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Alluvioni e mareggiate
 in Liguria dal 1933 in poi

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EPOCA del del 7 giugno 1970 -  In copertina l'allarme contro la distruzione della natura (la morte degli alberi)

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Elenco puntato - Genova  GENOVA

Il capoluogo della Liguria
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Elenco puntato - Euroflora  EUROFLORA

In primavera, ogni 5 anni,
 alla Fiera di Genova va in scena
lo spettacolo dei fiori per eccellenza.
I giardini più belli del mondo...

Elenco puntato - Via Francigena  VIA FRANCIGENA

Col Giubileo del 2000 è stata
definitivamente rivalutata
 la via di Sigerico, che i pellegrini
percorrevano a piedi fino a Roma,
 in segno di pentimento...

Elenco puntato - Parco del Magra  PARCO DEL MAGRA

A Gennaio 2008 il Parco Naturale
Regionale del Magra è il territorio
eco-certificato più esteso d'Europa...

Elenco puntato - Golfo della Spezia  GOLFO DELLA SPEZIA

Tra la punta di Portovenere e il Capo Corvo si apre una delle più profonde insenature di tutto il litorale occidentale italiano, declamata nei versi di illustri poeti e nella quale è incastonata La Spezia, città sede di porto militare e mercantile, che oggi è anche punto di attracco per le navi da crociera...

Elenco puntato - Le Cinque Terre  LE CINQUE TERRE

Cinque borghi marinari il cui destino è sempre stato storicamente legato alla terra e all'agricoltura piuttosto che alla pesca. Un paradiso naturale della Liguria che nel 1997 è stato inserito dall'UNESCO tra i Patrimoni Mondiali dell'Umanità...

Elenco puntato - La Val di Magra  LA VAL DI MAGRA

Nobili, vescovi, mercanti e pellegrini
lungo l'asse della Via Francigena.
 Culture differenti per storia e tradizioni,
nei secoli, si sono sovrapposte
 e hanno permeato il territorio con
i segni del loro passaggio...

Elenco puntato - La Val di Vara  LA VAL DI VARA

La "Valle dei borghi rotondi"
è anche conosciuta come
la "Valle del biologico" per le sue
produzioni agricole ottenute con
metodi antichi e naturali.
Varese Ligure nel 1999 è stato il
1° comune ecologico d'Europa...

Elenco puntato - La Lunigiana  LA LUNIGIANA

La "Terra della Luna", in Italia,
ha la più alta concentrazione di
antichi castelli. Se ne contano
circa 160. Alcuni sono bellissimi e perfettamente conservati...

 

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Le Alpi Apuane
Originano da movimenti
tettonici del fondo marino
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Liguri Apuani e Statue Stele
Le radici più profonde delle
comunità lunigianesi affondano
fino alle soglie della protostoria.
Mari e monti un tempo erano
occupati dalla bellicosa
popolazione dei Liguri Apuani...

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Carta della Lunigiana Storica
Una cartina con note mostra il
territorio, un tempo abitato dai
bellicosi Liguri Apuani, da dove
parte questo sito...

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Antiche ricette in Lunigiana
Piatti prelibati di una cucina essenziale, ma non per questo meno saporita. Cibi dal sapore antico che tornano ad imbandire le nostre tavole dopo  essere stati riscoperti a nuova vita.

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Ferrovia Aulla-Lucca
Il fascino dei treni d'epoca
e delle locomotive a vapore

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Ferrovia Pontremolese
Una linea di vitale importanza
per La Spezia e la Lunigiana

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Ex Ceramica Vaccari
Il comprensorio della fabbrica è un prezioso esempio di civiltà industriale di fine Ottocento e rappresenta un pezzo di storia fondamentale per Santo Stefano Magra e per tutta la Provincia della Spezia. Le aree recuperate vengono oggi dedicate all'arte, allo spettacolo, alla cultura...

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Il dialetto genovese
Le trasformazioni fonetiche avvenute nella parlata di Genova sono un segno inequivocabile del dinamismo espresso dalla città durante i secoli della Repubblica. A Genova il dialetto è una lingua viva, che oggi viene insegnata anche nelle scuole...

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Infiorate del Corpus Domini
"Per tetto un cielo di stelle e
per strada un tappeto di fiori...".
A Brugnato, ogni anno, giovani e
meno giovani si radunano nel
centro storico per abbellire strade
e piazze con disegni floreali,
secondo un'antica tradizione che
origina da un miracolo
avvenuto a Bolsena...

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Mezzi da lavoro storici
I raduni e le esposizioni di questi autoveicoli sono un modo per ricordare ed onorare le persone che, in passato, questi mezzi li hanno guidati per mestiere...

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Mezzi militari storici
I più celebri veicoli militari che hanno partecipato alle vicende della Seconda Guerra Mondiale sfilano per strade e piazze e mantengono vivo il ricordo di quei terribili giorni...

