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Scoperte, invenzioni, record
e avvenimenti importanti che
hanno segnato il XX Secolo |
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Finestre fotografiche
su Liguria e Toscana |
GENOVA |
Il
capoluogo della Liguria
ha il centro storico più grande
d'Europa. Nel 2004 è stata la
"Capitale Europea della Cultura"... |
EUROFLORA |
In
primavera, ogni 5 anni,
alla Fiera di Genova va in scena
lo spettacolo dei fiori per eccellenza.
I giardini più belli del mondo... |
VIA FRANCIGENA |
Col
Giubileo del 2000 è stata
definitivamente rivalutata
la via di Sigerico, che i pellegrini
percorrevano a piedi fino a Roma,
in segno di pentimento... |
PARCO DEL MAGRA |
A
Gennaio 2008 il Parco Naturale
Regionale del Magra è il territorio
eco-certificato più esteso d'Europa... |
GOLFO DELLA SPEZIA |
Tra la punta
di Portovenere e il Capo Corvo si apre una delle più
profonde insenature di tutto il litorale occidentale
italiano, declamata nei versi di illustri poeti e nella
quale è incastonata La Spezia, città sede di porto
militare e mercantile, che oggi è anche punto di
attracco per le navi da crociera... |
LE CINQUE TERRE |
Cinque
borghi marinari il cui destino è sempre stato
storicamente legato alla terra e all'agricoltura
piuttosto che alla pesca. Un paradiso naturale della
Liguria che nel 1997 è stato inserito dall'UNESCO tra i
Patrimoni Mondiali dell'Umanità... |
LA VAL DI MAGRA |
Nobili,
vescovi, mercanti e pellegrini
lungo l'asse della Via Francigena.
Culture differenti
per storia e tradizioni,
nei secoli, si sono sovrapposte
e hanno permeato il territorio con
i segni del loro passaggio... |
LA VAL DI VARA |
La
"Valle dei borghi rotondi"
è anche conosciuta come
la "Valle del biologico" per le sue
produzioni agricole ottenute con
metodi antichi e naturali.
Varese Ligure nel 1999 è stato il
1° comune ecologico d'Europa... |
LA LUNIGIANA |
La
"Terra della Luna", in Italia,
ha la più alta concentrazione di
antichi castelli. Se ne contano
circa 160. Alcuni sono bellissimi e perfettamente
conservati... |
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Close Up |
Argomenti del
sito in primo piano,
eventi, news e storia del territorio |
Le Alpi Apuane
Originano da movimenti
tettonici del fondo marino
e sono un "monumento
geologico" unico al mondo... |
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Liguri Apuani e Statue Stele
Le radici più profonde delle
comunità lunigianesi affondano
fino alle soglie della protostoria.
Mari e monti un tempo erano
occupati dalla bellicosa
popolazione dei Liguri Apuani... |
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Carta della Lunigiana Storica
Una cartina con note mostra il
territorio, un tempo abitato dai
bellicosi Liguri Apuani, da dove
parte questo sito... |
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Antiche ricette in Lunigiana
Piatti prelibati di
una cucina essenziale, ma non per questo meno saporita. Cibi dal
sapore antico che tornano ad imbandire le nostre tavole dopo
essere stati riscoperti a nuova vita. |
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Ferrovia Aulla-Lucca
Il
fascino dei treni d'epoca
e delle locomotive a vapore |
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Ferrovia Pontremolese
Una
linea di vitale importanza
per La Spezia e la Lunigiana |
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Ex
Ceramica Vaccari
Il comprensorio
della fabbrica è un prezioso esempio di civiltà industriale di
fine Ottocento e rappresenta un pezzo di storia fondamentale per
Santo Stefano Magra e per tutta la Provincia della Spezia. Le
aree recuperate vengono oggi dedicate all'arte, allo spettacolo,
alla cultura... |
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Il dialetto genovese
Le trasformazioni
fonetiche avvenute nella parlata di Genova sono un segno
inequivocabile del dinamismo espresso dalla città durante i
secoli della Repubblica. A Genova il dialetto è una lingua viva,
che oggi viene insegnata anche nelle scuole... |
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Infiorate del Corpus Domini
"Per tetto un cielo di stelle e
per strada un tappeto di fiori...".
A Brugnato, ogni anno, giovani e
meno giovani si radunano nel
centro storico per abbellire strade
e piazze con disegni floreali,
secondo un'antica tradizione che
origina da un miracolo
avvenuto a Bolsena... |
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Mezzi da lavoro storici
I raduni e le
esposizioni di questi autoveicoli sono un modo per ricordare ed
onorare le persone che, in passato, questi mezzi li hanno
guidati per mestiere... |
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Mezzi militari storici
I più celebri
veicoli militari che hanno partecipato alle vicende della
Seconda Guerra Mondiale sfilano per strade e piazze e mantengono
vivo il ricordo di quei terribili giorni... |
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INDICE GENERALE
'800
CRONACA 01
02
03
04
05
06
SPORT
GIRO
TOUR
CICLISMO
ALTRI
FAUSTO COPPI
INTER
RIVISTE |
Storia e leggenda dei primi cinquant'anni della "Grande Boucle" |
GENNAIO 1903 -
Henry Desgrange pubblica il primo regolamento del Tour de France |
L'"Auto-Velo" e il "Velo"
erano due giornali sportivi dell'epoca,
ma non vi era accordo fra di essi. Anzi
il "Velo" fece il diavolo
a quattro perchè l'"Auto-Velo"
modificasse la testata in "Auto"
solamente. La causa si trascinò in vari
tribunali, finché il 15 gennaio 1903
quello di Parigi emise la sentenza che
l'"Auto-Velo", d'ora in
avanti, avrebbe dovuto chiamarsi "Auto"
soltanto.
L'"Auto" era il giornale
di Henry Desgrange, il quale fu
mosso immediatamente un'idea collerica, per
ripagare |
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il quotidiano concorrente di tanta acredine.
Il 16 fece uscire la testata col nome
ripulito, il 17 pubblicò in prima pagina
il calendario delle gare ciclistiche che
il quotidiano stesso avrebbe organizzato
in quell'anno. Erano 4 in tutto e una di
esse era annunciata con grande spolvero,
come una grande corsa ciclistica su strada,
di cui tutti in futuro |
Le vicende odierne
del Tour de France attraverso il
sito ufficiale |
avrebbero ricordato la data di nascita.
Facendo seguito alle attese, il 25 gennaio
1903, l'"Auto"
pubblicava il primo regolamento del
Giro di Francia: sei tappe in tutto,
per una durata di 5 settimane, dal 31
maggio al 5 luglio. I corridori
avrebbero dovuto pagare 20 franchi per
l'iscrizione all'intera corsa, o 5
franchi per ogni tappa. I premi in palio
assommavano globalmente a 20.000 franchi.
La leggenda vuole invece
che il Tour sia nato
quando Henry Desgrange ebbe la
luminosa idea di fare della
Marsiglia-Parigi e della
Bordeaux-Parigi una corsa sola, con
l'aggiunta di un troncone |
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che dalle sponde del Mediterraneo
portasse i corridori a quella
dell'Atlantico. Si dice, ma non è vero,
o lo è solo in parte. In verità il Tour è nato
da un battibecco fra due grandi passisti
del tempo, che dividevano
salomonicamente le vittorie in una e
nell'altra gara, e non riuscivano mai a
stabilire chi dei due fosse realmente il
più forte. Costoro lanciarono la
singolare sfida di raddoppiare le
distanze in modo che si sarebbe
finalmente visto chi era il più
forte. Le chiacchiere viaggiavano e
vennero all'orecchio di Desgrange il
quale, considerato che in fondo 2.000 Km
in più sarebbe stati digeribili per la
maggior parte dei "routiers"
di allora, mise l'idea alla prova. In un
modo o nell'altro,quindi, il Tour è nato
in mezzo alla polemica e, senza di essa
probabilmente non sarebbe mai esistito,
o sarebbe venuto solo più tardi...
Il primo vincitore del Tour de France fu
il francese Maurice Garin,
che a 32 anni portò
a termine le sei |
tappe, per complessivi 2.426 chilometri,
ad una media di 25,288 Km/h.
Secondo in classifica risultò
Pottier, con un distacco di
2 ore 49'00". Terzo arrivò
Augerean, quarto
Muller, quinto Fischer.
In quella prima edizione si
presentarono al via 80 corridori
e ne arrivarono al traguardo
finale solo 21. Un distacco
superiore all'ora si registrò
anche nel 1919 quando il belga
Lambot mise tra se e il
secondo arrivato Alavoine J.
