniziare il Tour e il giornale pubblica la storia e alcuni interessanti antefatti sulla corsa a tappe più importante del mondo ideata da Henry Desgrange
Henry Desgrange fu un grand'uomo, il maggior patrono del ciclismo
Henry Desgrange bonanima fu un grand'uomo, il maggiore che vanti la storia del ciclismo. E' infatti impossibile citare un altro uomo che abbia sommato tante qualità e tali primati in questo sport - così nel campo dell'azione come in quello del pensiero - quanti en ha assommati Henry Desgrange. Egli fu primo in tutto. Fu primo come corridore, conquistando nel 1893 - con una bicicletta di quel tempo! - il primo record mondiale dell'ora (Km 35,325). Fu primo come organizzatore, creando nel 1903 la prima corsa a tappe, quel Giro di Francia che doveva poi essere imitato dalle altre nazioni. Fu primo come giornalista, dirigendo il maggiore giornale sportivo del mondo, l'Auto: quell'Otò su cui si lessero, a firma sua, le più fini, garbate, concise cronache e critiche che mai si siano lette.

La Francia politica gli assegnò la massima onoreficenza, quella di "ufficiale della Legion d'Onore; la Francia sportiva lo chiamò Patron. Lingua bellissima, la francese è meno ricca di sfumature dell'italiana; e Patron, come il latino "patronus" da cui deriva, significa tanto padrone quanto patrono, cioè protettore, patrocinatore. L'appellativo fu da tutti accettato; perché Desgrange non era soltanto il padrone delle corse su strada come di quelle su pista (essendo proprietario di velodromi, particolare importante) ma era propriamente il maggior patrono del ciclismo. Patronus deriva da pater, cioè padre; e Desgrange può ancora oggi venire considerato come il «Padre del ciclismo», sia nel senso dell'autorità indiscussa come dell'amore creativo ed educativo. Innovatore geniale e mai contento, Desgrange non varò mai due Tour de France uguali. Cominciò con poche tappe da percorrere in giorni alterni per arrivare alle tappe consecutive, iniziò dai duemila chilometri per arrivare ai cinquemila, dalle tappe di quattrocento o cinquecento chilometri per arrivare a quelle brevi, alle tappe a cronometro, a quelle con partenze separate. Modificò continuamente la formula, fino ad inventare gli abbuoni. Nel Tour de France del 1932 al primo arrivato venivano regalati 4 minuti di abbuono e se questi arrivava 3 minuti prima del secondo, riceveva altri tre minuti in regalo: in tutto sette minuti di abbuono! Questi e altri artifici uscivano dalla mente vulcanica del Patron, per rendere sempre più drammatica la sua creazione...
Lo sport, talora, ne usciva violentato perché troppo era concesso alla disumanità della fatica, alla terribilità dello spettacolo; ma il Tour de France risultava sempre un'impresa avvincente, a costo di prendere gli attori per la gola. ma gli attori erano ben pagati, la giustizia era assicurata, chiunque poteva vincere il Giro di Francia. Era un'impresa titanica, che superava i limiti sportivi; ma la crudeltà non arrivava mai all'iniquità, all'ingiustizia...
Le case industriali tentarono di minacciare la regolarità del risultato del Tour, di scuotere l'autorità stessa del Patron. Ma questi non era certo uomo da subire simili attentati e nel 1930 estromise addirittura l'industria e creò il suo capolavoro, un capolavoro di audacia, di potenza, di organizzazione: il Tour de France a squadre nazionali e regionali, con biciclette anonime (ridipinte in giallo, il colore che ricordava quello del paglierino "Auto") con corridori assoldati direttamente dall'organizzazione. Essi dovevano portarsi soltanto la sella e il manubrio, i due accessori più intimi, insostituibili dei corridori. A tutto e a tutti pensava l'"Auto"...

Da "TUTTOSPORT" del 10 luglio 1950 - sintesi da un articolo di Carlin
SOLO CON I CORRIDORI, LO SPETTACOLO DEL TOUR SAREBBE NULLA

Se al Tour vi fossero soltanto i corridori, lo spettacolo sarebbe nulla. Anche essendo più di cento, come sono, lo spettacolo del loro passaggio, dato che viaggiano sovente in gruppo unico, non durerebbe più di un minuto.
Lo spettacolo è dato invece dalle automobili che li seguono e li precedono. Si calcola che siano poco meno di 200. Vi sono i carri pubblicitari, le vetture della stampa, quelle dei servizi, quattro autocarri di materiale, due camion officina. E vi sono le 14 Jeeps date dagli organizzatori ai direttori sportivi delle squadre: esse sono tutte dipinte di bianco e hanno sei ruote di bicicletta allineate sopra. Soltanto la macchina di Binda è fuori ordinanza: la "1100" scoperta della Benotto al Giro d'Italia.
Poi vi sono 60 motociclette ed una autoambulanza col dottore e tre stagionate infermiere a bordo.
Il Tour è, in fondo, una corsa automobilistica e siamo noi, gli automobilisti, i più importanti della carovana per lo spettacolo. Perciò ci diamo delle arie...

Da "TUTTOSPORT" del 21 luglio 1950
COSA NE PENSAVA DEL TOUR BIAGIO CAVANNA, IL MASSAGGIATORE DI FAUSTO COPPI

"Se c'è una corsa della quale è difficile, per non dire impossibile, prevedere l'andamento, questa è proprio il Tour. E ciò non dico per giustificare quanto esporrò, ma perchè una corsa a tappe come quella francese, che si svolge in un'atmosfera tutta particolare e in un periodo in cui i termometri salgono pazzescamente, non può davvero permettere le solite previsioni. Al Tour io sono andato varie volte e sempre ho avuto modo di constatare come le previsioni della vigilia, nemmeno una volta - ripeto, nemmeno una volta - hanno trovato poi conferma nella realtà dei fatti. Troppe volte ho visto corridori con vantaggi di mezze ore crollare piegati non tanto dagli avversari quanto dalla canicola (la quale, nelle zone della Francia Meridionale, supera in molte occasioni i 40 gradi all'ombra).