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SETTEMBRE 1933 - Gli agenti atmosferici si scatenano nel Ponente ligure

La notte del 25 su tutta la Riviera di Ponente, ma più specificatamente sul Savonese, si è scatenato un violentissimo temporale, con un vento impetuoso e una miriade di abbaglianti scariche elettriche con conseguenti tuoni assordanti. La pioggia alluvionale ha continuato a scrosciare per la durata di parecchie ore. Savona ha subito danni ingenti. In diversi punti della città si sono registrati allagamenti di cantine e negozi; la violenza delle acque ha prodotto franamenti del terreno, provocando il crollo di muri campestri.

Il torrente Letimbro è enormemente ingrossato e in alcuni punti ha straripato. A Varazze, il Teiro, che altra volta nel 1915 ha dato un saggio della sua  violenza  arrecando  danni  enormi,  è  straripato nuovamente abbattendo muri di contenimento e asportando lunghi tratti della strada Varazze - San Martino Stella. Anche dalle zone

Alluvioni, mareggiate
e trombe d'aria in Liguria
dal 1894 al 1932

montane attraversate dal torrente giungono notizie di gravi danni. A Pietra Ligure, stamane verso le ore 0,40 un violentissimo temporale ha squassato l'alta Val Maremola e, ben presto, i suoi disastrosi effetti si sono ripercossi in maniera veramente impressionante sulle feconde terre del fondovalle. Alle ore 1,10 circa le acque del torrente Maremola assumevano proporzioni allarmanti e fu in poco tempo che queste strariparono con violenza indescrivibile, travolgendo ogni cosa nella loro corsa. Purtroppo nello spaventoso cataclisma - di gran lunga superiore a quello verificatosi 32 anni orsono - si devono registrare alcune vittime umane.
Il torrente ha scalzato le fondamenta di una vicina casa della famiglia Rabellino facendola crollare. L'edificio, nella sua rovina, trascinava con se la signora Cristina e il figlio Giovanni, di anni 18, assieme ad una loro ospite, una maestra dell'Istituto Santa Corona - il cui cognome corrisponderebbe a Odello - ma non ancora meglio identificata in quanto i corpi degli sventurati sono tuttora sepolti sotto le macerie.
La forza inaudita della corrente formatasi in quel punto tagliava nettamente in due profondi e larghi tratti la sede della via Aurelia e i gorghi dell'acqua trascinavano via tutto il materiale inerte.
Savona, 26 settembre - I miseri corpi delle tre vittime, che si temeva fossero stati trascinati via dalla furia delle acque e perciò sperduti in mare, sono stati estratti dalle rovine dell'abitazione crollata intorno alle ore 16, dopo un lungo e faticoso lavoro di sgombero operato dai soldati del Regio Esercito, dai pompieri di Savona, da giovani e volenterosi del luogo, alla presenza di autorità civili e militari.