1 ora 42'45", nel 1926 quando il
belga Buysse L. vinse con
1 ora 22'25" di vantaggio sul
lussemburghese Frantz.
Quest'ultimo si aggiudicò poi
l'edizione del 1927, superando
il belga Dewaele, giunto
sul traguardo finale con 1 ora
48'21" di ritardo. Dal 1928 in
poi i ritardi, tra primo e
secondo, si contarono
nell'ordine di soli minuti.
Il primo italiano vincitore di
un Tour de France fu Ottavio
Bottecchia,
che vinse nel 1924 (30 anni) e
nel 1925. Bisognerà
aspettare poi fino al 1938 per |
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trovare un altro connazionale primo
nella graduatoria finale: si
tratta del ventiquattrenne
Gino Bartali che percorse i
4.686 chilometri alla media di
31,560 Km/h, arrivando con
18'27" di vantaggio sul belga
Verwaecke. Gino Bartali
bissò poi il suo successo nel
1948 e l'anno seguente fu la
volta di Fausto Coppi (30
anni) a salire sul gradino più
alto del podio, lasciandosi
dietro lo stesso fiorentino a
10'55". Coppi rivinse poi il
Giro di Francia nel 1952,
centrando di nuovo l'accoppiata
Giro-Tour che già aveva
conquistato nel 1949.
Nei primi 50 anni della "Grande
Boucle" molti furono gli
italiani che si distinsero
terminando la corsa |
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alla piazza d'onore: Bottecchia
(1923) - Guerra (1930 e
1933) - Martano
(1934) - Morelli (1935) -
Vicini (1937). Al terzo
posto della classifica finale
risultarono invece: Aymo
(1925 e 1926) -
Pancera (1929) -
Pesenti (1931) -
Camusso (1932) -
Martano (1933) -
Brambilla (1947). Fino al
1937 si poteva correre al Tour
de France anche senza squadra,
nella categoria "isolati",
anche se partecipare in quel
modo era veramente dura. Gli
italiani che vinsero in questa
categoria furono: Bottarelli
(1913) - Pratesi (1923 e
1924) - Rossignoli (1926) -
Martinetto (1927) -
Barral (1932) -
Martano (1933 - 3° in
classifica genarale) - Vicini
(1937 - 2° in classifica
generale). A partire dal 1938 la
categoria degli "isolati"
venne abolita.
La prima tappa a cronometro
venne vinta nel 1934 dal
francese Antonin Magne,
che dopo 4.370
chilometri, percorsi alla media |
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di 29,460 Km/h risultò primo anche nella
classifica finale con 27'31" di
vantaggio sull'italiano Martano. Martano
era un ottimo scalatore: nel 1933 e nel
1934 concluse al 3° posto nella speciale
classifica del Gran Premio della Montagna.
Dai primi anni '50 il Giro di Francia
subisce alcuni rinnovamenti.
Secondo la tradizione il Tour
era destinato a seguire le coste
marittime francesi ed a lambire le sue
frontiere. Questo obbligo geografico gli
imponeva |
condizioni che si rivelarono
inadeguate alle necessità
delle nuove formule.
L'itinerario, pur mantenendo (nei
limiti del possibile), il suo aspetto
circolare classico, venne perciò
integrato con nuove strade e
nuovi terreni di gara. Per
contrastare la tendenza di gran
parte dei corridori a non battersi
dal primo all'ultimo chilometro, con
i grandi impegnati a
frenare la corsa all'infuori dei
punti cruciali dove la loro
superiorità poteva naturalmente
esprimersi al meglio, vennero
introdotte tre innovazioni. Si
trattava di tre premi
sostanziosi che ogni tappa
riguardavano: 1) la squadra
meglio classificata con i primi
tre corridori - 2) il corridore
più combattivo - 3) un
bracciale-rendita di 100.000
franchi per il primo della
classifica generale. Si cercava
cioè di stimolare le coscienze
di tutti i corridori per
sottrarli alla legge degli assi.
Dal punto di vista
dell'organizzazione tecnica e
sportiva vennero migliorate le
sistemazioni negli alloggi,
potenziate le segnalazioni lungo
il percorso ed adottati nuovi
apparecchi ultramoderni per il
cronometraggio.
Era naturale che ogni cosa
venisse messa in opera al meglio
onde soddisfare |
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le esigenze dei più grandi campioni e
compensare gli sforzi di tante
federazioni. All'epoca Jacques Goddet,
patron del Tour, sottolineava con un
certo rammarico come alla corsa
ciclistica venisse attribuita troppa
importanza. Un fardello pesante quello
di rappresentare non soltanto
nell'interno della Francia, ma anche
agli |
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occhi di gran parte del globo,
un avvenimento di portata
internazionale al quale partecipavano
con un po' di fanatismo i popoli
del mondo intero. Gli
organizzatori del Tour, in
Francia, si sforzavano invece di
esortare i loro colleghi di
stampa parlata o scritta a
considerare la manifestazione
solo per quello che era: una
prova sportiva divenuta nel
tempo anche una gioiosa festa
popolare.
Anche Felix Levitan,
capo dei servizi
sportivi del "Parisien
Libéré", si era sentito
di rispondere ad alcune critiche
malevole che venivano rivolte
agli organizzatori del Tour. In
particolare, secondo le cattive
lingue di ogni parte del mondo,
quando veniva fissato
l'itinerario della corsa, le
città scelte come sede di tappa
sarebbero state quelle meglio
disposte a fare grossi sacrifici
finanziari. Levitan non negava
che gli organizzatori avevano
l'impossibile compito di
pareggiare un bilancio molto
oneroso e, quindi, di ricevere
aiuti dalle varie municipalità,
ma nel contempo ribadiva
l'impegno a conservare al
tracciato del Tour un carattere
eminentemente sportivo, con una
parola d'ordine: assicurare il
successo di un "routier"
completo. Nel 1952
la macchina organizzativa
del Tour de France era
diventata colossale.
Non più sei tappe come nella
prima edizione, ma 23. I premi
erano passati da 20.000 franchi
a svariati milioni.
Monsieur Letorey,
uno dei "marescialli"
dell'armata del Tour, affermava
con orgoglio che i corridori
avrebbero potuto comodamente
percorrere l'esatto itinerario
senza sbagliare di una via,
anche senza la guida delle
staffette dei motociclisti.
Sarebbe infatti bastato porre
gli occhi sui 22.000
manifesti e le 6.000 frecce
di segnalazione che indicavano
le strade da percorrere. Anche
se un corridore fosse partito
con un mese di |
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ritardo rispetto agli altri,
avrebbe potuto ugualmente e
comodamente raggiungere il Parco
dei Principi, senza paura di
perdersi. Gli uomini impiegati
per mantenere l'ordine pubblico
durante il Giro di
Francia '52 furono oltre
50.000 tra gendarmi,
soldati, vigili del fuoco e
appartenenti a società sportive.
Nel solo giorno dell'arrivo a
Parigi ne vennero utilizzati
oltre 3.000. Le autovetture
al seguito della corsa
assommavano ad oltre 350
( con l'aggiunta di altre 120
unità al passaggio in terra
belga). L'organizzazione aveva
anche il compito di distribuire
4 bottigliette di alluminio per
ogni corridore ( due alla
partenza e due al rifornimento),
che poi venivano gettate via dai
concorrenti.
In totale 10.000 recipienti a
70 franchi. Tre le squadre
di cucina, ognuna formata da tre
uomini; nove cuochi incaricati
di preparare il menù ai
corridori. In totale verranno
consumati: 450 Kg di prugne,
10.000 tra arance e pesche,
8.000 banane, 12.000 panini,
12.000 tartine,
700 kg di zucchero, 150
dozzine di uova,
150 kg di formaggio, 3
quintali di riso, oltre a
caffè, |
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acqua minerale, limonata, birra, thè
per dissetare i corridori.
Anche le maglie vennero
fornite dall'organizzazione:
150 ogni squadra
per un totale di 2.000 maglie
a 1.500 franchi l'una
(pari a tre milioni di franchi).
Complessivamente il Giro
di Francia 1952 ebbe al seguito
1.200 persone, con un costo organizzativo
di 140 milioni di franchi ed un
"giro d'affari" di oltre 300
milioni di franchi. Una vera
armata napoleonica in marcia... |
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Henry Desgrange fu un grand'uomo, il maggior
patrono del ciclismo |
Henry Desgrange bonanima fu un
grand'uomo, il maggiore che vanti la
storia del ciclismo. E' infatti
impossibile citare un altro uomo che
abbia sommato tante qualità e tali
primati in questo sport - così nel campo
dell'azione come in quello del pensiero
- quanti en ha assommati Henry
Desgrange. Egli fu primo in tutto. Fu
primo come corridore, conquistando nel
1893 - con una bicicletta di quel tempo!
