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QUI TOURING dell'ottobre 1972 - Copertina con interrogativo: "E' ancora possibile salvare la natura ?"

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La "Terra della Luna", in Italia,
ha la più alta concentrazione di
antichi castelli. Se ne contano
circa 160. Alcuni sono bellissimi e perfettamente conservati...

 
 
 
 

Fotografie © GIOVANNI MENCARINI

 
Castelli medievali
PONTREMOLI - Il Castello del Piagnaro che è anche sede del Museo delle Statue Stele
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Il Piagnaro di Pontremoli
In Italia la Lunigiana ha la più alta concentrazione di antichi castelli. Se ne contano circa 160. Alcuni sono bellissimi e perfettamente conservati e/o ristrutturati, altri un po' meno. Tutti hanno alle spalle storie interessanti.
Uno di questi è il Castello del Piagnaro di Pontremoli, sede del "Museo delle Statue Stele" (vedi link "Liguri Apuani"), che custodisce la più ricca raccolta di questi originali idoli di pietra. Costruito con funzione di controllo dei percorsi della Via Francigena che mettevano in comunicazione la Pianura Padana con la Val di Magra e la costa tirrenica, fu distrutto nel 1110 dall'Imperatore Arrigo V. Nel 1167 resistette all'assalto di Federico Barbarossa. Fu abbattuto nuovamente nel 1252 da Federico II e ricostruito nel 1257 ad opera del figlio Enzo.
Il maniero rivela la successione di numerosi interventi di restauro, resisi necessari a causa dei danni subiti nella sua funzione di difesa della città e della valle del Magra. Il maschio risale alla prima metà del XIII secolo. Significativi interventi di recupero si ebbero nei secoli XIV e XV.
Dal 1650, in virtù di questi ampliamenti e ristrutturazioni, venne considerato più simile ad una fortezza che ad un castello vero e proprio.
CASTELLO DEL PIAGNARO - La compagnia Arteatro recita Shakespeare (1) CASTELLO DEL PIAGNARO - La compagnia Arteatro recita Shakespeare (2) CASTELLO DEL PIAGNARO - La compagnia Arteatro recita Shakespeare (2)

La compagnia Arteatro recita Shakespeare (Sogno di una notte di mezz'estate)
nell'incantevole cornice del castello del Piagnaro a Pontremoli

● Aulla, la Fortezza della Brunella
Ad Aulla, negli anni ottanta del IX secolo, il marchese Adalberto I di Toscana fece costruire un corposo castello, con funzione di residenza marchionale, collocandolo alla confluenza tra il fiume Magra e il torrente Aulella. Il 27 maggio dell'884 il marchese fondò anche l'Abbazia Benedettina di Santa Maria e i Santi, poi dedicata a San Capriasio, alla quale donò vasti possedimenti. Il dominio temporale degli Abati fu oggetto per secoli di aspre lotte tra il Vescovo di Luni e varie linee ereditarie della famiglia Malaspina la quale, alla fine, impose sempre un proprio membro sul seggio abbaziale nei secoli XIV e XV e in parte del XVI.
Aulla fu oggetto di vari domini: dei marchesi di Olivola, dei marchesi di Villafranca, dei marchesi di Lusuolo fino al 1543 quando Girolamo Ambrogio la vendette, assieme ad altri suoi feudi, ad Adamo Centurione.
Il nuovo signore pensò bene di sfruttare le naturali difese di un'aspra collina che sovrasta la città e vi fece costruire sulla sommità la Fortezza della Brunella, la più imponente costruzione militare della Lunigiana.
L'opera sembra essere stata realizzata su disegni di Antonio da Sangallo il Vecchio proprio per le analogie con la fortezza di Civita Castellana, della quale l'architetto ne fu, senza dubbio, il progettista. Il fortilizio, che presenta una base quadrata, è giunto pressoché intatto fino ai nostri giorni e con i suoi quattro possenti torrioni angolari continua a dominare dall'alto tutto il paesaggio cittadino.