AGOSTO 1935 - Genova: una tromba marina devasta il porto e Sampierdarena
Dopo il ciclone che nelle prime ore di ieri mattina 25 agosto si è abbattuto sulla città e dintorni allagando strade e arrecando qualche danno, in serata si sono avuti gravi danni causati da una tromba marina che, con inaudita violenza, si è abbattuta sulla zona occidentale del Porto, in via di Francia e di Sampierdarena. Alle 19,10 precise un fortunale di inaudita violenza si rovesciava sulla calata San Giorgio, trascinando via, schiantando, rovesciando e asportando tutto quello che incontrava sul suo cammino.
I grandi elevatori elettrici sono stati divelti, sollevati dal vento e poi scagliati a terra gli uni sopra gli altri, con un fragore indescrivibile. Tutti i pali a traliccio che sostenevano le linee elettriche ad alto potenziale sono stati abbattuti e proiettati con violenza al suolo. La stessa sorte è toccata a diversi vagoni ferroviari. Ridotto in frantumi un capannone che serviva come ufficio d'imbarco e deposito. Per avere un'idea della violenza della tromba d'aria marina basti dire che perfino alcuni paracarri e bitte che servono per gli ormeggi sono state sradicate dal forte vento.
Ill piroscafo «Verbana», attraccato alla Calata San Giorgio, ha visto abbattuto l'albero di prua da un sollevatore elettrico che gli è collassato addosso; danneggiato anche il cassero. Alcune lamiere che erano depositate sulla calata sono state sollevate come fogli di carta.
La violenza del ciclone si abbatteva anche su altre zone del porto, ma con minore efficacia. Tuttavia il «Conte di Savoia» rompeva gli ormeggi di prua, mentre i cavi di poppa resistevano. La forza di movimento impressa dagli agenti atmosferici alla grande nave faceva piegare la bitta di calata. Dato l'allarme, accorrevano subito vari rimorchiatori che in poco tempo provvedevano a ristabilire gli ormeggi del grande transatlantico.
La tromba marina si è diretta quindi verso le adiacenze di via Milano, danneggiando un capannone che serviva come deposito di una società di autotreni. In corso di Francia sono state divelte tutte le palificazioni della corrente elettrica tramviaria e portuale. Molte vetture del tram che stavano transitando in corso di Francia sono rimaste danneggiate. In località Fossato San Bartolomeo si sono registrati gravi danni, ferimenti di persone e un morto, un bambino di 12 anni, Giulio Serra, che giocava presso una giostra.
Le persone che hanno perso la vita in seguito al disastro sono complessivamente sei. I corpi delle altre cinque vittime sono stati recuperati dalle squadre di soccorso tra i rottami a Ponte San Giorgio
NOVEMBRE 1942 - Danni e vittime per l'alluvione a Santa Margherita Ligure
Un violento nubifragio si è abbattuto ieri mattina verso le 7 a Santa Margherita. A seguito di una copiosa e prolungata pioggia, un vero e proprio diluvio, il torrente Serrona (vulgo San Siro) straripava inondando la parte bassa e centrale della cittadina. Le acque provenienti dalla maggior parte della zona di corso Umberto proseguivano infatti per piazza Mazzini, largo Leonino, Via Cavour, Via Cairoli, via Palestro, piazza Caprera, via Venzia, piazza Vittorio Emanuele, piazza Colombo, piazza Vittorio Veneto per sfociare poi in mare.
La travolgente marea che si andava ingrossando continuamente a causa del continuo acquazzone che imperversava sulla città fece sì che la zona in pochi minuti fosse trasformata in un vero torrente in piena.
Le acque sulle vie Cavour, Palestro e Venezia toccarono un limite di circa un metro e mezzo travolgendo nella loro corsa ogni cosa. Il commerciante Giuseppe Cassinelli, di 69 anni, soccombeva dopo essere stato travolto dalla corrente durante il tentativo di entrare nel suo negozio già invaso dalle acque.
Un'altra vittima fu il muratore Giuseppe Faimale, di 68 anni, il quale venne travolto dalla violenza delle acque in località San Siro, all'altezza di via Lavatoi. Per tentare di salvarsi si aggrappò ad un albero che però venne sradicato via dalla forte corrente e nella sua corsa trascinò via anche il disgraziato. Alcuni animosi riuscirono comunque ad afferrarlo e a portarlo al riparo, ma ormai il poveretto era senza vita.
La violenza della pioggia verso le 10 accennò a scemare facendo diminuire il livello delle acque. Le prime squadre di soccorso si disponevano ad intervenire quando le cateratte del cielo si aprirono nuovamente e con rinnovata violenza fecero sì che la piena si rinnovasse nuovamente prendendo proporzioni ancora maggiori. I danni e le distruzioni si aggiunsero ai precedenti facendo sì che quei pochi negozi che erano stati risparmiati per la maggiore resistenza delle saracinesche fossero anch'essi colpiti.
OTTOBRE 1948 - Il Vara in piena assedia i paesi di Borghetto e Brugnato