- il primo record mondiale dell'ora (Km
35,325). Fu primo come organizzatore,
creando nel 1903 la prima corsa a tappe,
quel Giro di Francia che doveva poi
essere imitato dalle altre nazioni. Fu
primo come giornalista, dirigendo il
maggiore giornale sportivo del mondo,
l'Auto: quell'Otò su cui si lessero, a
firma sua, le più fini, garbate, concise
cronache e critiche che mai si siano
lette. |
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La Francia politica gli assegnò la
massima onoreficenza, quella di
"ufficiale della
Legion d'Onore; la Francia sportiva lo
chiamò Patron. Lingua bellissima, la
francese è meno ricca di sfumature
dell'italiana; e Patron, come il latino
"patronus" da cui deriva,
significa tanto padrone quanto patrono,
cioè protettore, patrocinatore.
L'appellativo fu da tutti accettato;
perché Desgrange non era soltanto il
padrone delle corse su strada come di
quelle su pista (essendo proprietario di
velodromi, particolare importante) ma
era propriamente il maggior patrono del
ciclismo. Patronus deriva da pater, cioè
padre; e Desgrange può ancora oggi
venire considerato come il «Padre del
ciclismo», sia nel senso dell'autorità
indiscussa come dell'amore creativo ed
educativo. Innovatore geniale e mai
contento, Desgrange non varò mai due
Tour de France uguali. Cominciò con
poche tappe da percorrere in giorni
alterni per arrivare alle tappe
consecutive, iniziò dai duemila
chilometri per arrivare ai cinquemila,
dalle tappe di quattrocento o
cinquecento chilometri per arrivare a
quelle brevi, alle tappe a cronometro, a
quelle con partenze separate. Modificò
continuamente la formula, fino ad
inventare gli abbuoni. Nel Tour de
France del 1932 al primo arrivato
venivano regalati 4 minuti di abbuono e
se questi arrivava 3 minuti prima del
secondo, riceveva altri tre minuti in
regalo: in tutto sette minuti di
abbuono! Questi e altri artifici
uscivano dalla mente vulcanica del
Patron, per rendere sempre più
drammatica la sua creazione...
Lo sport, talora, ne usciva violentato
perché troppo era concesso alla
disumanità della fatica, alla
terribilità dello spettacolo; ma il Tour
de France risultava sempre un'impresa
avvincente, a costo di prendere gli
attori per la gola. ma gli attori erano
ben pagati, la giustizia era assicurata,
chiunque poteva vincere il Giro di
Francia. Era un'impresa titanica, che
superava i limiti sportivi; ma la
crudeltà non arrivava mai all'iniquità,
all'ingiustizia...
Le case industriali tentarono di
minacciare la regolarità del risultato
del Tour, di scuotere l'autorità stessa
del Patron. Ma questi non era certo uomo
da subire simili attentati e nel 1930
estromise addirittura l'industria e creò
il suo capolavoro, un capolavoro di
audacia, di potenza, di organizzazione:
il Tour de France a squadre nazionali e
regionali, con biciclette anonime
(ridipinte in giallo, il colore che
ricordava quello del paglierino "Auto")
con corridori assoldati direttamente
dall'organizzazione. Essi dovevano
portarsi soltanto la sella e il
manubrio, i due accessori più intimi,
insostituibili dei corridori. A tutto e
a tutti pensava l'"Auto"... |
Da "TUTTOSPORT" del 10 luglio 1950 -
sintesi da un articolo di Carlin |
SOLO CON I CORRIDORI, LO SPETTACOLO DEL TOUR SAREBBE NULLA |
Se al Tour vi fossero soltanto i
corridori, lo spettacolo sarebbe nulla.
Anche essendo più di cento, come sono,
lo spettacolo del loro passaggio, dato
che viaggiano sovente in gruppo unico,
non durerebbe più di un minuto.
Lo spettacolo è dato invece dalle
automobili che li seguono e li
precedono. Si calcola che siano poco
meno di 200. Vi sono i carri
pubblicitari, le vetture della stampa,
quelle dei servizi, quattro autocarri di
materiale, due camion officina. E vi
sono le 14 Jeeps date dagli
organizzatori ai direttori sportivi
delle squadre: esse sono tutte dipinte
di bianco e hanno sei ruote di
bicicletta allineate sopra. Soltanto la
macchina di Binda è fuori ordinanza: la
"1100" scoperta della
Benotto al Giro d'Italia.
Poi vi sono 60 motociclette ed una
autoambulanza col dottore e tre
stagionate infermiere a bordo.
Il Tour è, in fondo, una corsa
automobilistica e siamo noi, gli
automobilisti, i più importanti della
carovana per lo spettacolo. Perciò ci
diamo delle arie... |
Da "TUTTOSPORT" del 21 luglio 1950 |
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COSA NE PENSAVA DEL TOUR BIAGIO CAVANNA, IL MASSAGGIATORE DI FAUSTO COPPI |
"Se c'è una corsa della quale
è difficile, per non dire impossibile,
prevedere l'andamento, questa è proprio
il Tour. E ciò non dico per
giustificare quanto esporrò, ma perchè
una corsa a tappe come quella francese,
che si svolge in un'atmosfera tutta
particolare e in un periodo in cui i
termometri salgono pazzescamente, non
può davvero permettere le solite
previsioni. Al Tour io sono andato varie
volte e sempre ho avuto modo di
constatare come le previsioni della
vigilia, nemmeno una volta - ripeto,
nemmeno una volta - hanno trovato poi
conferma nella realtà dei fatti. Troppe
volte ho visto corridori con vantaggi di
mezze ore crollare piegati non tanto
dagli avversari quanto dalla canicola
(la quale, nelle zone della Francia
Meridionale, supera in molte
occasioni i 40 gradi all'ombra). |
|
E' per questo che considero
sempre il Tour un'incognita,
anche per il più quotato dei corridori.
Se la sua formula va bene per certe
squadre nazionali, nelle cui fila la
rivalità non è troppo accesa, non è
certo la migliore per fare andare
d'accordo i corridori italiani che,
credendosi ciascuno superiore a tutti
gli altri, difficilmente riescono a
trovare l'amalgama necessario. Non esito
anche a dire che quando, durante il
recente Giro d'Italia (1952), Coppi mi
chiese cosa ne pensassi del prossimo
Tour, gli risposi che avrebbe dovuto
andarci soltanto se la squadra avrebbe
funzionato secondo un preciso programma
prestabilito. Altrimenti, precisai a
Faustino, sarebbe stata tutta fatica
sprecata. E' infatti perfettamente
inutile tirar fuori l'anima in una
competizione quando nella squadra ci
sono elementi i quali poco si curano
della compattezza della formazione e
badano principalmente a conseguire
successi personali" - Il riferimento
a Bartali è fin troppo evidente e
Cavanna aggiunge: "Mi auguro che
quest'anno Fausto debba sventare molti
meno attacchi di francesi, svizzeri e
belgi e che non si trovi più da solo,
anche se capisco che Bartali e Magni
hanno tutti i diritti di partecipare al
Tour senza essere obbligati a fare i
gregari di Coppi". |
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LUGLIO 1933 - Il savonese Giuseppe Martano si impone nella categoria «isolati» |
Savona, 23 luglio - L'eco della recente
affermazione che Giuseppe Martano ha
brillantemente conseguito nel Giro di
Francia, appena terminato, fa ancora
vibrare l'animo degli sportivi italiani
appassionati del pedale che hanno
seguito il comportamento del nostro
campione lungo gli interminabili
chilometri del percorso.
La splendida vittoria nella
categoria «isolati» ed il terzo
posto nella classifica generale hanno
riacceso ovunque la disputa, già iniziata
gli scorsi anni dopo i Campionati nazionali
e mondiali, sulle sue origini.
Risulta che la famiglia Martano si
trasferì a Savona nel 1909: il padre di
Giuseppe venne assunto in qualità di
giardiniere presso il proprietario della
Villa Zanelli, sita nella periferia
della città, sulla strada provinciale di Vado
e Ventimiglia. All'epoca abitava al
civico n. 109 di Via Nizza.
La data di nascita del novello campione
risulta essere il 12 maggio 1910, che
corrisponde a quanto da lui dichiarato.