TUTTOSPORT del 27 luglio 1952 - Fausto Coppi vince per la seconda volta il Tour de France

E' per questo che considero sempre il Tour un'incognita, anche per il più quotato dei corridori. Se la sua formula va bene per certe squadre nazionali, nelle cui fila la rivalità non è troppo accesa, non è certo la migliore per fare andare d'accordo i corridori italiani che, credendosi ciascuno superiore a tutti gli altri, difficilmente riescono a trovare l'amalgama necessario. Non esito anche a dire che quando, durante il recente Giro d'Italia (1952), Coppi mi chiese cosa ne pensassi del prossimo Tour, gli risposi che avrebbe dovuto andarci soltanto se la squadra avrebbe funzionato secondo un preciso programma prestabilito. Altrimenti, precisai a Faustino, sarebbe stata tutta fatica sprecata. E' infatti perfettamente inutile tirar fuori l'anima in una competizione quando nella squadra ci sono elementi i quali poco si curano della compattezza della formazione e badano principalmente a conseguire successi personali" - Il riferimento a Bartali è fin troppo evidente e Cavanna aggiunge: "Mi auguro che quest'anno Fausto debba sventare molti meno attacchi di francesi, svizzeri e belgi e che non si trovi più da solo, anche se capisco che Bartali e Magni hanno tutti i diritti di partecipare al Tour senza essere obbligati a fare i gregari di Coppi".

LUGLIO 1933 - Il savonese Giuseppe Martano si impone nella categoria «isolati»
Savona, 23 luglio - L'eco della recente affermazione che Giuseppe Martano ha brillantemente conseguito nel Giro di Francia, appena terminato, fa ancora vibrare l'animo degli sportivi italiani appassionati del pedale che hanno seguito il comportamento del nostro campione lungo gli interminabili chilometri del percorso.
La splendida vittoria nella categoria «isolati» ed il terzo posto nella classifica generale hanno riacceso ovunque la disputa, già iniziata gli scorsi anni dopo i Campionati nazionali e mondiali, sulle sue origini.
Risulta che la famiglia Martano si trasferì a Savona nel 1909: il padre di Giuseppe venne assunto in qualità di giardiniere presso il proprietario della Villa Zanelli, sita nella periferia della città, sulla strada provinciale di Vado e Ventimiglia. All'epoca abitava al civico n. 109 di Via Nizza.
La data di nascita del novello campione risulta essere il 12 maggio 1910, che corrisponde a quanto da lui dichiarato. Non si conosce la durata esatta della permanenza in Liguria, comunque risulta che i Martano non erano più residenti a Savona già al tempo del censimento del 1921. E' noto invece che essi si trasferirono prima a Torino e quindi a Giaveno, tra la fine del 1914 e l'inizio del 1915.
Da "IL SECOLO XIX" del 29 luglio 1933 - (Al Tour de France 1934 Martano conquistò il secondo posto della classifica generale)
TOUR DE FRANCE 1948 - Una foto epica per la storia politica e sportiva. Ritrae Gino Bartali che vince la tappa Cannes-Briancon dopo 274 km nella bufera TOUR DE FRANCE 1933 - Il giovanissimo italiano e ligure Giuseppe Martano, vincitore della categoria "isolati", in azione su una strada sterrata impossibile tipica della corsa Il corridore della Bianchi Carrea. Cliccando sull'immagine si può vedere un collage dei più fidi gregari di Fausto Coppi Il corridore Corrieri, uno dei gregari di Bartali. Cliccando sull'immagine si può vedere un collage di "Ginettaccio" con i suoi più fidi scudieri

Da sinistra - 1) Una foto segnata dai mezzi tecnici di allora, dalle condizioni atmosferiche proibitive e dal tempo trascorso. Gino Bartali entra nella storia del ciclismo vincendo la tappa Cannes-Briançon e il Tour del 1948, salvando praticamente l'Italia dalla guerra civile dopo l'attentato a Togliatti - 2) Il giovanissimo italiano Martano al Tour del 1933, dove vincerà nella categoria "isolati". Correre al Giro di Francia da soli era una fatica massacrante - 3) e 4) Per i gregari dei grandi campioni il Tour era il palcoscenico ideale ove mettersi in mostra e realizzare cospicui guadagni che potevano consentire un migliore tenore di vita. Le immagini ingrandite consentono di vedere in un collage i gregari di Coppi (Gismondi, Gaggero, Milano, Piazza, Crippa e Carrea) e Bartali (Corrieri, Bresci e Bini).

QUANTO POTEVANO GUADAGNARE I GREGARI DI CHI VINCEVA UN TOUR DE FRANCE?
Lo stile impeccabile del giovanissimo Jacques Anquetil, seguito dal connazionale Rolland
Uno dei più grandi ciclisti di tutti i tempi - il francese Jacques Anquetil - vincitore, tra l'altro, di 5 Tour de France (1957-1961-1962-1963-1964), due Giro d'Italia (1960 e 1964) e una Vuelta (1963)
Nel 1949, quando Coppi e Bartali si classificarono ai primi due posti del Tour, i gregari, a seconda dei meriti, percepirono dalle 700 alle 900 mila lire ciascuno. Questo fu possibile in quanto era nei patti della vigilia che il vincitore non avrebbe diviso una sola lira del bottino. E Coppi non solo mantenne l'accordo, ma provvide a segnalare ai diversi organizzatori delle riunioni in pista l'opportunità di ingaggiare questi gregari ed includerli nei loro programmi. Si può così stimare, ad occhio e croce, che ogni gregario della squadra nazionale di quell'anno abbia all'incirca portato a casa un milione e mezzo. Per gente quasi sempre costretta a dibattersi nelle difficoltà economiche senza dubbio questa somma rappresenta, in diversi casi, una buona spinta e la soluzione di tanti problemi. Senza voler fare i conti in tasca d'altri, infatti, si può azzardare che i gregari della Bianchi che nel 1949 vinsero con Coppi il Giro d'Italia, Il Tour de France e parecchie corse in linea, arrivarono alla fine della stagione con non meno di 2 milioni e mezzo in tasca, escluso, ben s'intende, lo stipendio, variante tra le 70 e le 100.000 lire al mese.

Per il Tour de France 1952 Binda trovò subito l'accordo con Coppi e Bartali sull'opportunità di rispettare i patti finanziari di tre anni prima, qualora il risultato del 1949 si fosse dovuto ripetere. La pattuglia di coloro che speravano di andare come gregari al Tour era molto numerosa, anche perché, nel 1949, qualcuno dei corridori presenti riuscì a raggranellare un gruzzolo sufficiente a permettergli di metter su casa a Milano. Il Tour de France rappresentava dunque un'ancora di salvezza per i guadagni di molti gregari, anche o in cui si svolgeva, in Italia non venivano organizzate altre corse.