Ore tragiche in Val di Vara per la piena del fiume - Nella buona stagione il Vara è un tranquillo corso d'acqua, che si svolge tortuoso ed angusto tra le montagne a strapiombo, brulle, di cui la guerra e il disboscamento hanno eliminato le rade piante primitive. E' un paesaggio incolto che lambisce il fiume, squallido e pietroso: pare un «canyon». Borghetto e Brugnato, i due paesi minacciati dall'alluvione, sorgono appunto dove termina il canalone e le montagne, allargando la loro cinta, permettono un notevole tratto di pianura. In questo punto il Vara trova un letto più vasto, la popolazione è dedita al lavoro agricolo, il bestiame può pascolare. E' stato quasi d'improvviso che il fiume ingrossato ad usura dalle colonne d'acqua che scrosciavano giù dalle pietraie lungo i suoi fianchi, ha assalito con una corrente di rara violenza la valle, minacciandone gli abitanti.
Ieri sera la situazione di Borghetto, che è delimitato dall'ansa del fiume, era tragica. Il paese era assediato dall'acqua che continuava a salire e intanto si parlava confusamente di bestiame e di campi travolti sull'altra sponda. Si lottò, si fece il possibile, ma alla fine la gente si era rifugiata spaventata sulle alture.
Tutta la notte si è temuto che il fiume passasse, sfondasse e travolgesse quanto ancora rimane in piedi di Borghetto, che porta ancora i segni della guerra. Mezzo paese è annerito e bruciacchiato, l'altra metà è rinata, Dio solo sa a prezzo di quali sacrifici e di quale tenacia.
Le prime luci del mattino, seppur nebbioso, hanno portato conforto e speranza. Uomini e paesaggio emergono dall'alluvione come naufraghi. Il fiume non è passato, brontola ancora tumultuoso sotto le prime case, ma forse non passerà. Comunque ha preteso il suo prezzo, qui e altrove, lungo la vallata: si parla di danni complessivi per miliardi di lire. L'atmosfera è quella dei grandi disastri e la rassegnazione della gente è tanto naturale ormai quanto amara.
(estratto da un pezzo di Gino Patroni)
Gravemente colpita anche la Riviera di Levante - Il danno più grave si è registrato a Levanto dove il ponte ferroviario della linea Genova-Roma è stato spazzato via dalla furia delle acque ed i binari sono rimasti pericolosamente sospesi nel vuoto.    »»» Note e immagini sull'alluvione in Val di Vara del 25-10-2011
SETTEMBRE 1953 - Il Bisagno allaga Genova. Nubifragio anche in Val Trebbia
Il 1953 è l'anno dell'alluvione a Genova e soprattutto nella riviera di Levante e nell'entroterra. Il capoluogo ligure va sott'acqua il 21 settembre, dopo che in cinque ore sono caduti 212 millimetri di pioggia. Allagata la zona del Bisagno e il centro cittadino attorno a Brignole. Danni anche a Caricamento e al Porto Franco. Il Levante della regione venne colpito quasi un mese dopo.
LA VAL TREBBIA SCONVOLTA DAL NUBIFRAGIO - La violenza degli agenti atmosferici che nella notte fra sabato e domenica ha colpito Genova si è abbattuta anche sulla Val Trebbia, fino al Piacentino. Nella zona di Torriglia, dove erano ancora in villeggiatura alcune famiglie genovesi, trattenute dalla mancanza d'acqua di cui soffre la città, il nubifragio si è scatenato come un'apocalisse, mietendo le prime vittime.
Due coloni che si trovavano sulla provinciale per consegnare alla corriera il latte per la centrale di Genova avevano trovato riparo, assieme ai loro muli, in una capanna di legno e paglia. All'improvviso dalla soprastante Costa del Toro si originò un movimento franoso che travolse il loro riparo di fortuna, trascinando tutti nel Trebbia paurosamente ingrossato. I Carabinieri di Torriglia, accorsi sul posto, sono riusciti a recuperare le carcasse degli animali, mentre mancano ancora all'appello i corpi degli sventurati.
Una terza vittima si è avuta a Pianazza di Torriglia, un boscaiolo che si era rifugiato in una stalla travolta anch'essa da una frana. Un contadino è invece annegato a Dolgo, sul greto del fiume, mentre era intento a raccogliere della legna assieme al figlio. Quest'ultimo, che si trovava in un punto più alto, non è riuscito a portare aiuto al genitore ed è poi stato tratto in salvo dai Vigili del Fuoco di Piacenza.
La salma di una donna sconosciuta è stata recuperata in località Doncento, nel comune di Travo. Il corpo senza vita di un uomo di cui non si conoscono le generalità è stato ripescato invece sulla riva sinistra del Trebbia, in località Valendasco.
Nell'entroterra ligure colpito dalla furia degli elementi si registra una gigantesca frana a Creviasco, popolosa frazione di Lumarzo. Lo smottamento di sassi e terra ha trascinato nel fiume in piena due baracche di un cantiere di lavoro, posto lungo la strada che da Acqua di Ognio sale appunto a Creviasco.