Non si conosce la durata esatta della
permanenza in Liguria, comunque risulta
che i Martano non erano più residenti a
Savona già al tempo del censimento del
1921. E' noto invece che essi si
trasferirono prima a Torino e quindi a
Giaveno, tra la fine del 1914 e l'inizio
del 1915. |
Da "IL SECOLO XIX" del 29 luglio 1933
-
(Al Tour de France 1934 Martano conquistò il secondo posto della classifica generale) |
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Da sinistra - 1) Una foto
segnata dai mezzi tecnici di
allora, dalle condizioni
atmosferiche proibitive e dal
tempo trascorso. Gino Bartali
entra nella storia del ciclismo
vincendo la tappa
Cannes-Briançon e il Tour del
1948, salvando praticamente
l'Italia dalla guerra civile
dopo l'attentato a Togliatti -
2) Il giovanissimo italiano
Martano al Tour del 1933, dove
vincerà nella categoria
"isolati". Correre al Giro di
Francia da soli era una fatica
massacrante - 3) e 4) Per i
gregari dei grandi campioni il
Tour era il palcoscenico ideale
ove mettersi in mostra e
realizzare cospicui guadagni che
potevano consentire un migliore
tenore di vita. Le immagini
ingrandite consentono di vedere
in un collage i gregari di Coppi
(Gismondi, Gaggero, Milano,
Piazza, Crippa e Carrea) e
Bartali (Corrieri, Bresci e
Bini). |
QUANTO POTEVANO GUADAGNARE I GREGARI DI CHI VINCEVA UN TOUR DE FRANCE? |
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Uno dei più grandi ciclisti di
tutti i tempi - il francese
Jacques Anquetil - vincitore,
tra l'altro, di 5 Tour de France
(1957-1961-1962-1963-1964), due
Giro d'Italia (1960 e 1964) e
una Vuelta (1963) |
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Nel 1949, quando Coppi e Bartali
si classificarono ai primi due
posti del Tour, i gregari, a
seconda dei meriti, percepirono
dalle 700 alle 900 mila lire
ciascuno. Questo fu possibile in
quanto era nei patti della
vigilia che il vincitore non
avrebbe diviso una sola lira del
bottino. E Coppi non solo
mantenne l'accordo, ma provvide
a segnalare ai diversi
organizzatori delle riunioni in
pista l'opportunità di
ingaggiare questi gregari ed
includerli nei loro programmi.
Si può così stimare, ad occhio e
croce, che ogni gregario della
squadra nazionale di quell'anno
abbia all'incirca portato a casa
un milione e mezzo. Per gente
quasi sempre costretta a
dibattersi nelle difficoltà
economiche senza dubbio questa
somma rappresenta, in diversi
casi, una buona spinta e la
soluzione di tanti problemi.
Senza voler fare i conti in
tasca d'altri, infatti, si può
azzardare che i gregari della
Bianchi che nel 1949 vinsero con
Coppi il Giro d'Italia, Il Tour
de France e parecchie corse in
linea, arrivarono alla fine
della stagione con non meno di 2
milioni e mezzo in tasca,
escluso, ben s'intende, lo
stipendio, variante tra le 70 e
le 100.000 lire al mese. |
Per il Tour de France 1952 Binda
trovò subito l'accordo con Coppi
e Bartali sull'opportunità di rispettare i patti
finanziari di tre anni prima, qualora il
risultato del 1949 si fosse dovuto
ripetere. La pattuglia di coloro che
speravano di andare come gregari al Tour
era molto numerosa, anche perché, nel
1949, qualcuno dei corridori presenti
riuscì a raggranellare un gruzzolo
sufficiente a permettergli di metter su
casa a Milano. Il Tour de France
rappresentava dunque un'ancora di
salvezza per i guadagni di molti
gregari, anche o in
cui si svolgeva, in Italia non venivano
organizzate altre corse. |
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TOUR DE FRANCE 1947 - Robic protagonista sui Pirenei. Vietto salva la maglia gialla |
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NELLA CLASSIFICA GENERALE BRAMBILLA E' SECONDO, RONCONI TERZO |
Nemmeno la seconda tappa dei Pirenei ha
modificato troppo la classifica
generale, ove si tolga il crollo di
Camellini e l'avanzamento di Ronconi al
terzo posto. Tutto da rifare dunque. Ora
che le salite sono finite, non resta che
attendere le tappe in piano e
soprattutto la durissima e temuta tappa
a cronometro lunga ben 139 chilometri...
Il minuscolo e sempre più sorprendente
Robic ha vinto. E ha vinto bene con
dieci minuti di vantaggio. Ma alle sue
spalle, bisogna dire che non sempre si è
lottato con accanimento, appunto perché
i "cannoni", presi in velocità e
assolutamente a disagio per lo sforzo da
effettuare subito dopo l'inizio della
tappa, non erano in grado di difendersi
e tanto meno di impegnarsi a fondo. |
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Vietto, in grave crisi, è stato
"portato" dai compagni di squadra, che
hanno scongiurato il crollo del loro
campione. Una tappa che poteva
rivoluzionare tutto, che ad un certo
punto ha visto il nostro Brambilla
indossare virtualmente, per la seconda
volta (la prima avvenne sull'Izoard) la
maglia gialla e che invece ci riporta al
punto di partenza. Robic ha guadagnato
un bel vantaggio, tanto da portarsi a
poco più di 7 minuti dalla maglia
gialla. Se non fosse che il Tour sta
ormai avviandosi al termine, quasi quasi
ci sarebbe da parlare di un "pericolo
Robic"... La situazione dopo i Pirenei è
tutt'altro che definitiva. Una volta i
Pirenei, detti i "giudici" del Giro di
Francia, decidevano tutto. Ora Vietto ha
la maglia gialla, ma il suo vantaggio è
esiguo. Basta un nonnulla, una fuga
anche in pianura, per capovolgere ogni
cosa. Tra Vietto, Brambilla e Ronconi, i
primi tre in classifica, non vi sono
nemmeno quattro minuti... |
Da "TUTTOSPORT" del 14 luglio 1947 -
sintesi da un articolo di Ruggero Radice
Il Tour de France 1947 alla fine
venne vinto da Jean Robic che percorse i
4.640 Km. alla media di 31,311
2°) Fachleitner - 3°) Brambilla - 4°)
Ronconi - 5°) Vietto. |
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LUGLIO 1948 - Bartali rivince il Tour de France e placa gli animi dopo l'attentato a Togliatti |
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Il trionfo del ciclismo italiano sul prestigioso traguardo di Parigi - A Corrieri l'ultima tappa |
STADIO del 26 luglio 1948 -
"Quei giorni tragici e meravigliosi
dipinti di giallo...Gino Bartali rivince
il Giro di Francia a dieci anni di
distanza. L'italiano corona la propria
grande impresa con sette successi di
tappa. L'euforia per questo trionfo
distoglie gli italiani dalla tensione
creatasi nel Paese in seguito
all'attentato a Togliatti....L'ultima
tappa del Tour ci ha dato anche una
grande e duplice finale soddisfazione:
Gino Bartali ha visto definitivamente
consacrata la sua meravigliosa vittoria
e Giovanni Corrieri, il siciliano
residente a Prato, che di Bartali è
stato, in questo Giro il compagno
fedele, è sprizzato per primo sul
traguardo del Parco dei Principi,
davanti ad una folla di oltre 50.000
persone. Era questa la decima vittoria
ottenuta dai nostri uomini, su ventuno
tappe, vittoria che ha fatto dire a
qualcuno: "Ma questi italiani sono
proprio insaziabili!". Sarebbe stato
meglio dire: "Questi italiani sono
stati i |
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netti dominatori del Tour del 1948". E ciò che ha fatto Gino
Bartali resterà per sempre scritto nelle
pagine più belle del ciclismo mondiale." |
CLASSIFICA GENERALE FINALE:
1°) Gino Bartali in 147.10'.36"
- 2° Schotte Brik (Belgio)
a 26'16" - 3°) Lapebie Guy (Centro Sud-Ovest) a 28'48 |
BARTALI RICORDA:
"Una vittoria inaspettata per molti,
ma non per me, perchè se non mi fossi sentito di
vincere il Giro di Francia, non lo avrei
disputato!... Vorrei ringraziare tutti i
connazionali che dall'Italia, con le
loro lettere e |
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all'estero con il loro incitamento caloroso e
travolgente, mi hanno sempre incoraggiato e sostenuto in
questa durissima fatica...