TOUR DE FRANCE 1947 - Robic protagonista sui Pirenei. Vietto salva la maglia gialla
TUTTOSPORT del 14 luglio 1947 - Al 34° Tour de France Jean Robic vince la tappa pirenaica Luchon-Pau di 195 chilometri. Vietto conserva la maglia gialla davanti agli italiani Brambilla (2°) e Ronconi (3°)
NELLA CLASSIFICA GENERALE BRAMBILLA E' SECONDO, RONCONI TERZO
Nemmeno la seconda tappa dei Pirenei ha modificato troppo la classifica generale, ove si tolga il crollo di Camellini e l'avanzamento di Ronconi al terzo posto. Tutto da rifare dunque. Ora che le salite sono finite, non resta che attendere le tappe in piano e soprattutto la durissima e temuta tappa a cronometro lunga ben 139 chilometri...
Il minuscolo e sempre più sorprendente Robic ha vinto. E ha vinto bene con dieci minuti di vantaggio. Ma alle sue spalle, bisogna dire che non sempre si è lottato con accanimento, appunto perché i "cannoni", presi in velocità e assolutamente a disagio per lo sforzo da effettuare subito dopo l'inizio della tappa, non erano in grado di difendersi e tanto meno di impegnarsi a fondo.

Vietto, in grave crisi, è stato "portato" dai compagni di squadra, che hanno scongiurato il crollo del loro campione. Una tappa che poteva rivoluzionare tutto, che ad un certo punto ha visto il nostro Brambilla indossare virtualmente, per la seconda volta (la prima avvenne sull'Izoard) la maglia gialla e che invece ci riporta al punto di partenza. Robic ha guadagnato un bel vantaggio, tanto da portarsi a poco più di 7 minuti dalla maglia gialla. Se non fosse che il Tour sta ormai avviandosi al termine, quasi quasi ci sarebbe da parlare di un "pericolo Robic"... La situazione dopo i Pirenei è tutt'altro che definitiva. Una volta i Pirenei, detti i "giudici" del Giro di Francia, decidevano tutto. Ora Vietto ha la maglia gialla, ma il suo vantaggio è esiguo. Basta un nonnulla, una fuga anche in pianura, per capovolgere ogni cosa. Tra Vietto, Brambilla e Ronconi, i primi tre in classifica, non vi sono nemmeno quattro minuti...

Da "TUTTOSPORT" del 14 luglio 1947 - sintesi da un articolo di Ruggero Radice
Il Tour de France 1947 alla fine venne vinto da Jean Robic che percorse i 4.640 Km. alla media di 31,311
2°) Fachleitner - 3°) Brambilla - 4°) Ronconi - 5°) Vietto.
LUGLIO 1948 - Bartali rivince il Tour de France e placa gli animi dopo l'attentato a Togliatti
STADIO del 26 luglio 1948 dedica la prima pagina a Gino Bartali, vincitore del 35° Tour de France
Il trionfo del ciclismo italiano sul prestigioso traguardo di Parigi - A Corrieri l'ultima tappa
STADIO del 26 luglio 1948 - "Quei giorni tragici e meravigliosi dipinti di giallo...Gino Bartali rivince il Giro di Francia a dieci anni di distanza. L'italiano corona la propria grande impresa con sette successi di tappa. L'euforia per questo trionfo distoglie gli italiani dalla tensione creatasi nel Paese in seguito all'attentato a Togliatti....L'ultima tappa del Tour ci ha dato anche una grande e duplice finale soddisfazione: Gino Bartali ha visto definitivamente consacrata la sua meravigliosa vittoria e Giovanni Corrieri, il siciliano residente a Prato, che di Bartali è stato, in questo Giro il compagno fedele, è sprizzato per primo sul traguardo del Parco dei Principi, davanti ad una folla di oltre 50.000 persone. Era questa la decima vittoria ottenuta dai nostri uomini, su ventuno tappe, vittoria che ha fatto dire a qualcuno: "Ma questi italiani sono proprio insaziabili!". Sarebbe stato meglio dire: "Questi italiani sono stati i

netti dominatori del Tour del 1948". E ciò che ha fatto Gino Bartali resterà per sempre scritto nelle pagine più belle del ciclismo mondiale."

CLASSIFICA GENERALE FINALE:  1°) Gino Bartali  in  147.10'.36" - 2° Schotte Brik (Belgio) a 26'16" - 3°) Lapebie Guy (Centro Sud-Ovest) a 28'48

BARTALI RICORDA: "Una vittoria inaspettata per molti, ma non per me, perchè se non mi fossi sentito di vincere il Giro di Francia, non lo avrei disputato!... Vorrei ringraziare tutti i connazionali che dall'Italia, con le loro lettere e

IL TIRRENO del 14 luglio 1948 - In prima pagina l'attentato all'on. Palmiro Togliatti

all'estero con il loro incitamento caloroso e travolgente, mi hanno sempre incoraggiato e sostenuto in questa durissima fatica...
Forse questa mia inaspettata vittoria ha fatto dispiacere a qualche giornalista milanese, ma in compenso ha fatto piacere a tanta, tantissima gente.
Le dimostrazioni di affetto che ho ricevuto da tutti gli italiani residenti in Francia, nel Belgio e in Svizzera mi hanno profondamente commosso e rimarranno fra i più bei ricordi della mia vita di corridore...
"

ERA IL 15 LUGLIO 1948 - Il Giro di Francia aveva fatto sosta a Cannes il giorno precedente. Bobet era al comando della classifica, in una posizione da tutti ritenuta inattaccabile. I corridori italiani erano incerti se proseguire o abbandonare, perchè notizie allarmanti giungevano dall'Italia in conseguenza dell'attentato a Togliatti. Bartali, con quella fermezza di parola che gli è sempre stata tipica, persuase tutti a rimanere in gara.

La lotta riprese perciò vibrante nella tappa Cannes-Briançon, dove è probabile che venne scritta la pagina più gloriosa del ciclismo italiano all'estero. Sul colle di Vars, il piccolo Robic si scatenò. Bartali, che controllava Bobet in maglia gialla, si propose di svolgere un gioco di demolizione contro il suo più forte antagonista, scattando a ripetizione. Bobet commise l'errore di rispondere colpo su colpo, finché non ne ebbe più la forza e allora Bartali iniziò quella sua travolgente controffensiva che avrebbe deciso del Tour in suo favore. Per un breve tratto Tesseire resistette alla ruota del fiorentino, poi Gino spiccò il volo solitario. Robic, che era transitato per primo sul colle di Vars, fu ripreso e lasciato alle spalle da Bartali sull'Izoard (vedi foto a lato). Sulla montagna si scatenò una bufera; le gomme delle biciclette affondavano nella melma, ma niente riuscì a fermare il "volo" di Bartali, che giunse al traguardo di Briançon con 15 minuti di vantaggio su Schotte, secondo di tappa.