All'interno della baracca più piccola si trovavano 4 operai che sono scomparsi nei gorghi e nulla si sa della loro sorte. Un altro movimento franoso, cinque minuti dopo, ha spazzato via il ricovero più grande appena abbandonato da altri 8 lavoratori che, fiutando il pericolo, avevano deciso di uscire e scappare nel bosco.
OTTOBRE 1953 - La pioggia scatena il finimondo nella Riviera di Levante
Il primo bilancio del nubifragio che si è abbattuto sulla Riviera ligure di Levante tra la mattina del 14 e la giornata di giovedì 15 parla di due morti, tre feriti e danni valutati nell'ordine di miliardi. La prima vittima è l'aviere Sorese Gentile, barese di 27 anni, allievo della scuola di telecomunicazioni delle forze armate in località Caperana di Chiavari, che all'una di notte del 15 si trovava di sentinella ed è stato travolto dalle macerie di un muro abbattuto dalle acque dell'Entella; una persona anziana è annegata all'interno di un magazzino.
La città di Chiavari intanto viveva ore di terrore. La parte bassa della città è stata presto invasa dall'acqua e dal fango, centinaia di negozi sono stati allagati mentre l'opera di soccorso è diventata sempre più difficile poiché le comunicazioni hanno subito un ulteriore colpo in seguito ai danni subiti dalla centrale telefonica inondata.
Silenziosamente un fiume viscido e calmo ha cominciato a spandersi per tutta Sestri Levante. I danni procurati dall'acqua penetrata nei negozi e negli scantinati sono stati aggravati dalla presenza di residui oleosi. Nella mattinata del 15, mentre l'opera di soccorso impegnava tutti i cittadini, è stata scoperta nel retrobottega di una stireria la seconda vittima dell'inondazione. Si tratta di Angelina Rocca, un'anziana stiratrice giunta troppo tardi a soccorrere il marito settantenne, Gaetano Correale, che si era fermato a dormire nel negozio.
Recco ha sofferto danni notevoli, sorpresa dallo straripamento del torrente. Particolare impressione ha destato la morte di un bambino di otto anni. Carlo Attilio Pozzo, questo il nome del piccolo, è annegato miseramente nelle acque che avevano invaso una delle grandi zone di depressione sulla destra di Via Roma.
FEBBRAIO 1955 - Una mareggiata fa crollare la diga foranea del porto di Genova
Fin dalle prime ore di ieri mattina (19) il maltempo si è scatenato su Genova e sulle due riviere con violenza inaudita. Nel brontolio dei tuoni, la grandine si è accanita per un'ora sulla città. Il vento di sud-ovest, sollevandosi con furia eccezionale, ha gonfiato il mare con ondate paurose. Il culmine della mareggiata si è avuto tra le 15 e le 17. Dalla circonvallazione a mare si è assistito allo spettacolo impressionante offerto dai marosi che si accanivano lungo il litorale, rovesciandosi sulle rocce della strada di levante e sollevando altissime colonne d'acqua polverizzata, portata dal vento alcune centinaia di metri verso l'interno.
I danni più gravi sono stati registrati in porto, dove le raffiche di vento sono andate via via aumentando di intensità sino a raggiungere, verso le dieci del mattino, i cento chilometri all'ora. In una fotografia che ritrae le onde del mare in tempesta si vede distintamente che le stesse superavano di almeno il doppio il fanale del molo Duca di Galliera, alto 22 metri.
Dopo ore e ore di intensa pressione, verso le 15 la diga foranea posta a protezione del porto non ha retto a quel terrificante ed incessante martellare: è crollata come sotto i colpi di un maglio.
Uno squarcio di circa 200 metri si è aperto nella parte di ponente e le onde, trovando via libera, hanno cominciato a spazzare il porto. Sono state ore terribili, che hanno tenuto impegnati centinaia di uomini, le forze di polizia, i vigili del fuoco, i piloti, i rimorchiatori e gli ormeggiatori.
Nessuno ricordava un disastro del genere. Quando la diga è crollata, tonnellate di pietra si sono riversate nello specchio d'acqua compreso tra ponte Canepa e molo Nino Ronco. Le onde hanno raggiunto calata Derna, distruggendo in un attimo circa 200 imbarcazioni dei pescatori di Sampierdarena. La Darsena Petroli è stata quasi completamente rasa al suolo. Le ondate che si sono abbattute sul molo Nino Ronco hanno infatti portato via di colpo parte dei due moli dove le petroliere andavano ad attraccare per effettuare le operazioni di scarico della nafta. La struttura ha ceduto di fronte a ponte Canepa e le onde sono andate ad infrangersi sul piano di calata.
L'acqua, con inaudita violenza, ha invaso per un'altezza di circa 80 centimetri le abitazioni di Ponte Chiappa. Parecchie famiglie, per sottrarsi al pericolo, hanno dovuto trasferirsi dal piano terreno a quelli superiori. La furia del mare ha investito tutta la parte di ponente del porto, facendo strage di fabbricati, attrezzature e di navi che vi erano ormeggiate.