Il nucleo originario, con tutta probabilità, è databile tra il XIII secolo e i primi anni del XIV. In quel periodo le concezioni difensive erano in rapida trasformazione dovendo fronteggiare nuovi scenari di guerra. I castelli e le mura urbane venivano infatti fortificati per reggere la crescente potenza offensiva prodotta dalle artiglierie di assedio dalla fine del '300.
All'inizio del XVIII secolo (1706) la Brunella subì un'occupazione da parte dei Franco-Spagnoli in guerra contro l'Austria; nel 1773 venne nuovamente assediata e conquistata dagli Spagnoli. Quando i Centurione decaddero dal feudo, Aulla divenne possesso di Alessandro Malaspina, marchese di Podenzana. L'ultimo signore ed Abate del feudo aullese fu il marchese Alfonso Malaspina che esercitò la sua signoria fino all'occupazione francese del 1796.
La Fortezza della Brunella dal 1988 è sede della S.I.E.P. (Società Italiana di Ecologia del Paesaggio) il cui laboratorio coordina l'attività internazionale di ecologi di oltre trenta nazioni e organizza corsi universitari di perfezionamento nel campo dell'ecologia. Tra le più importanti attrezzature una stazione di remote-sensign e un sistema G.P.S. per la preparazione di sistemi geografici informatizzati e l'analisi di immagine da satellite.
Dal 1997 il Museo di Storia Naturale della Brunella è promotore ed organizzatore di convegni scientifici, seminai di studio e workshop nazionali ed internazionali. Nel parco di lecci che circonda la fortezza si trova un sentiero didattico dove vengono illustrati i percorsi della Via Francigena ed un percorso botanico, raggiunto periodicamente da alunni delle scuole durante stages o escursioni guidate da esperti naturalisti.
● Bagnone
In un diploma di Ottone II del 981 si cita un "mercatum in plebe Sancti Cassiani", individuando qui un luogo di scambi commerciali facente riferimento alla pieve di Sant'Ippolito e Cassiano e difeso dal Castello.
BAGNONE - Il nucleo storico del Castello
La pieve, collocata nell'area della Via Francigena che conduceva verso il Passo di San Nicolao di Tea e verso la città del Volto Santo (Lucca), era inglobata in un sistema che per Offiano, Codiponte, Soliera, Monti e Bagnone conduceva all'incontro dei due percorsi nei pressi di Filattiera. Il Castello apparteneva ad una linea di
fortificazioni individuabile nelle torri di Bagnone, Treschietto, Apella, Comano, forse Torre Nocciolo, Castevoli, Verrucola, Casola, Viano e Minucciano di Garfagnana.
Per lungo tempo la vita politica, amministrativa ed economica di Bagnone si svolse unicamente presso la collina del Castello. In seguito, venuto a cadere il sistema curtense ed aprendosi il sistema feudale al movimento delle merci, cominciò a nascere un nuovo borgo più in basso: Gutula (o pozzo), poi Borgo di Bagnone e quindi Bagnone, che crebbe per tutto il VI secolo, sviluppando una certa attività molinaria (nel 1446 la famiglia Malaspina fece costruire parecchi mulini lungo il torrente Pendeggia ed il fiume Bagnone).
Le case sul colle, attorno al castello, rimasero allora denominate "Castello", dalla persistente presenza della famiglia nobiliare dei Malaspina di Filattiera prima, e poi per la presenza del governo fiorentino dopo la seconda metà del Quattrocento.
E' proprio coi fiorentini che Bagnone diventa importante podesteria, sede del capitanato di giustizia. Il Castello segue le sorti delle vicende sociali e dell'epoca feudale, con la distruzione di parte delle mura e delle torri: oggi rimane un unico bastione circolare, che aveva funzione di polveriera ai tempi del Granducato.
Le poche mura rimaste circondano l'imponente villa Noceti, cresciuta su una piccola casupola, ampliata ed abbellita da un loggiato e da un ampio giardino nato sulle antiche mura, concesse a Francesco Noceti dalla Repubblica Fiorentina nel 1470. La torre richiama invece ad un più rude passato malaspiniano, sotto lo spino fiorito di Filattiera.