Forse questa mia inaspettata vittoria ha
fatto dispiacere a qualche giornalista
milanese, ma in compenso ha fatto
piacere a tanta, tantissima gente.
Le dimostrazioni di affetto che ho
ricevuto da tutti gli italiani residenti
in Francia, nel Belgio e in Svizzera mi
hanno profondamente commosso e
rimarranno fra i più bei ricordi della
mia vita di corridore..." |
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ERA IL 15 LUGLIO 1948
- Il Giro di Francia aveva fatto sosta a
Cannes il giorno precedente. Bobet
era al comando della classifica, in una
posizione da tutti ritenuta inattaccabile.
I corridori italiani erano incerti se proseguire o
abbandonare, perchè notizie allarmanti
giungevano dall'Italia in conseguenza
dell'attentato a Togliatti. Bartali, con
quella fermezza di parola che gli è
sempre stata tipica, persuase tutti a
rimanere in gara. |
La lotta riprese perciò vibrante nella
tappa Cannes-Briançon, dove è probabile che
venne scritta la pagina più gloriosa del
ciclismo italiano all'estero. Sul colle
di Vars, il piccolo Robic si scatenò.
Bartali, che controllava Bobet in maglia
gialla, si propose di svolgere un gioco
di demolizione contro il suo più forte
antagonista, scattando a ripetizione.
Bobet commise l'errore di rispondere
colpo su colpo, finché non ne ebbe più
la forza e allora Bartali iniziò quella
sua travolgente controffensiva che
avrebbe deciso del Tour in suo favore.
Per un breve tratto Tesseire resistette
alla ruota del fiorentino, poi Gino
spiccò il volo solitario. Robic, che era
transitato per primo sul colle di Vars,
fu ripreso e lasciato alle spalle da
Bartali sull'Izoard (vedi foto a lato).
Sulla montagna si scatenò una bufera; le
gomme delle biciclette affondavano nella
melma, ma niente riuscì a fermare il
"volo" di Bartali, che giunse al
traguardo di Briançon con 15 minuti di
vantaggio su Schotte, secondo di tappa. |
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TOGLIATTI E IL TOUR DI BARTALI: UNA GROSSA IMPORTANZA PER LA STORIA D'ITALIA |
C'era stato l'attentato a
Togliatti e in una Nazione in
fermento il successo al Tour di
un italiano giovava, giocava da
tranquillante (anche se i
tranquillanti non erano ancora
stati scoperti) la serie delle
grandi notizie che arrivavano
d'oltralpe: Bartali dominatore,
evviva Bartali, evviva la vita.
Forse si è esagerato dicendo che
Gino |
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Bartali ha evitato una rivoluzione all'Italia.
Mancherà sempre la controprova. Ma
certamente è stato quello l'episodio più
notevole, nel nostro dopoguerra, di
commistione fra sport e "resto".
Altre volte si volle "politicizzare" lo
sport e altre volte si dovette accettare
la politicizzazione perchè inevitabile
(e non è un male: sia chiaro). Adesso
viene in un certo senso comodo legare
quella parte, giocata allora dallo
sport, ad altre parti: il ping-pong fra
cinesi ed americani, Monaco 1972 ecc.
ecc. Eventi più grandi ancora...
Ma forse fu proprio nel 1948, restando
almeno al dopoguerra, che lo sport
accedette a questo suo enorme potere.
Che allora fu casuale e che forse altre
volte è stato provocato dai governanti:
come possiamo infatti sapere di come
saremmo stati senza una certa
"somministrazione" di |
sport? L'interrogativo è abbastanza pesante...
Comunque Bartali non vinceva per frenare
le genti eccitate in Italia o per
scaldarle di innocuo calore. Vinceva
perché era un grande campione... |
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Da "TUTTOSPORT - Speciale 30 anni" del
17 marzo 1974 |
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Bartali racconta: "Coppi non mi voleva al Giro di Francia neppure dipinto!" |
Siamo nel 1953 e infuriano le polemiche
per la squadra italiana che deve
partecipare al Tour de France. Gino
Bartali ricorda quei momenti con gioia:
"Mi sembra ieri. Il mondo ciclistico
italiano viveva in un clima davvero
infuocato e le polemiche interne (quelle
che non potevano trovare posto sui
giornali, sui quali, peraltro, già se ne
dicevano di belle) imperversavano
letteralmente alla vigilia del Tour.
Allora era Coppi, e non Binda, che in
pratica |
|
stabiliva la struttura
per la squadra italiana
al Giro di Francia. E
Coppi - l'aveva detto
chiaro e tondo - mentre
non faceva obiezioni per
Magni, me non mi voleva
neanche dipinto!
Era una situazione
avvilente per me,
imbarazzante per tutti,
Binda e Federazione
compresi. Si stabilì
allora che una decisione
definitiva sarebbe stata
presa dopo il Giro della
Toscana. Avevo 39 anni,
ma anche una tal voglia
di vincere, di provare a
Coppi che ero tutt'altro
che finito, che mi
pareva di esser stato
promosso professionista
il giorno avanti. Mi
sottoposi di nuovo alla
più severa regola di
vita, mi preparai con
cura meticolosa, studiai
un vero e proprio piano
di battaglia che
consisteva in questo: in
gara mantenermi in una
zona di controllo sui
fuggitivi, non lasciar
partire Coppi ad alcun
costo, non collaborare
ad alcuna sua iniziativa
e poi, sul San Baronto,
attaccare a fondo e
spendere in
una diecina
di chilometri tutto il |
|
|
fiato che avrei dovuto avere nei rimanenti
sessanta all'arrivo.
Successivamente la... sfortuna
avrebbe dovuto farsi viva con
una foratura sulla ghiaietta
della discesa (allora non
asfaltata) su Vinci. E la
"sfortuna" - che pensavo avrebbe
fatto tanta impressione ai
giornalisti - doveva esser
provocata dalle gomme
leggerissime che avevo montato
sulla mia bicicletta: insomma
volevo vincere moralmente e
crearmi un alibi per un mio
immancabile ritiro, perché
francamente non credevo che
avrei potuto resistere alla
controffensiva di un Coppi
scatenato".
Bartali spiega che non fece
parola con nessuno
di questo piano, neppure
ai più cari amici. Il |
|
|
|
giorno della corsa, i tifosi
toscani lungo il percorso
rimproveravano a Coppi di non
volere Gino al Tour. Fausto
indossava un paio di occhialoni
scuri, era visibilmente
infastidito da queste critiche e
controllava apertamente ogni
mossa del suo rivale. Lasciava
andare tutte le fughe per non
compromettere i corridori da lui
indicati; Bartali ritiene
inoltre che, così facendo,
volesse farlo rimanere fanalino
di coda, per umiliarlo nella sua
terra.
A Pisa i primi avevano un
vantaggio sui due di circa 4
minuti. Fu allora che Coppi si
rivolse a Bartali chiedendogli
se non sarebbe stato meglio
ritirarsi... Bartali prosegue
nel suo racconto: "Più
in là", risposi. Però, invece di
fermarmi, a Bagni di Lucca
invitai Coppi ad accelerare
l'andatura, perché il ritardo
sui primi era salito a 4'25".
Coppi non mi rispose nemmeno.
Accelerai io allora, e lui
diventò la mia ombra.
Recuperammo tre minuti e sul San
Baronto, con |
Gismondi, Sartini, Brasola
e Benedetti sempre in
fuga, decisi di
scattare. Coppi
resistette; provai di
nuovo, ma lui non
mollava; al terzo
tentativo fui colto
dalla meraviglia perchè
Coppi non aveva retto
più la mia ruota. Magni
mancava dal nostro
gruppetto, perché aveva
forato. Non sentivo più
la fatica, ero come
elettrizzato, avevo di
nuovo vent'anni. Sui
tornanti del San Baronto
volavo; ripresi tutti e
mi portai in testa.
All'inizio della discesa
avevo 15 secondi di
vantaggio. |
|
|
Volavo davvero, sognavo
la vittoria, ero felice,
ma prima di Vinci, nel
rimettere in corsa la
catena saltata, caddi.
Mi rialzai, ma qualcuno
era già passato avanti.
Successivamente, quando
al mio piano non pensavo
nemmeno più, arrivò la
foratura preventivata.
Maledissi alla sfortuna,
ma proprio in quel
momento qualcuno mi
riferì che Coppi si era
ritirato. In un lampo
cambiai la ruota,
inseguii di nuovo chi mi
precedeva, mi ritrovai
di nuovo in testa con
altri tre, poi, sul
Chiesanuova ero ancora
da solo. Vinsi il
Giro della Toscana |
|
1953 con tre minuti di
vantaggio su Brasola e
non so descrivere quel
che accadde tra la
folla, l'entusiasmo dei
miei sostenitori, ma
rivedo tutto come in una
proiezione cinematografica.