TOUR DE FRANCE 1948 - Sull'Izoard Gino Bartali ha appena staccato Robic (che nella foto si intravede ancora a circa 200 metri di distanza) per volare solitario alla conquista della tappa e della corsa
TOGLIATTI E IL TOUR DI BARTALI: UNA GROSSA IMPORTANZA PER LA STORIA D'ITALIA

C'era stato l'attentato a Togliatti e in una Nazione in fermento il successo al Tour di un italiano giovava, giocava da tranquillante (anche se i tranquillanti non erano ancora stati scoperti) la serie delle grandi notizie che arrivavano d'oltralpe: Bartali dominatore, evviva Bartali, evviva la vita. Forse si è esagerato dicendo che Gino

L'on. Palmiro Togliatti ricoverato in ospedale dopo l'attentato del luglio 1948 ad opera di Antonio Pallante
Bartali ha evitato una rivoluzione all'Italia. Mancherà sempre la controprova. Ma certamente è stato quello l'episodio più notevole, nel nostro dopoguerra, di commistione fra sport e "resto".
Altre volte si volle "politicizzare" lo sport e altre volte si dovette accettare la politicizzazione perchè inevitabile (e non è un male: sia chiaro). Adesso viene in un certo senso comodo legare quella parte, giocata allora dallo sport, ad altre parti: il ping-pong fra cinesi ed americani, Monaco 1972 ecc. ecc. Eventi più grandi ancora...
Ma forse fu proprio nel 1948, restando almeno al dopoguerra, che lo sport accedette a questo suo enorme potere. Che allora fu casuale e che forse altre volte è stato provocato dai governanti: come possiamo infatti sapere di come saremmo stati senza una certa "somministrazione" di

sport? L'interrogativo è abbastanza pesante... Comunque Bartali non vinceva per frenare le genti eccitate in Italia o per scaldarle di innocuo calore. Vinceva perché era un grande campione...

Da "TUTTOSPORT - Speciale 30 anni" del 17 marzo 1974
Bartali racconta: "Coppi non mi voleva al Giro di Francia neppure dipinto!"

Siamo nel 1953 e infuriano le polemiche per la squadra italiana che deve partecipare al Tour de France. Gino Bartali ricorda quei momenti con gioia: "Mi sembra ieri. Il mondo ciclistico italiano viveva in un clima davvero infuocato e le polemiche interne (quelle che non potevano trovare posto sui giornali, sui quali, peraltro, già se ne dicevano di belle) imperversavano letteralmente alla vigilia del Tour. Allora era Coppi, e non Binda, che in pratica

GIRO D'ITALIA 1953 - Gino Bartali, il "vecchio leone" che indossa la maglia di campione italiano, polemizza durante una tappa alzando il dito indice

stabiliva la struttura per la squadra italiana al Giro di Francia. E Coppi - l'aveva detto chiaro e tondo - mentre non faceva obiezioni per Magni, me non mi voleva neanche dipinto!
Era una situazione avvilente per me, imbarazzante per tutti, Binda e Federazione compresi. Si stabilì allora che una decisione definitiva sarebbe stata presa dopo il Giro della Toscana. Avevo 39 anni, ma anche una tal voglia di vincere, di provare a Coppi che ero tutt'altro che finito, che mi pareva di esser stato promosso professionista il giorno avanti. Mi sottoposi di nuovo alla più severa regola di vita, mi preparai con cura meticolosa, studiai un vero e proprio piano di battaglia che consisteva in questo: in gara mantenermi in una zona di controllo sui fuggitivi, non lasciar partire Coppi ad alcun costo, non collaborare ad alcuna sua iniziativa e poi, sul San Baronto, attaccare a fondo e spendere in una diecina di chilometri tutto il

Gino Bartali durante una gara

fiato che avrei dovuto avere nei rimanenti sessanta all'arrivo. Successivamente la... sfortuna avrebbe dovuto farsi viva con una foratura sulla ghiaietta della discesa (allora non asfaltata) su Vinci. E la "sfortuna" - che pensavo avrebbe fatto tanta impressione ai giornalisti - doveva esser provocata dalle gomme leggerissime che avevo montato sulla mia bicicletta: insomma volevo vincere moralmente e crearmi un alibi per un mio immancabile ritiro, perché francamente non credevo che avrei potuto resistere alla controffensiva di un Coppi scatenato".
Bartali spiega che non fece parola con nessuno di questo piano, neppure ai più cari amici. Il

TOUR DE FRANCE 1949 - Fausto Coppi e Gino Bartali volano insieme verso la vittoria finale

giorno della corsa, i tifosi toscani lungo il percorso rimproveravano a Coppi di non volere Gino al Tour. Fausto indossava un paio di occhialoni scuri, era visibilmente infastidito da queste critiche e controllava apertamente ogni mossa del suo rivale. Lasciava andare tutte le fughe per non compromettere i corridori da lui indicati; Bartali ritiene inoltre che, così facendo, volesse farlo rimanere fanalino di coda, per umiliarlo nella sua terra.
A Pisa i primi avevano un vantaggio sui due di circa 4 minuti. Fu allora che Coppi si rivolse a Bartali chiedendogli se non sarebbe stato meglio ritirarsi... Bartali prosegue nel suo racconto: "Più in là", risposi. Però, invece di fermarmi, a Bagni di Lucca invitai Coppi ad accelerare l'andatura, perché il ritardo sui primi era salito a 4'25". Coppi non mi rispose nemmeno. Accelerai io allora, e lui diventò la mia ombra. Recuperammo tre minuti e sul San Baronto, con

Gismondi, Sartini, Brasola e Benedetti sempre in fuga, decisi di scattare. Coppi resistette; provai di nuovo, ma lui non mollava; al terzo tentativo fui colto dalla meraviglia perchè Coppi non aveva retto più la mia ruota. Magni mancava dal nostro gruppetto, perché aveva forato. Non sentivo più la fatica, ero come elettrizzato, avevo di nuovo vent'anni. Sui tornanti del San Baronto volavo; ripresi tutti e mi portai in testa. All'inizio della discesa avevo 15 secondi di vantaggio.