L'ultimo marchese Malaspina fu Cristiano, che vendette feudo e Castello alla Repubblica Fiorentina nel 1385, stanco delle continue ingerenze e delle sollevazioni della popolazione.
Si ricorda anche una piccola parentesi di dominio milanese, con l'assedio a Bagnone del condottiero Nicolò Piccinino, quando il Duca di Milano era in guerra con Firenze.
● Bastia di Licciana Nardi
Il Castello della Bastia sorge fra i castagni di un contrafforte dell'Alpe di Camporaghena e guarda dall'alto la cittadina di Licciana Nardi. L'imponente e squadrata rocca presenta quattro torri rotonde agli angoli.
BASTIA di LICCIANA NARDI - Facciata ovest del castello
L'attuale aspetto è dovuto agli ampliamenti e rimaneggiamenti avvenuti nel XVIII secolo. Ma il castello esisteva già nel XIII secolo e questo rivela la sua funzione prettamente militare e difensiva fin dalla nascita. Il termine Bastia deriva dal francese "bastir" (costruire) e indica una fortificazione edificata velocemente a difesa del
territorio circostante. L'area di Licciana e Monti era infatti un importante incrocio tra la via per l'Emilia, attraverso il Passo del Lagastrello, e la via che dal Passo di Tea portava a Lucca.
La Bastia di Licciana Nardi ebbe tra i suoi signori anche i Malaspina di Villafranca. Fece parte di feudi comprendenti altri castelli e altre terre e risultò incorporata nel marchesato di Monti. Nel XVI secolo fu eletta feudo indipendente per passare poi nel XVIII al servizio dei marchesi del Ponte Bosio. Per la sua posizione dominante e strategica fu teatro, nella sua complessa storia, di assedi, assalti, distruzioni, sommosse e varie lotte di successione...
Nella fortezza visse quella che, all'epoca, era una delle donne più belle e graziose di tutta la Lunigiana. Si parla di Anna Malaspina, moglie di Giovanni Malaspina, il quale poi si trasferì a Parma dove prese stabile dimora.
La marchesa fu prescelta per stare a fianco dell'infante donna Luigia di Francia in qualità di cameriera maggiore, lo stesso onorevole incarico che ebbe presso l'infante Maria Amalia, la capricciosa moglie del Duca Ferdinando.
Molti poeti decantarono la sua graziosa beltà e nei loro versi posero anche l'accento sul suo «modus vivendi» che veniva definito nobile, dignitoso e cortese.
Essendo in confidenza col primo ministro Dutillot, si recò in Francia assieme al gesuita Bettinelli per far cadere la Pompadour, notoriamente grande persecutrice dei gesuiti. Con le sue grazie doveva ammaliare Luigi XV solo per trarre vantaggio a favore della Compagnia di Gesù. Alloggiò a Versailles ma l'avveduta Pompadour non la perse d'occhio e, ricoprendola di molte cortesie, mandò all'aria tutti i suoi piani.
Nonostante tutto la bella lunigianese riuscì a vedere il Re, in segreto, per ben due volte per poi fare ritorno a casa con una pensione.
● Castiglione del Terziere
Castiglione del Terziere sorge a 230 metri sul livello del mare, fra i torrenti Bagnone e Civiglia, luogo ideale per abbracciare con un colpo d'occhio la verdeggiante conca lacustre lunigianese sottostante, disseminata di villaggi.
CASTIGLIONE DEL TERZIERE- - Panorama del borgo
Castiglione, in origine, era detto dei Corbellari, perché una famiglia con tale nome era stata infeudata dagli Estensi. Ora è chiamato del Terziere per avere formato quota della terza parte del patrimonio feudale del primo Marchese di Filattiera, Obizzo Malaspina, lasciata al figlio nel 1275. Il borgo ha dato i natali a Giovanni
Francesco Segalara, famoso capitano di Ventura del XVI secolo.