Al Tour andai io. Coppi
rinunciò. Quel Giro di
Francia venne vinto da
Bobet, ma l'Italia si
fece onore: il primo dei
nostri, Astrua, arrivò
3°; io chiusi all'11°
posto." |
Adattamento da un'intervista a
Gino Bartali pubblicata su "LA NAZIONE"
Supplemento speciale "Cento anni di vita"
del 19 luglio 1959 |
|
|
LUGLIO 1949 - La vittoria italiana al Tour conferma l'insuperabile classe di Coppi e Bartali |
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Bartali commenta: sono orgoglioso di essermi sacrificato per la squadra |
Il cerchio si è chiuso. Per venticinque
giorni abbiamo srotolato un
interminabile filo sulle strade
perimetrali di Francia; un filo di 4.819
chilometri, sulla cadenza di una corsa
snervante. E la gente guardava e
applaudiva, milioni di persone abbiamo
lasciato alle spalle in una rapidissima
successione di fotogrammi; milioni di
volti ignoti ma tutti che stranamente si
rassomigliano, perché l'espressione
era tutt'uno; gesti uguali e la
passione era la medesima... Il Tour
allarga sempre di più il proprio raggio
d'azione e ha portato una ventata
d'entusiasmo oltre frontiera: in Belgio,
Spagna, Italia, Svizzera. Ovunque il suo
fascino ha richiamato migliaia e
migliaia di sportivi, fino alla
conclusione di Parigi, da dove aveva
preso le mosse il 30 giugno... |
|
Erano 120 corridori, dalle maglie
fiammanti, dalle energie fresche, i
muscoli pronti a scattare. nei loro
occhi c'era un luccichio di battaglia,
nei loro cuori la grande speranza. Biciclette
nuovissime sotto il sole.
Al seguito c'erano 300 autovetture e 1.000
persone: direttori sportivi, tecnici,
accompagnatori, giornalisti, addetti
allla carovana pubblicitaria. Nel cielo
volteggiavano gli aerei ed erano
anch'essi lustri e puliti come le
auto... A Parigi, di corridori, ne sono
arrivati meno della metà: stanchi,
coperti di polvere e di sudore, bruciati
dal sole, flagellati dalla pioggia e
dalla neve. Le biciclette e le auto al
seguito portano i segni di questi 5.000
chilometri e non ci abbandona il triste
ricordo della sciagura aerea fra
Aubisque e Tourmalet. Il cerchio si è
chiuso, Il Tour ieri è finito, con due
milioni di persone che lo hanno accolto
lungo la strada per Parigi...
Come sportivi e come italiani è valsa la
pena di viverlo perché sullo sfondo del
Giro di Francia 1949 ci sono le maglie
verde-bianco-rosse a spiccare con un
rilievo fortissimo. Ancora una volta il
Tour è andato ai nostri atleti,
confermatisi i più forti in senso
assoluto, i più intelligenti, i più
combattivi. Hanno vinto, hanno
stravinto, a dispetto della coalizione
avversaria delineatasi fin dall'inizio
che ha distribuito sfacciati aiuti ai
corridori francesi. La nostra squadra è
rimasta compatta, intatta fino
all'ultimo. Sulla distanza i migliori
sono balzati fuori e sul palo d'arrivo
il vantaggio è stato netto...
Solo Apo Lazaridès (Apo è un diminutivo
del vero nome del minuscolo corridore,
che si chiama Apostolo) ha salvato
l'onore dei francesi. Teisseire è
apparso il solito discontinuo. Vietto
farebbe bene ad attaccare la bicicletta
al classico chiodo. Geminiani è uomo di
alti e bassi e Laucien Lazaridès è
apparso ancora immaturo...
Prima del
vincitore è giusto citare (non
per partigianeria) Gino Bartali
il campione caro a tutti gli italiani.
La figura del fiorentino, come uomo e
come corridore, si eleva al di sopra di
tutti, Coppi compreso. E' una
valutazione serena, che nasce dalla sua
corsa, dal suo stato d'animo, i suoi
dubbi, l'estrema risoluzione. Nello
sport non sempre chi vince è il
migliore. Bartali non ha corso per
Bartali: ha corso per l'Italia, da
italiano puro, da sportivo integrale. E'
venuto al Tour ben sapendo che sarebbe
stato il numero due nella squadra,
benché ufficialmente apparisse sullo
stesso piano di Coppi. Sapeva che si
partiva con la carta Coppi, eppure
accettò lo stesso. Mise da parte i suoi
interessi, i suoi tifosi dicendo: "Voi
portate Coppi e io la mia esperienza.
L'uno e l'altra ci aiuteranno a
vincere..."
Diamo a Fausto quel che è di Fausto
ed esultiamo che finalmente un nostro
atleta sia riuscito in un'impresa che
finora era apparsa follia sperare, cioè
la vittoria del Giro di Francia e del
Giro d'Italia nello stesso anno. A
Bartali questa soddisfazione fu negata
nel 1937 dalla disdetta. Coppi l'ha
raggiunta ed è indubbiamente un grande
merito. Coppi è un campione completo, un
uomo dalle eccezionali possibilità, che
forse non ha ancora dato il meglio di se
stesso, che forse non è ancora temprato
alle grandi prove all'estero. Guai per
tutti quando entra in azione con quella
sua cadenza pacata e rotonda, con quel
pedalare continuo e senza sforzo che
spezza le reni all'avversario che tenta
di stargli a ruota. Ha fatto il suo
primo Tour e l'ha vinto: quale migliore
conferma di una classe d'eccezione?
Non si
possono non citare gli altri
italiani: il regolarissimo
Biagioni, sempre fra i più attivi e
fra i primi; Corrieri, sfortunato ma
instancabile; Pasquini, che nelle ultime
tappe ha fatto fuoco e fiamme; e poi
Sciardis, Brignole, Pezzi, De Santi,
Rossello,
Ricci e Milano. Sono i soldati senza
i quali i capitani non avrebbero certo
avuto vita tranquilla. Anche il cadetto
Magni si è imposto all'attenzione
generale, pur essendo rimasto senza
aiuti per le disavventure che hanno
tolto di scena Cerami, Martini, Pedroni
e Peverelli. Con maggiore fortuna
avrebbe potuto chiudere al terzo posto,
dietro a Coppi e Bartali... |
Da "MATTINO SPORT" del 25 luglio 1949 -
sintesi da un articolo di Roberto Gamucci |
NELLA PRIMA PARTE DELLA CORSA BARTALI CADE SULL'AUBISQUE E COPPI LO ATTACCA |
Bartali racconta: "Dopo quello
che avevo fatto per lui, Coppi (che dopo
una notte di incertezze aveva deciso di
prendere nuovamente il via) mi promise
che mi avrebbe aiutato nelle tappe che
ci aspettavano. Accadde invece che -
quando sulla salita dell'Aubisque caddi
dopo essere stato urtato da un tifoso
italiano che voleva darmi una bottiglia
d'acqua - Coppi non se lo fece dire due
volte per attaccarmi immediatamente. Non era
questo il migliore modo per stare ai patti.
Al termine della discesa Fausto era a
terra per una foratura, mentre io lo
raggiungevo insieme ad Apo Lazaridès.
Dalla sua macchina Binda mi ordinò di
fare tutto il possibile per arrivare fra
i primi, perché Coppi non stava molto bene.
Assieme a Fausto, sulle interminabili
rampe del Tourmalet, tirai sempre io
finché, a due chilometri dalla vetta,
lui se ne andò per guadagnare l'abbuono
sul traguardo del Premio della Montagna.
La sera Coppi mi disse che non mi aveva
mai visto alle sue spalle, altrimenti mi
avrebbe aspettato.
La morale di tutta questa faccenda fu
che Luciano Lazaridès e Robic,
approfittando del mio ritardo per
cambiare la ruota, mi raggiunsero e
lavorando in perfetto accordo riuscirono
a staccarmi. Continuando nel loro
sforzo, i due francesi riuscirono a
raggiungere anche Coppi (che era avanti
di ben sei minuti) e a batterlo al
traguardo di Luchon.