La pirocisterna «Camas Meadows», rotti gli ormeggi, è stata scagliata dal mare contro la radice di ponte Canepa. Lo scafo sbatteva rumorosamente contro la banchina; l'imbarcazione ha cominciato lentamente ad inclinarsi e, alle 18,42, si è completamente capovolta, la chiglia in aria e il fumaiolo in acqua. Operai e guardiani, che si trovavano a bordo, erano già scesi a terra con grandi difficoltà al primo annuncio della tempesta. La petroliera «Atlantic Lord», in seguito all'urto della poppa contro la calata, ha avuto una falla dalla quale il carburante nelle tanks si è riversato in mare. La nave era trainata dai due rimorchiatori «Norvegia» e «Genova» che erano arrivati in suo soccorso e cercavano di mantenerla al centro dello specchio d'acqua. Tutto inutile perché, dopo ore drammatiche, i cavi si sono spezzati e la petroliera è andata a sbattere, come riferito sopra.
Un'altra nave in difficoltà è stata l'«Antonio Zotti» che, rotti gli ormeggi, ha potuto essere riassicurata al molo dopo ore di infruttuosi tentativi. Il «President Mac Kinley», in seguito agli urti contro la banchina, ha riportato due falle nello scafo ed ha cominciato ad imbarcare acqua. Per tenerlo lontano da ponte Etiopia ci sono voluti ben 7 rimorchiatori.
L'ordine di abbandono nave è stato dato invece dal comandante (Johns Vinquist) del piroscafo svedese «Nordland» (4.147 tonnellate di stazza) che a seguito di due falle sulla fiancata sinistra continuava ad imbarcare acqua ed iniziava ad inclinarsi su un fianco. Il provvedimento si è reso necessario in quanto la nave ha nelle stive circa 400 tonnellate di carburo che, a contatto con l'acqua, potrebbe dar luogo ad un'esplosione.
DUE GIORNI DOPO LA «NORDLAND» ESPLODE COME UNA PALLA DI FUOCO - Alle 19,20 di ieri sera (21) il piroscafo svedese «Nordland» è esploso. L'acqua, che già nel pomeriggio di sabato aveva iniziato ad invadere lo scafo, ha raggiunto le due stive cariche di carburo. Il botto è stato impressionante: la nave, squarciata di colpo nella parte prodiera, per un attimo si è sollevata sul mare mentre una fiammata abbagliante illuminava tutta la zona di ponte Eritrea. Un secondo scoppio è succeduto a distanza di pochi secondi. Fiamme di colore rossastro si sono immediatamente levate altissime ed il boato è stato avvertito in tutta la città. I vetri delle case costruite in un vasto raggio attorno al porto sono andati in frantumi. Un fumo nero ed acre ha avvolto il porto sotto la spinta di un debole vento che soffiava da est. Bruciavano anche alcune tonnellate di sughero che erano state sistemate sulla coperta della nave e che in parte galleggiavano ora sul mare. Le esplosioni dei barilotti di carburo sono continuati fino alle ore 23.
I Vigili del Fuoco si sono aperti la strada attraverso il fumo dell'incendio ed hanno raggiunto i capannoni di ponte Eritrea e ponte Somalia, dove il tetto appariva scoperchiato e le porte sfondate. Al loro interno c'erano in deposito molte tonnellate di juta ed altro materiale facilmente infiammabile. Qualche scintilla avrebbe potuto innescare un incendio.
Gli agenti di polizia hanno formato un cordone lungo le calate impedendo l'accesso a chiunque: attraverso quella catena umana passavano i tubi dei pompieri che si snodavano fino a raggiungere le porte dei capannoni sfondate dalla deflagrazione. L'acqua rovesciata in mare dalle pompe riusciva a domare le ultime fiamme nella tarda serata.
APRILE 1970 - Genova assiste impotente al naufragio della «London Valour»
Una violentissima libecciata nell'aprile del 1970 scaraventò la nave britannica «London Valour» contro la diga foranea del porto di Genova. Nel naufragio, seguito con raccapriccio da migliaia di genovesi assiepati lungo la Circonvallazione a mare, morirono 20 persone. Mesi dopo venne a Genova l'armatore della nave e consegnò una medaglia d'oro ai soccorritori, in segno di riconoscenza per il loro eroismo, sfortunatamente non sorretto da mezzi di intervento adeguati. Tra essi rimase mitico il capitano Enrico che ai comandi del suo fragile elicottero libellula si prodigò oltre ogni limite per salvare il maggior numero di naufraghi, conquistando il cuore dei genovesi.
Il dramma della «London Valour», alla fonda nella rada di Genova, iniziò alle 13,30, quando a bordo si accorsero del pericolo imminente. Venne attivata la sirena di allarme che cominciò a suonare ripetutamente. Le tremende ondate di libeccio spingevano la nave verso l'estremità di levante del molo Galliera, la diga di protezione del porto. L'ancora arava sul fondo, la catena era in tensione e l'estremità della diga si avvicinava sempre di più. In Corso Italia e Corso Aurelio Saffi le automobili iniziavano a fermarsi per scrutare quanto accadeva in mare. La gente si raccoglieva rapidamente anche sulla rotonda di Via Corsica. La tragedia vera e propria ebbe inizio alle ore 14,10 quando la nave urtò contro l'estremità del molo, con la poppa che andava oltre l'estremità del molo medesimo, verso levante, e la prora a ridosso della diga. Le onde del mare in tempesta scavalcavano nave e diga.