TUTTOSPORT del 26 luglio 1948 - Gino Bartali vince per la seconda volta il Tour de France

Volavo davvero, sognavo la vittoria, ero felice, ma prima di Vinci, nel rimettere in corsa la catena saltata, caddi. Mi rialzai, ma qualcuno era già passato avanti. Successivamente, quando al mio piano non pensavo nemmeno più, arrivò la foratura preventivata. Maledissi alla sfortuna, ma proprio in quel momento qualcuno mi riferì che Coppi si era ritirato. In un lampo cambiai la ruota, inseguii di nuovo chi mi precedeva, mi ritrovai di nuovo in testa con altri tre, poi, sul Chiesanuova ero ancora da solo. Vinsi il Giro della Toscana

LO SPORT ILLUSTRATO del 12 giugno 1952 - Coppi e Bartali sulla copertina del magazine della "Gazzetta" che presenta il 39° Tour de France

1953 con tre minuti di vantaggio su Brasola e non so descrivere quel che accadde tra la folla, l'entusiasmo dei miei sostenitori, ma rivedo tutto come in una proiezione cinematografica. Al Tour andai io. Coppi rinunciò. Quel Giro di Francia venne vinto da Bobet, ma l'Italia si fece onore: il primo dei nostri, Astrua, arrivò 3°; io chiusi all'11° posto."

Adattamento da un'intervista a Gino Bartali pubblicata su "LA NAZIONE"
Supplemento speciale "Cento anni di vita" del 19 luglio 1959
LUGLIO 1949 - La vittoria italiana al Tour conferma l'insuperabile classe di Coppi e Bartali
MATTINO SPORT del 25 luglio 1949 - La vittoria italiana nel 36° Tour de France conferma l'insuperabile classe di Coppi e Bartali
Bartali commenta: sono orgoglioso di essermi sacrificato per la squadra
Il cerchio si è chiuso. Per venticinque giorni abbiamo srotolato un interminabile filo sulle strade perimetrali di Francia; un filo di 4.819 chilometri, sulla cadenza di una corsa snervante. E la gente guardava e applaudiva, milioni di persone abbiamo lasciato alle spalle in una rapidissima successione di fotogrammi; milioni di volti ignoti ma tutti che stranamente si rassomigliano, perché l'espressione era tutt'uno; gesti uguali e la passione era la medesima... Il Tour allarga sempre di più il proprio raggio d'azione e ha portato una ventata d'entusiasmo oltre frontiera: in Belgio, Spagna, Italia, Svizzera. Ovunque il suo fascino ha richiamato migliaia e migliaia di sportivi, fino alla conclusione di Parigi, da dove aveva preso le mosse il 30 giugno...

Erano 120 corridori, dalle maglie fiammanti, dalle energie fresche, i muscoli pronti a scattare. nei loro occhi c'era un luccichio di battaglia, nei loro cuori la grande speranza. Biciclette nuovissime sotto il sole.
Al seguito c'erano 300 autovetture e 1.000 persone: direttori sportivi, tecnici, accompagnatori, giornalisti, addetti allla carovana pubblicitaria. Nel cielo volteggiavano gli aerei ed erano anch'essi lustri e puliti come le auto... A Parigi, di corridori, ne sono arrivati meno della metà: stanchi, coperti di polvere e di sudore, bruciati dal sole, flagellati dalla pioggia e dalla neve. Le biciclette e le auto al seguito portano i segni di questi 5.000 chilometri e non ci abbandona il triste ricordo della sciagura aerea fra Aubisque e Tourmalet. Il cerchio si è chiuso, Il Tour ieri è finito, con due milioni di persone che lo hanno accolto lungo la strada per Parigi...
Come sportivi e come italiani è valsa la pena di viverlo perché sullo sfondo del Giro di Francia 1949 ci sono le maglie verde-bianco-rosse a spiccare con un rilievo fortissimo. Ancora una volta il Tour è andato ai nostri atleti, confermatisi i più forti in senso assoluto, i più intelligenti, i più combattivi. Hanno vinto, hanno stravinto, a dispetto della coalizione avversaria delineatasi fin dall'inizio che ha distribuito sfacciati aiuti ai corridori francesi. La nostra squadra è rimasta compatta, intatta fino all'ultimo. Sulla distanza i migliori sono balzati fuori e sul palo d'arrivo il vantaggio è stato netto...
Solo Apo Lazaridès (Apo è un diminutivo del vero nome del minuscolo corridore, che si chiama Apostolo) ha salvato l'onore dei francesi. Teisseire è apparso il solito discontinuo. Vietto farebbe bene ad attaccare la bicicletta al classico chiodo. Geminiani è uomo di alti e bassi e Laucien Lazaridès è apparso ancora immaturo...
Prima del vincitore è giusto citare (non per partigianeria) Gino Bartali il campione caro a tutti gli italiani. La figura del fiorentino, come uomo e come corridore, si eleva al di sopra di tutti, Coppi compreso. E' una valutazione serena, che nasce dalla sua corsa, dal suo stato d'animo, i suoi dubbi, l'estrema risoluzione. Nello sport non sempre chi vince è il migliore. Bartali non ha corso per Bartali: ha corso per l'Italia, da italiano puro, da sportivo integrale. E' venuto al Tour ben sapendo che sarebbe stato il numero due nella squadra, benché ufficialmente apparisse sullo stesso piano di Coppi. Sapeva che si partiva con la carta Coppi, eppure accettò lo stesso. Mise da parte i suoi interessi, i suoi tifosi dicendo: "Voi portate Coppi e io la mia esperienza. L'uno e l'altra ci aiuteranno a vincere..."
Diamo a Fausto quel che è di Fausto ed esultiamo che finalmente un nostro atleta sia riuscito in un'impresa che finora era apparsa follia sperare, cioè la vittoria del Giro di Francia e del Giro d'Italia nello stesso anno. A Bartali questa soddisfazione fu negata nel 1937 dalla disdetta. Coppi l'ha raggiunta ed è indubbiamente un grande merito. Coppi è un campione completo, un uomo dalle eccezionali possibilità, che forse non ha ancora dato il meglio di se stesso, che forse non è ancora temprato alle grandi prove all'estero. Guai per tutti quando entra in azione con quella sua cadenza pacata e rotonda, con quel pedalare continuo e senza sforzo che spezza le reni all'avversario che tenta di stargli a ruota. Ha fatto il suo primo Tour e l'ha vinto: quale migliore conferma di una classe d'eccezione?
Non si possono non citare gli altri italiani: il regolarissimo Biagioni, sempre fra i più attivi e fra i primi; Corrieri, sfortunato ma instancabile; Pasquini, che nelle ultime tappe ha fatto fuoco e fiamme; e poi Sciardis, Brignole, Pezzi, De Santi, Rossello, Ricci e Milano. Sono i soldati senza i quali i capitani non avrebbero certo avuto vita tranquilla. Anche il cadetto Magni si è imposto all'attenzione generale, pur essendo rimasto senza aiuti per le disavventure che hanno tolto di scena Cerami, Martini, Pedroni e Peverelli. Con maggiore fortuna avrebbe potuto chiudere al terzo posto, dietro a Coppi e Bartali...