Tra il VI e VII secolo in questa località esisteva probabilmente un complesso fortificato che faceva parte della linea di difesa bizantina a protezione di Luni.
La struttura originaria del maniero indica una datazione costruttiva anteriore all'XI secolo, con pianta a quadrilatero e presenza di accesso fortificato, oggi identificabile nel dongione (mastio) centrale, nei resti di un recinto e di almeno una torre di fiancheggiamento verso sud-est. Erano fortificazioni destinate al controllo del territorio, molto probabilmente collegate da sistemi di segnali con altre torri di avvistamento.
Nel XII secolo, sotto il dominio del Corbellari, fu eretta ad oriente una grande torre quadrilatera a difesa del fianco più esposto del castello. La torre presenta i caratteri più avanzati della tipologia medievale.
Nel 1355 fu riconosciuto da un diploma di investitura di Carlo IV al marchese Franceschino Malaspina (detto "il soldato"), signore di Castiglione (feudatario del Terziere), il quale ristrutturò l'ala di levante, riorganizzò le mura e fece costruire il torrione circolare, che aveva un'accentuata scarpatura per adeguare le difese del castello alle nuove tecniche militari nelle quali iniziava a farsi strada l'impiego delle armi da fuoco..
La dominazione di Castruccio Castracani degli Antelminelli, che qui pose nel 1321 una sua sede seguendo il sogno di fare una grande dominio su Lunigiana, Garfagnana, Lucchesia e Versilia, e l'importanza che dal '400 il castello venne ad assumere nei disegni fiorentini di controllo del territorio e delle vie di comunicazione, indicano Castiglione del Terziere come presidio strategico nel tempo poiché ubicato all'incontro dei due rami della Via Francigena, quello di fondovalle e quello proveniente da Lucca attraverso il Passo di Tea.
Nel XVI secolo, sotto la Signoria di Firenze e il Granducato di Toscana subì continue migliorie edilizie per renderlo consono alle nuove funzioni di rappresentanza e sede amministrativa del territorio (capitanato di Giustizia) e quindi assumere le funzioni di prestigiosa dimora di magistrati e funzionari della signoria fiorentina. Di quel periodo è particolarmente suggestivo il salone delle udienze con il grande camino rinascimentale.
Il castello è stato restaurato negli anni '70 dal Prof. Loris Jacopo Bononi che lo elesse anche a propria dimora fino alla sua scomparsa. Oggi è sede del "Centro di Studi Umanistici Niccolo V" e di una importante biblioteca, con testi rari e unici, curata da questo insigne medico appassionato di letteratura.
Tra questi si segnala il volume "Legenda aurea sanctorum" di Jacopo da Varazze (stampato nel 1476 ed unico esemplare esistente in Italia), e il "De civitate Dei" di Augustinus Aurelius.
Il Comitato Omnia Vanitas sta attualmente collaborando con il Dipartimento degli studi di Firenze e Roma, Facoltà di Architettura, per realizzare un progetto di ricerca che mira a valorizzare il territorio, istituendo come punto di riferimento il castello di Castiglione. In memoria dell'opera e degli insegnamenti del prof. Bononi, il maniero dovrebbe diventare presto un luogo di studi internazionale, atto ad accogliere universitari provenienti da tutto il globo. Maggiori informazioni su questo progetto si trovano nella pagina principale sulla Lunigiana (vedi link nella colonna a sinistra).
● Fosdinovo
Secondo alcune ipotesi storiche il castello del borgo murato di Fosdinovo (un tempo detto "Città Imperiale") risale al IX secolo e le sue origini sono riconducibili alla leggenda della traslazione della salma di San Terenzio,
FOSDINOVO - La Torre Marchesa del Castello Malaspina
ucciso nei pressi di Avenza.
Il maniero venne edificato in tre diversi tempi. Verso il 1200 i nobili d'Erberia costruirono il Cassero, che restò poi annesso alla rocca, fondata dai Malaspina e man mano ingrandita. In questa sono evidenziabili la Torre del Medioevo, le logge del secolo XVI e il palazzo moderno.