Dal palazzo dei congressi è possibile osservare tutto quello che accade. E' il posto ideale per installare un centro di coordinamento dei soccorsi. Sono le 16 e la nave è persa: si tratta di vedere se si possono salvare almeno gli uomini. In mare ci sono tre disgraziati che non possono essere visti dal bordo delle imbarcazioni. Una lancia carica di naufraghi viene rimorchiata verso il porto.
L'elicottero rosso del capitano Enrico, che in precedenza aveva già salvato dal mare un uomo, lancia una cima verso i tre sventurati. Sono rimasti in due perché il terzo, scaraventato contro i blocchi appuntiti, è scomparso poi tra le onde. Sono stremati e non riescono ad afferrare la ciambella agganciata alla cima scesa dalla leggera macchina volante. Uno di loro, dopo immani sforzi, verrà recuperato a bordo di una pilotina a circa 50 metri dalle scogliere di protezione al terrapieno della Fiera. L'altro riuscirà ad arrivare in acque più calme e verrà issato a bordo di una motovedetta della Guardia di Finanza.
La prora della «London Valour» si era abbassata di molto. La poppa era ormai scomparsa sott'acqua. La sommità dei bighi di carico sporgeva visibilmente tra un'ondata e l'altra.
Con i binocoli la gente accalcatasi sulla rotonda di via Corsica cercava di scrutare a bordo della nave. Si vedeva gente a bordo, radunata sulla prua che ancora spuntava al di sopra del molo Galliera. Tra uomini e donne vennero contate una quindicina di persone.
Qualcuno si salvò scendendo a mo di teleferica lungo una sagola serrata tra il bordo nave e la diga. Una donna non ce la fece a tenersi con le mani al cavo che si tendeva e si allentava paurosamente: cadde nel vuoto e andò a fracassarsi sugli scogli.
Sulla prua bisognava rimanere saldamente aggrappati per non essere ghermiti dalle onde. In cinque furono spazzati via e trascinati tra i marosi. Solo in due rimasero a galla e si salvarono. Morirono in questo modo il comandante, il telegrafista e sua moglie.
La salvezza bisognava conquistarsela con tanto coraggio, buttandosi a mare e nuotando tra quelle onde maledette. Era quasi buio e gli ultimi ad essersi gettati in acqua stavano nuotando disperatamente da almeno un quarto d'ora (un'eternità) quando furono scorti in mezzo alla nafta e issati in salvo.
John Anderson all'ospedale lo scambiarono per un indiano perché era una maschera di nafta. Ci mise un po' a spiegare ad un'infermiera che lui era inglese...
OTTOBRE 1970 - A Genova il Bisagno semina devastazione, lutti e dolore
Sull'alluvione di Genova dell'ottobre 1970 il «Secolo XIX» non scrisse articoli ma interi giornali. Fedele al suo destino di seguire sempre, nel bene e nel male, le sorti della città il «Decimonono» finì sott'acqua con la tragica ondata di piena del Bisagno. Ventiquattro ore dopo, grazie all'intervento dei Vigili del Fuoco, agli addetti all'elettricità e, soprattutto, al personale delle rotative, era di nuovo in grado di uscire. E uscì con un titolo pieno di doloroso orgoglio: "Genova resiste". La gente fece subito capo al suo giornale, chi era in difficoltà lo disse, chi poteva donò. I giornalisti e gli impiegati del «Secolo XIX» giravano per la città con le tasche piene dei denari portati dai lettori e li distribuivano con semplicità e rapidità.
Tutto sulla fiducia, come si fa in famiglia. In attesa delle provvidenze pubbliche, migliaia di persone poterono sfamarsi grazie a quei denari.
Mentre si registravano danni e vittime, scattava subito la ricerca del perché di una simile tragedia, con inchieste scottanti. I ragazzi, intanto, diventavano gli eroi del fango.
In un disastro tanto corale, non ci fu, è ovvio, un articolo in grado di riassumere tutto quello che accadde in quei luttuosi giorni. Giorni che, purtroppo, sarebbero ritornati in quanto in città il Bisagno rappresenta una minacciosa, continua presenza.
OTTOBRE 1977 - Un'ondata di maltempo si sposta da Genova alla Valle Stura
Un altro giorno di devastazione e di morti in Liguria. L'ondata di maltempo che giovedì aveva colpito in modo così pesante il centro storico di Genova e alcune delegazioni di ponente si è spostata verso nord, sfogandosi in modo particolarmente rovinoso sulla Valle Stura, sull'Alessandrino e su Tortona.
In questo triangolo si è purtroppo compiuta una tragedia di proporzioni enormi. Il bilancio è pesantissimo, anche in vite umane: nove morti, alcuni dispersi (il loro numero non è ancora stato valutato esattamente), centinaia di senzatetto, miliardi di danni. Il maggior numero di vittime si è registrato a Tortona (quattro) e a Serravalle Scrivia (Tre). Un pensionato genovese ha perso la vita ad Acqui Terme. Un'anziana donna è deceduta a Campoligure: tra i dispersi c'è una sorella della vittima.