Da "MATTINO SPORT" del 25 luglio 1949 - sintesi da un articolo di Roberto Gamucci
NELLA PRIMA PARTE DELLA CORSA BARTALI CADE SULL'AUBISQUE E COPPI LO ATTACCA

Bartali racconta: "Dopo quello che avevo fatto per lui, Coppi (che dopo una notte di incertezze aveva deciso di prendere nuovamente il via) mi promise che mi avrebbe aiutato nelle tappe che ci aspettavano. Accadde invece che - quando sulla salita dell'Aubisque caddi dopo essere stato urtato da un tifoso italiano che voleva darmi una bottiglia d'acqua - Coppi non se lo fece dire due volte per attaccarmi immediatamente. Non era questo il migliore modo per stare ai patti.
Al termine della discesa Fausto era a terra per una foratura, mentre io lo raggiungevo insieme ad Apo Lazaridès. Dalla sua macchina Binda mi ordinò di fare tutto il possibile per arrivare fra i primi, perché Coppi non stava molto bene.
Assieme a Fausto, sulle interminabili rampe del Tourmalet, tirai sempre io finché, a due chilometri dalla vetta, lui se ne andò per guadagnare l'abbuono sul traguardo del Premio della Montagna. La sera Coppi mi disse che non mi aveva mai visto alle sue spalle, altrimenti mi avrebbe aspettato.
La morale di tutta questa faccenda fu che Luciano Lazaridès e Robic, approfittando del mio ritardo per cambiare la ruota, mi raggiunsero e lavorando in perfetto accordo riuscirono a staccarmi. Continuando nel loro sforzo, i due francesi riuscirono a raggiungere anche Coppi (che era avanti di ben sei minuti) e a batterlo al traguardo di Luchon.
La sconfitta fu molto amara, ma grazie a questo episodio sulle Alpi si poté finalmente andare d'accordo
".

Da "LO SPORT" - Il romanzo di Coppi - numero speciale del 05 novembre 1953
STRETTA ALLEANZA TRA FRANCESI E BELGI MA, DICE BARTALI, NON CE LA POTEVANO FARE

Bartali racconta: "La stampa specializzata ci ha messo su un piano più elevato di quello che è in realtà. Si è detto che Coppi ed io possiamo prendere tutti i nostri avversari «con una gamba sola». Io vorrei dire a tutti coloro che parlano così: venite a vedere che cos'é il Giro di Francia. Anche oggi sono stati operati scatti continui e la nostra squadra ha risposto con tutte le forze disponibili; ma è chiaro che, alla lunga, settanta o ottanta possano aver ragione di dieci o dodici.
Dei nostri voglio elogiare particolarmente Pezzi, che si è fatto in quattro rincorrendo tutti e facendoci un servizio di rifornimento continuo. Anche Magni, che pure non sarebbe obbligato verso di noi, ci ha abituati nell'andare a riprendere i fuggitivi e nel tirare per permettere a noi di rientrare. Davvero un buon collega, Magni.
Sulla salita di Namour è successo un finimondo ed io e Coppi, con due strappi, siamo andati a riprendere chi tentava di fuggire. Anche Robic ha allungato, riuscendo a guadagnare un centinaio di metri, ma poi è stato ridotto alla ragione.
Nel finale abbiamo, a nostra volta, saggiato la resistenza di coloro che erano con noi e tutti hanno ceduto all'infuori di Dupont, Kubler e qualche altro. Nella volata Kubler si è classificato prima di me, lo confesso: ma anche lui deve confessare che mi ha trattenuto per la maglia! Cose che capitano...
Lambrecht, la maglia gialla, è un buon corridore sulle gare in linea, di un giorno insomma, e qui invece correremo per un mese. Non ce la farà, non ce la farà... Il Giro di Francia non si può vedere dalla prime due tappe e perciò la classifica ha un valore tutto relativo. Voglio inoltre dirvi una cosa e cioè che ho visto molti avversari in piena crisi: Vietto, Ockers, Fachleitner, Bobet, Kinte. Se ciò è accaduto loro alla seconda giornata, che cosa potrà succedere in seguito? Se oggi siamo arrivati pieni di catrame fino agli occhi, quali insidie ci aspetteranno domani col pavé che ci accompagnerà per cento chilometri filati?
Chi mi convince invece sempre di più è Robic. Non l'ho mai visto così in forma..."

Da GINO BARTALI racconta il Tour in esclusiva per "IL MATTINO"- edizione dell'Italia centrale del 2 luglio 1949
TOUR DE FRANCE 1950 - Kubler vince la 1a tappa a cronometro con un tempo record
TUTTOSPORT (Edizione straordinaria del 20 luglio 1950) - Ferdy Kubler vince la prima tappa a cronometro del 37° Tour de France. Per Fiorenzo Magni un ottimo secondo posto a soli 17" dallo svizzero
Nella Dinard-St.Brieuc lo spettacoloso Fiorenzo Magni è secondo a 17"
Tempi eccezionali nella prima tappa a cronometro del Giro di Francia. Ferdy Kubler ha vinto la Dinard-St.Brieuc con un tempo inferiore alle due ore. Al secondo posto si piazza Fiorenzo Magni, ugualmente spettacoloso e staccato di soli 17". Buona la gara di Bartali che finisce 11° e bella prova di Biagioni (14°). Terzo si è classificato Goldschmidt, il biondo lussemburghese, che ora è di nuovo al comando della classifica generale...
Colpo di scena nel dopogara: Kubler è stato multato di mille franchi e penalizzato di 15" perché, contrariamente alla disposizione dell'art. 3 del regolamento del Giro di Francia, durante la sesta tappa ha indossato una maglia diversa da quella fornitagli dagli organizzatori... In assenza di