La sconfitta fu molto amara, ma grazie a
questo episodio sulle Alpi si poté
finalmente andare d'accordo". |
Da "LO SPORT" - Il romanzo di Coppi -
numero speciale del 05 novembre 1953 |
STRETTA ALLEANZA TRA FRANCESI E BELGI
MA, DICE BARTALI, NON CE LA
POTEVANO FARE |
Bartali racconta: "La
stampa specializzata ci ha messo su
un piano più elevato di quello che è in
realtà. Si è detto che Coppi ed io
possiamo prendere tutti i nostri
avversari «con una gamba sola». Io
vorrei dire a tutti coloro che parlano
così: venite a vedere che cos'é il Giro
di Francia. Anche oggi sono stati
operati scatti continui e la nostra
squadra ha risposto con tutte le forze
disponibili; ma è chiaro che, alla
lunga, settanta o ottanta possano aver
ragione di dieci o dodici.
Dei nostri voglio elogiare particolarmente Pezzi,
che si è fatto in quattro rincorrendo
tutti e facendoci un servizio di
rifornimento continuo. Anche Magni, che
pure non sarebbe obbligato verso di noi,
ci ha abituati nell'andare a riprendere
i fuggitivi e nel tirare per permettere
a noi di rientrare. Davvero un buon
collega, Magni.
Sulla salita di Namour è successo un
finimondo ed io e Coppi, con due
strappi, siamo andati a riprendere chi
tentava di fuggire. Anche Robic
ha allungato, riuscendo a guadagnare un
centinaio di metri, ma poi è stato
ridotto alla ragione.
Nel finale abbiamo, a nostra volta,
saggiato la resistenza di coloro che
erano con noi e tutti hanno ceduto
all'infuori di Dupont, Kubler
e qualche altro. Nella volata Kubler si
è classificato prima di me, lo confesso:
ma anche lui deve confessare che mi ha
trattenuto per la maglia! Cose che
capitano...
Lambrecht, la maglia gialla, è un
buon corridore sulle gare in linea, di
un giorno insomma, e qui invece
correremo per un mese. Non ce la farà,
non ce la farà... Il Giro di Francia non
si può vedere dalla prime due tappe e
perciò la classifica ha un valore tutto
relativo. Voglio inoltre dirvi una cosa
e cioè che ho visto molti avversari in
piena crisi: Vietto, Ockers,
Fachleitner, Bobet,
Kinte. Se ciò è accaduto loro alla
seconda giornata, che cosa potrà
succedere in seguito? Se oggi siamo
arrivati pieni di catrame fino agli
occhi, quali insidie ci aspetteranno
domani col pavé che ci accompagnerà per
cento chilometri filati?
Chi mi convince invece sempre di più è
Robic. Non l'ho mai visto così in
forma..." |
Da GINO BARTALI racconta il Tour in esclusiva per
"IL MATTINO"- edizione dell'Italia centrale del
2 luglio 1949 |
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TOUR DE FRANCE 1950 - Kubler vince la 1a tappa a cronometro con un tempo record |
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Nella Dinard-St.Brieuc lo spettacoloso Fiorenzo Magni è secondo a 17" |
Tempi eccezionali nella prima tappa a
cronometro del Giro di Francia. Ferdy
Kubler ha vinto la Dinard-St.Brieuc con
un tempo inferiore alle due ore. Al
secondo posto si piazza Fiorenzo Magni,
ugualmente spettacoloso e staccato di
soli 17". Buona la gara di Bartali che
finisce 11° e bella prova di Biagioni
(14°). Terzo si è classificato
Goldschmidt, il biondo lussemburghese,
che ora è di nuovo al comando della
classifica generale...
Colpo di scena nel dopogara: Kubler è
stato multato di mille franchi e
penalizzato di 15" perché,
contrariamente alla disposizione
dell'art. 3 del regolamento del Giro di
Francia, durante la sesta tappa ha
indossato una maglia diversa da quella
fornitagli dagli organizzatori... In
assenza di |
|
Coppi e Koblet, questa tappa
non poteva che vincerla che Kubler.
Coppi lo aveva battuto l'anno scorso al
Tour; Koblet lo aveva
sconfitto recentemente al Giro della
Svizzera; ma non c'erano altri che
potessero superarlo. E in questo Tour
Kubler corre insolitamente bene:
prudente, calcolatore, risparmiatore.
Non più le pazzie atomiche, le fughe in
partenza tipo Cannes-Briançon. Quelle le
lascia a Geminiani. Corre ora per la
classifica, ha una squadra per sé, punta
anche lui alla vittoria finale. Avendo
corso sinora senza lasciare il cervello
nella camera d'albergo, la sua vittoria
era prevista e, bisogna dirlo, è stata
una bella vittoria. Raggiungere quasi i
40 all'ora su un percorso simile, 78
chilometri tutto saliscendi, con vento
contrario, è stato un prodigio... Si
scommetteva che nessuno sarebbe riuscito
a compiere un tale percorso in meno di
due ore. Kubler ce l'ha fatta in 1 ora
57'22". E' riuscito ad usare su quei
dislivelli un rapporto di 51x15,
qualcosa come sette metri e mezzo circa
ogni giro di pedale: un "volante", come
si dice un "padellone". A tanto sono
giunti ormai i corridori. Usano rapporti
da pista su percorsi accidentati. Quando
li vedi sembra che girino piano, invece
in un momento diventano piccoli e
scompaiono... Un giorno voleranno senza
bisogno delle ali...
Quando Magni è giunto in pista nessun
corridore era ancora riuscito a scendere
sotto le due ore. Di colpo Fiorenzo ha
abbassato il tempo del parziale primo in
graduatoria (Dussault) di circa 4
minuti, cosa che al pubblico del piccolo
velodromo di Saint Brieuc è apparsa un
miracolo. Molti si domandavano se Magni
non fosse stato sull'elicottero che
stava sorvolando il traguardo, se non
fosse sceso col paracadute... Magni era
già in albergo quando sulla linea di
arrivo è arrivato Kubler e l'incredibile
si è avverato...
Ma forse è meglio così: le troppe
vittorie italiane irritano i forestieri;
ed è in buona parte per la stizza che i
commentatori di qui si lasciano andare a
commenti ingiusti sul modo di correre
degli italiani. In questo Tour tutti
corrono assai più "all'italiana" degli
Italiani, ma le critiche si appuntano
più su di loro che sugli altri...
Un motivo di soddisfazione oltre il
brillante secondo posto di Magni è
l'ottima prova di Bartali. Gino corre
serenamente, con un ruolino di marcia in
cui le tappe a cronometro non sono
segnate come sforzi massimi da compiere
per guadagnar minuti. Il suo sforzo lo
sfodererà sulle montagne, dove possono
saltare le mezze ore. Bisogna inoltre
dire che ieri Bartali ha festeggiato il
suo trentaseiesimo compleanno con un bel
raffreddore. Respirava già male e oggi,
durante la corsa, tossiva. Essendo in
forma è andato però ugualmente forte, ha
pure guadagnato su Robic, col quale
dovrà fare i conti quando le strade
cominceranno a salire. |
Da "TUTTOSPORT" edizione straordinaria
del 20 luglio 1950 - sintesi da un articolo di Carlin
Il Tour de France 1950 venne poi vinto da Kubler,
il quale concluse i 4.832 chilometri della corsa
ad una media
oraria di 33,188; al secondo posto si piazzò
Ockers, con un distacco di 9'30";
terzo arrivò Bobet.
*** In altra pagina Ferdy Kubler campione del mondo su strada a Varese nel 1951 |
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TOUR DE FRANCE 1950 - Bartali insultato e aggredito sui Pirenei: italiani tutti a casa... |
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Nonostante il fattaccio è primo a Saint-Gaudens - Magni in maglia gialla |
Trionfo italiano nella tappa dei
Pirenei. Bartali vince in volata
regolando Bobet, Ockers e Geminiani.
All'arrivo di Saint-Gaudens Fiorenzo
Magni si ritrova in maglia gialla ma i
corridori italiani non prenderanno il
via domani mattina per la dodicesima
tappa del Tour! La decisione è stata
presa questa notte, al termine di una
lunga ed animata discussione, alla quale
è intervenuto anche Jacques Goddet. Già
durante la corsa Alfredo Binda aveva
avvertito i giornalisti italiani che sul
Col D'Aspin era accaduto un fattaccio
insopportabile. Lungo la salita la folla
era molto fitta ed invadeva la sede
stradale. Improvvisamente Bartali era
caduto di bicicletta dopo essere stato
colpito con un pugno da un energumeno
che poi aveva anche cominciato a |
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picchiarlo. Bartali, al termine della
tappa, raccontava ai giornalisti di
essere stato colpito alla tempia e nella
caduta di avere coinvolto Robic.