CAMPOLIGURE - Ha il triste record della distruzione. Sicuramente è uno dei centri più colpiti. La donna morta si chiama Rosa Oliveri (73 anni). Gravissimi i danni: le 21 aziende artigiane specializzate nella lavorazione della filigrana sono state quasi interamente cancellate dalla furia dell'acqua che ha sommerso il paese. L'ottanta per cento delle case ha subito danni: mancano acqua potabile, gas, luce elettrica. L'acqua non ha risparmiato neppure il primo piano dell'ospedale, che è posto a ben sei metri d'altezza dal piano stradale. I malati sono stati evacuati d'urgenza, appena prima che la corsia fosse minacciata dall'acqua.
ROSSIGLIONE - La domanda che tutti si pongono è: come e quando potrà riprendere l'attività il Cotonificio Ligure? Lo spettro della disoccupazione per centinaia di lavoratori si aggiunge a tutti gli altri danni e disagi subiti dalla popolazione. Nessuna vittima, per fortuna.
MASONE - E' il terzo centro della valle che la furia de maltempo non ha risparmiato. Una notte da incubo, danni materiali ingentissimi, soprattutto nella parte bassa della cittadina.
SERRAVALLE - Una mezza collina è franata e scivolando a valle ha raso al suolo in un attimo la casa del presidente della giunta provinciale di Alessandria, causando la morte istantanea della moglie Angela Demicheli (42 anni) e del suocero Natale Traverso (79 anni). A poche decine di metri travolta anche la casa del custode dove si trovava la terza vittima, Giuseppe Repetto di 69 anni.
Il nubifragio è stato particolarmente violento anche a Acqui Terme, Arquata Scrivia, Cartosio e Vignole Borbera dove si registrano allagamenti di abitazioni, negozi e scuole. La rovina del ponte sul Borbera causa disagi alla viabilità.
Il crollo di un ponte e numerose frane hanno resa difficoltosa la viabilità in quel di Arquata Scrivia. A Cartosio sono straripati i torrenti Erro, Bicogno, Stavanazzo, Lemme. Gli argini del del torrente Orba hanno ceduto in tre punti. Numerose sono le frazioni rimaste isolate per la caduta di massi e muri e per il franamento delle strade. Ingenti i danni alle colture, alle abitazioni e alle industrie.
Ad Acqui Terme sono rimaste interrotte la strada statale Alessandria-Savona e la linea ferroviaria; Straripato il torrente Medrio. A Silvano d'Orba è crollato il ponte sul Piota; distrutto anche il ponte tra lo svincolo di Belforte e Ovada.
SETTEMBRE 1979 - Un nubifragio causa gravissimi danni a Sestri Levante
Ieri (21) si è avuta l'ennesima conferma della gravissima situazione orografica in cui versa la regione: sono sufficienti poche ore di pioggia copiosa affinché la Liguria smotti, si allaghi, crolli... Stavolta il nubifragio si è abbattuto nella notte sulla Riviera di Levante, causando danni per miliardi e una vittima. L'area più colpita è un triangolo che ha il suo vertice sul monte Capenardo (nell'immediato entroterra) e gli altri due angoli a Sestri Levante e Riva Trigoso.
In quest'area che comprende anche il comune di Casarza Ligure la pioggia ha provocato danni ingentissimi per il cui inventario ci vorrà molto tempo. La città più colpita è Sestri Levante.
La fabbrica «Italiana Tubi », che da lavoro ad oltre 2.000 persone, è inagibile. L'acqua torrenziale ha invaso addirittura i forni dei laminatoi. Un''altra azienda di Sestri Levante, il «Canapificio Ligure», è stata oggetto di allagamento con distruzione di scorte, prodotti lavorati e macchinari.
Un operaio, Gino Cafferata (54 anni), che si recava al lavoro a Riva Trigoso con la sua auto è morto per infarto dopo che il suo mezzo si era trovato bloccato in un lago d'acqua alta più di un metro. Forse sarebbe sopravvissuto se un'ambulanza avesse potuto raggiungerlo in tempo.
Torrenti e e pioggia hanno provocato un sconquasso. Il torrente Gromolo (che attraversa Sestri Levante) e il Petronio (che sbocca a Riva Trigoso, dividendo in due il paese) si sono gonfiati oltre misura, provocando all'alba l'immancabile ondata di piena. A Sestri Levante l'ondata del Gromolo ha demolito un ponte in ferro che era utilizzato dai cittadini per spostarsi da via Romana a via Nazionale, nei pressi del passaggio a livello della ferrovia. I detriti hanno colpito e danneggiato anche un altro cavalcavia.
L'onda di piena, dopo essersi ulteriormente rafforzata, è andata ad investire il ponte metallico delle ferrovie, scavalcando la strada ferrata e bloccando l'unica liena di collegamento tra Genova, Roma e il Sud Italia.
segue da: "Alluvioni, mareggiate e trombe d'aria in Liguria dal 1894 al 1932"
Sintesi e adattamento dal volume "1986-1986 - I cento anni de "Il Secolo XIX"
 
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