Coppi e Koblet, questa tappa non poteva che vincerla che Kubler. Coppi lo aveva battuto l'anno scorso al Tour; Koblet lo aveva sconfitto recentemente al Giro della Svizzera; ma non c'erano altri che potessero superarlo. E in questo Tour Kubler corre insolitamente bene: prudente, calcolatore, risparmiatore. Non più le pazzie atomiche, le fughe in partenza tipo Cannes-Briançon. Quelle le lascia a Geminiani. Corre ora per la classifica, ha una squadra per sé, punta anche lui alla vittoria finale. Avendo corso sinora senza lasciare il cervello nella camera d'albergo, la sua vittoria era prevista e, bisogna dirlo, è stata una bella vittoria. Raggiungere quasi i 40 all'ora su un percorso simile, 78 chilometri tutto saliscendi, con vento contrario, è stato un prodigio... Si scommetteva che nessuno sarebbe riuscito a compiere un tale percorso in meno di due ore. Kubler ce l'ha fatta in 1 ora 57'22". E' riuscito ad usare su quei dislivelli un rapporto di 51x15, qualcosa come sette metri e mezzo circa ogni giro di pedale: un "volante", come si dice un "padellone". A tanto sono giunti ormai i corridori. Usano rapporti da pista su percorsi accidentati. Quando li vedi sembra che girino piano, invece in un momento diventano piccoli e scompaiono... Un giorno voleranno senza bisogno delle ali...
Quando Magni è giunto in pista nessun corridore era ancora riuscito a scendere sotto le due ore. Di colpo Fiorenzo ha abbassato il tempo del parziale primo in graduatoria (Dussault) di circa 4 minuti, cosa che al pubblico del piccolo velodromo di Saint Brieuc è apparsa un miracolo. Molti si domandavano se Magni non fosse stato sull'elicottero che stava sorvolando il traguardo, se non fosse sceso col paracadute... Magni era già in albergo quando sulla linea di arrivo è arrivato Kubler e l'incredibile si è avverato...
Ma forse è meglio così: le troppe vittorie italiane irritano i forestieri; ed è in buona parte per la stizza che i commentatori di qui si lasciano andare a commenti ingiusti sul modo di correre degli italiani. In questo Tour tutti corrono assai più "all'italiana" degli Italiani, ma le critiche si appuntano più su di loro che sugli altri...
Un motivo di soddisfazione oltre il brillante secondo posto di Magni è l'ottima prova di Bartali. Gino corre serenamente, con un ruolino di marcia in cui le tappe a cronometro non sono segnate come sforzi massimi da compiere per guadagnar minuti. Il suo sforzo lo sfodererà sulle montagne, dove possono saltare le mezze ore. Bisogna inoltre dire che ieri Bartali ha festeggiato il suo trentaseiesimo compleanno con un bel raffreddore. Respirava già male e oggi, durante la corsa, tossiva. Essendo in forma è andato però ugualmente forte, ha pure guadagnato su Robic, col quale dovrà fare i conti quando le strade cominceranno a salire.

Da "TUTTOSPORT" edizione straordinaria del 20 luglio 1950 - sintesi da un articolo di Carlin
Il Tour de France 1950 venne poi vinto da Kubler, il quale concluse i 4.832 chilometri della corsa ad una media
oraria di 33,188; al secondo posto si piazzò Ockers, con un distacco di 9'30"; terzo arrivò Bobet.
*** In altra pagina Ferdy Kubler campione del mondo su strada a Varese nel 1951
TOUR DE FRANCE 1950 - Bartali insultato e aggredito sui Pirenei: italiani tutti a casa...
TUTTOSPORT (Edizione Carlin del 26 luglio 1950) - Gli italiani abbandonano il Tour dopo l'aggressione in corsa subita da Bartali, che comunque era arrivato primo a Saint-Gaudens
Nonostante il fattaccio è primo a Saint-Gaudens - Magni in maglia gialla
Trionfo italiano nella tappa dei Pirenei. Bartali vince in volata regolando Bobet, Ockers e Geminiani. All'arrivo di Saint-Gaudens Fiorenzo Magni si ritrova in maglia gialla ma i corridori italiani non prenderanno il via domani mattina per la dodicesima tappa del Tour! La decisione è stata presa questa notte, al termine di una lunga ed animata discussione, alla quale è intervenuto anche Jacques Goddet. Già durante la corsa Alfredo Binda aveva avvertito i giornalisti italiani che sul Col D'Aspin era accaduto un fattaccio insopportabile. Lungo la salita la folla era molto fitta ed invadeva la sede stradale. Improvvisamente Bartali era caduto di bicicletta dopo essere stato colpito con un pugno da un energumeno che poi aveva anche cominciato a

picchiarlo. Bartali, al termine della tappa, raccontava ai giornalisti di essere stato colpito alla tempia e nella caduta di avere coinvolto Robic. L'assalitore era riuscito a impadronirsi della sua bicicletta e a scagliarla lontano, al di là del pubblico. Quindi l'aggressione, alla quale il fiorentino cercava di rispondere con alcuni pugni. Per sedare la rissa che si era scatenata, anche Goddet aveva cominciato a tirare di boxe. Nel parapiglia era rimasto coinvolto anche Kubler. Tornata la calma e ritrovata la sua bicicletta, Bartali ripartiva a spron battuto andando a raggiungere Ocker e Bobet, ancora letteralmente esterrefatti dall'accaduto.
Questo grave episodio aveva poi condizionato la sua condotta di gara. Nel finale, rincuorato e coadiuvato da Magni, ad un certo punto si era ritrovato in fuga con lui, ma la paura di restare isolato lo aveva indotto a desistere e a pregare il compagno di squadra di rallentare per aspettare gli altri. La tappa l'aveva poi vinta ugualmente in volata...
Magni era dell'opinione di continuare il Tour ma Bartali non sentiva ragioni e la sua decisione di abbandonare in nottata ha ottenuto la piena solidarietà del commissario tecnico Alfredo Binda, di tutti i suoi colleghi e dei rappresentanti della stampa italiana... Italiani tutti a casa quindi, alla luce di un episodio grave, che, in caso contrario, avrebbe sicuramente avuto pesanti ripercussioni psicologiche sui corridori, rendendo non regolare la prosecuzione della corsa...
Questo fattaccio o altri episodi isolati (come quello del Tour in cui i belgi dovettero andarsene per avere avuto il pepe negli occhi a pochi passi dal paese del loro idolo) non intaccano comunque una lunghissima tradizione di cortesia. La Francia ha un grande passato di sportività e l'enorme maggioranza dei francesi, anzi la quasi collettività, è ospitale, gentile e corretta...