L'assalitore era riuscito a impadronirsi
della sua bicicletta e a
scagliarla lontano, al di là del
pubblico. Quindi l'aggressione, alla
quale il fiorentino cercava di
rispondere con alcuni pugni. Per sedare
la rissa che si era scatenata, anche
Goddet aveva cominciato a tirare di
boxe. Nel parapiglia era rimasto
coinvolto anche Kubler. Tornata la calma
e ritrovata la sua bicicletta, Bartali
ripartiva a spron battuto andando a
raggiungere Ocker e Bobet, ancora
letteralmente esterrefatti
dall'accaduto.
Questo grave episodio aveva poi
condizionato la sua condotta di gara.
Nel finale, rincuorato e coadiuvato da
Magni, ad un certo punto si era
ritrovato in fuga con lui, ma la paura
di restare isolato lo aveva indotto a
desistere e a pregare il compagno di
squadra di rallentare per aspettare gli
altri. La tappa l'aveva poi vinta
ugualmente in volata...
Magni era dell'opinione di continuare il
Tour ma Bartali non sentiva ragioni e la
sua decisione di abbandonare in nottata
ha ottenuto la piena solidarietà del
commissario tecnico Alfredo Binda, di
tutti i suoi colleghi e dei
rappresentanti della stampa italiana...
Italiani tutti a casa quindi, alla luce
di un episodio grave, che, in caso
contrario, avrebbe sicuramente avuto
pesanti ripercussioni psicologiche sui
corridori, rendendo non regolare la
prosecuzione della corsa...
Questo fattaccio o altri episodi isolati
(come quello del Tour in cui i belgi
dovettero andarsene per avere avuto il
pepe negli occhi a pochi passi dal paese
del loro idolo) non intaccano comunque
una lunghissima tradizione di cortesia.
La Francia ha un grande passato di
sportività e l'enorme maggioranza dei
francesi, anzi la quasi collettività, è
ospitale, gentile e corretta... |
Da "TUTTOSPORT" - Edizione
Carlin del 26 luglio 1950 |
TOUR DE FRANCE 1959 - Federico Bahamontes, l'«aquila di Toledo», in giallo a Parigi |
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E' la prima volta che un corridore in maglia giallorossa vince
una grande competizione ciclistica internazionale |
La
scena del trionfo al Parco dei Principi
è appena terminata. Gli spagnoli sono
pazzi: Federico Bahamontes finalmente ce
l'ha fatta. La notte di tutti gli incubi
è volata via. Superstiziosi quanto mai,
essi avevano fatto mille scongiuri.
Temevano lo sgambetto, la beffa
dell'ultimo momento. Ora la realtà li
esalta. E' la prima volta che un
corridore in maglia giallorossa vince
una grande competizione ciclistica
internazionale. E il Tour de France è la
massima aspirazione di tutti. Bahamontes
è entrato nei ranghi degli «eroi»
popolari iberici: sta fra il «Cid» e il
torero Manolete, fra Don Chisciotte e
l'espada |
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Dominguin, fra la Carmen e il
portiere Zamora, far il pugile Paulino
Uzcudum e il centroavanti Di Stefano. Lo
spagnolo ha vinto meritatamente questo
Tour. E' stato alla «finestra» quasi
mimetizzandosi per non essere notato
nelle prime nove tappe, cioè da
Mulhouse ai piedi dei Pirenei. In quella
fase il suo nome non figurava quasi mai nelle
cronache, tranne una volta quando
l'iberico era riuscito a ficcarsi in un
gruppo di «mezze figure» in fuga
nell'ultimo tratto di una tappa di
pianura, riuscendo a precedere di 1'30"
gli altri «assi». Ma quell'episodio fu
subito dimenticato e nessuno pensò che
Bahamontes, con quel colpire e ritirare
immediatamente la zampa, avesse posato
la prima pietra del suo successo
finale... |
CHI E' BAHAMONTES, L'«AQUILA DI TOLEDO» |
Bahamontes è nato a 15 chilometri da
Toledo, non in un paese, ma in un
villaggio, semplicemente in una piccola
casetta sulla strada per Madrid. Si può
dire che sia nato proprio per la strada.
I suoi genitori, infatti, proprio perché
poverissimi, erano andati ad abitare in
una di quelle case cantoniere dette dei
«peones camineros», dove possono
alloggiare - senza pagare l'affitto -
coloro che non avendo mestieri precisi,
si adattano a fare i sorveglianti lungo
le grandi strade nazionali, impegnandosi
anche a compiere lavori di manutenzione.
Su quella cantoniera da «peones
camineros» è probabile che oggi ci
murino addirittura una lapide: "Qui
nacque...".
Da lì spiccò il volo l'«aquila di
Toledo». Tale è il nomignolo che gli
sportivi spagnoli avevano dato a Bahamontes.
Altri lo chiamavano, meno poeticamente,
«cavron»: certo, caprone,
perché la sua faccia con un mento aguzzo
sulla punta della quale rimane sempre un
po' di peluria, ricorda, seppur
vagamente, la testa di quell'animale.
Del resto, anche il caprone sa bene
arrampicarsi...
Bahamontes è magrissimo ed ha gesti
lenti, come se facesse fatica a muovere
gli arti e muoversi lui stesso con un
po' di speditezza. La sua voce è delle
più strane che si siano mai sentite: un
fil di vocina bambinesca, che si
trascina come in un miagolio. Da ragazzo
era andato nella vicina Toledo a fare il
garzone di mercato. Portava su e giù
cesti di patate, verdure, frutta,
cosciotti di coniglio. Perché facesse
prima a recapitare la merce nelle case
dei clienti, uno dei tanti padroni che
ebbe gli dette una vecchia bicicletta,
tanto vecchia che perdeva dei pezzi ad
ogni pedalata. Toledo è una città fatta
di strade ripide, una bolgia di salite.
Bahamontes si accorse di lasciare per
strada tutti gli altri garzoni e un
giorno trovò un tizio che gli mise in
testa il «pallino» di cimentarsi in una
corsa. Il suo mestiere diventò allora
quello del corridore...
Non guadagnava tanti soldi come gli
«anziani» più rinomati, però aveva
sempre i suoi bravi contratti. Risparmiò
molto, accumulando un piccolo
gruzzoletto. Ora possiede un magazzino
di cicli e di motocicli ed è
rappresentante di pneumatici italiani e
di fucili da caccia di grande marca per
Toledo e provincia. E' sposato con
Fermina e non ha figli. |
COME SI VINCE UN TOUR DE FRANCE |
La vittoria di Bahamontes conferma che, a
dispetto delle tante diavolerie delle
formule delle attuali corse a tappe, un
Tour de France non può vincerlo che un
corridore che vada forte in montagna.
L'«aquila di Toledo», nelle tappe di
media e alta montagna, ha guadagnato sei
minuti sul secondo in classifica; ha
guadagnato anche in modo netto: tre
minuti su Anglade, di più sugli altri.
Nella tappa a cronometro in salita ha
potuto perciò riprendere i diversi
minuti che era destinato a cedere nelle
tappe a cronometro pianeggianti.
Bahamontes ha usufruito anche di un
minuto e mezzo di abbuoni come Baldini;
Anglade e Anquetil di uno. Solo Riviere
ha fatto meglio con due...
Bahamontes era il più forte in campo
dopo la scomparsa di Gaul dal
piedistallo di favorito. Il Baldini di
questo momento ha denunziato troppe
debolezze per potersi imporre: in
montagna non camminava più di un
corridore di media levatura ed ha chiuso
al sesto posto della generale. Anquetil
e Rivière, accecati dalla rivalità che
li divide, quando hanno capito che
nessuno dei due poteva vincere, si sono
impegnati nel ridicolizzare la
manifestazione, finendo col preferire la
vittoria di un corridore che non
apparteneva alla loro «èlite». Ai due
francesi sarebbe bruciata moltissimo la
vittoria di uno di essi o di un
Baldini... |
Da "LA NAZIONE" - numero speciale del centenario - 19 luglio
1959 - adattamento da un articolo di Beppe Pegolotti |
CLASSIFICA FINALE DEL 46° TOUR DE FRANCE:
1°) Bahamontes - 2°) Anglade a 4'01" - 3°)
Anquetil a 5'05"
4°) Rivière a 5'17" - 5°) Mahè a 8'22" - 6°)
Baldini a 10'18" - 7°) Adriaenssens a 10'18" - 8°)
Hoevenaers a 11'02"
9° Saint a 17'40" - 10° Brankart a 20'38" |
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