Da "TUTTOSPORT" - Edizione Carlin del 26 luglio 1950
TOUR DE FRANCE 1959 - Federico Bahamontes, l'«aquila di Toledo», in giallo a Parigi
LA NAZIONE del 19 luglio 1959 (numero speciale del centanario) - Lo spagnolo Federico Martin Bahamontes vince la 46° edizione del Tour de France
E' la prima volta che un corridore in maglia giallorossa vince
una grande competizione ciclistica internazionale
La scena del trionfo al Parco dei Principi è appena terminata. Gli spagnoli sono pazzi: Federico Bahamontes finalmente ce l'ha fatta. La notte di tutti gli incubi è volata via. Superstiziosi quanto mai, essi avevano fatto mille scongiuri. Temevano lo sgambetto, la beffa dell'ultimo momento. Ora la realtà li esalta. E' la prima volta che un corridore in maglia giallorossa vince una grande competizione ciclistica internazionale. E il Tour de France è la massima aspirazione di tutti. Bahamontes è entrato nei ranghi degli «eroi» popolari iberici: sta fra il «Cid» e il torero Manolete, fra Don Chisciotte e l'espada

Dominguin, fra la Carmen e il portiere Zamora, far il pugile Paulino Uzcudum e il centroavanti Di Stefano. Lo spagnolo ha vinto meritatamente questo Tour. E' stato alla «finestra» quasi mimetizzandosi per non essere notato nelle prime nove tappe, cioè da Mulhouse ai piedi dei Pirenei. In quella fase il suo nome non figurava quasi mai nelle cronache, tranne una volta quando l'iberico era riuscito a ficcarsi in un gruppo di «mezze figure» in fuga nell'ultimo tratto di una tappa di pianura, riuscendo a precedere di 1'30" gli altri «assi». Ma quell'episodio fu subito dimenticato e nessuno pensò che Bahamontes, con quel colpire e ritirare immediatamente la zampa, avesse posato la prima pietra del suo successo finale...

CHI E' BAHAMONTES, L'«AQUILA DI TOLEDO»

Bahamontes è nato a 15 chilometri da Toledo, non in un paese, ma in un villaggio, semplicemente in una piccola casetta sulla strada per Madrid. Si può dire che sia nato proprio per la strada. I suoi genitori, infatti, proprio perché poverissimi, erano andati ad abitare in una di quelle case cantoniere dette dei «peones camineros», dove possono alloggiare - senza pagare l'affitto - coloro che non avendo mestieri precisi, si adattano a fare i sorveglianti lungo le grandi strade nazionali, impegnandosi anche a compiere lavori di manutenzione. Su quella cantoniera da «peones camineros» è probabile che oggi ci murino addirittura una lapide: "Qui nacque...".
Da lì spiccò il volo l'«aquila di Toledo». Tale è il nomignolo che gli sportivi spagnoli avevano dato a Bahamontes. Altri lo chiamavano, meno poeticamente, «cavron»: certo, caprone, perché la sua faccia con un mento aguzzo sulla punta della quale rimane sempre un po' di peluria, ricorda, seppur vagamente, la testa di quell'animale. Del resto, anche il caprone sa bene arrampicarsi...
Bahamontes è magrissimo ed ha gesti lenti, come se facesse fatica a muovere gli arti e muoversi lui stesso con un po' di speditezza. La sua voce è delle più strane che si siano mai sentite: un fil di vocina bambinesca, che si trascina come in un miagolio. Da ragazzo era andato nella vicina Toledo a fare il garzone di mercato. Portava su e giù cesti di patate, verdure, frutta, cosciotti di coniglio. Perché facesse prima a recapitare la merce nelle case dei clienti, uno dei tanti padroni che ebbe gli dette una vecchia bicicletta, tanto vecchia che perdeva dei pezzi ad ogni pedalata. Toledo è una città fatta di strade ripide, una bolgia di salite. Bahamontes si accorse di lasciare per strada tutti gli altri garzoni e un giorno trovò un tizio che gli mise in testa il «pallino» di cimentarsi in una corsa. Il suo mestiere diventò allora quello del corridore...
Non guadagnava tanti soldi come gli «anziani» più rinomati, però aveva sempre i suoi bravi contratti. Risparmiò molto, accumulando un piccolo gruzzoletto. Ora possiede un magazzino di cicli e di motocicli ed è rappresentante di pneumatici italiani e di fucili da caccia di grande marca per Toledo e provincia. E' sposato con Fermina e non ha figli.
COME SI VINCE UN TOUR DE FRANCE
La vittoria di Bahamontes conferma che, a dispetto delle tante diavolerie delle formule delle attuali corse a tappe, un Tour de France non può vincerlo che un corridore che vada forte in montagna. L'«aquila di Toledo», nelle tappe di media e alta montagna, ha guadagnato sei minuti sul secondo in classifica; ha guadagnato anche in modo netto: tre minuti su Anglade, di più sugli altri. Nella tappa a cronometro in salita ha potuto perciò riprendere i diversi minuti che era destinato a cedere nelle tappe a cronometro pianeggianti. Bahamontes ha usufruito anche di un minuto e mezzo di abbuoni come Baldini; Anglade e Anquetil di uno. Solo Riviere ha fatto meglio con due...
Bahamontes era il più forte in campo dopo la scomparsa di Gaul dal piedistallo di favorito. Il Baldini di questo momento ha denunziato troppe debolezze per potersi imporre: in montagna non camminava più di un corridore di media levatura ed ha chiuso al sesto posto della generale. Anquetil e Rivière, accecati dalla rivalità che li divide, quando hanno capito che nessuno dei due poteva vincere, si sono impegnati nel ridicolizzare la manifestazione, finendo col preferire la vittoria di un corridore che non apparteneva alla loro «èlite». Ai due francesi sarebbe bruciata moltissimo la vittoria di uno di essi o di un Baldini...
Da "LA NAZIONE" - numero speciale del centenario - 19 luglio 1959 - adattamento da un articolo di Beppe Pegolotti
CLASSIFICA FINALE DEL 46° TOUR DE FRANCE:  1°) Bahamontes - 2°) Anglade a 4'01" - 3°) Anquetil a 5'05"
4°) Rivière a 5'17" - 5°) Mahè a 8'22" - 6°) Baldini a 10'18" - 7°) Adriaenssens a 10'18" - 8°) Hoevenaers a 11'02"
9° Saint a 17'40" - 10° Brankart a 20'38"
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