E' documentata una corte altomedievale, propaggine del potere lucchese che qui possedeva una torre o domignone. Decaduti i vescovi di Luni, sulla fine del XIII secolo si affermò la signoria dei Malaspina, che prese possesso di Fosdinovo. La costruzione del primo nucleo del castello si deve alla volontà di Spinetta il Grande (o del nipote Galeotto), che ne fece il centro del potere politico e militare dei domini del ramo dello spino fiorito.
Successivamente, sotto il marchesato di Carlo Francesco Malaspina, venne ampliato e trasformato in chiave barocca, con l'aggiunta del teatro e della cappella di corte.
i forma quadrangolare con cortile centrale, munito agli angoli di torri circolari, collegate tra loro da un camminamento di ronda coronato da merlature ghibelline. Dall'ingresso, che reca ancora visibili segni di un ponte levatoio, si accede alla parte più antica, costituita dalla cosiddetta "piazzetta dei cannoni". E' certo che nel 1449, all'interno della Rocca, esisteva un giardino mentre, nel Cinquecento, Lorenzo Malaspina fece realizzare il cenacolo, il portico con volte a crociera e gli ornamenti con fregi marmorei. Il disegno, che risale al XVIII secolo, illustra l'imponente mole fortificata, evidenziando le modifiche barocche.
Nel castello troviamo anche la stanza di Dante, così chiamata perché tradizione vuole che vi avesse soggiornato il "sommo poeta" durante la sua permanenza in Lunigiana. In questo credeva anche il letterato fivizzanese Giovanni Fantoni (nell'Arcadia conosciuto come Labindo) che, amico del marchese ultimo dei feudatari, voleva spesso dimorare in questo locale per ispirarsi all'alta poesia.
Il mito del soggiorno di Dante nel castello è richiamato dalla rappresentazione da girone infernale dei contrafforti digradanti verso valle.
L'ultimo signore di Fosdinovo fu il marchese Carlo Emanuele Malaspina, grande cacciatore, appassionato di teatro e di giochi sportivi, che nel luogo detto il Fosso, fuori della Porta di Sotto, fece costruire un'arena per il gioco del pallone.
Come testimoniato da un'iscrizione posta sull'architrave marmoreo dell'ingresso, a lui si deve anche il restauro, avvenuto nel 1770, dell'antico teatro posto accanto al castello, dove si rappresentavano commedie e melodrammi. Affrescato e dotato di ricche decorazioni, ospitava all'interno il palchetto marchionale in legno scolpito, veniva attivamente frequentato dal Fantoni e rappresentava lo spirito mecenatico dei Malaspina, vivo fin dal tempo dei trovatori occitani e provenzali.
I marchesi di Fosdinovo, oltre al privilegio di battere moneta, avevano pure quello di condannare a morte, di laureare dottori e di legittimare i bastardi. I metodi con i quali venivano eseguite le condanne erano i più vari. Le impiccagioni si tenevano fuori dalle mura, dove ora sorge la Maestà di Mezzo (altrimenti detta Monte della Forca). Chi provocava grossi danni con un incendio veniva arso vivo; i bestemmiatori finivano alla berlina, con la lingua inchiodata per tre ore. Le torture erano date in pubblico, in vicinanza del Castello, e i torturati venivano appesi con una corda ad un braccio di ferro infisso a circa otto metri dalla strada. Coloro che erano messi alla berlina venivano legati con le mani dietro le spalle all'inferiata di una casa, presso la chiesa di San Remigio, con un morso da cavallo in bocca ed un cartello attaccato sul petto.
La Zecca di Fosdinovo si affacciava su quello che oggi è Largo Felice Vatteroni, un piccolo spiazzo al centro del borgo. La fondò il marchese Pasquale Malaspina con diploma imperiale del 1666. Dal 1668 al 1677 coniò "Testoni" e "Luigini", battuti sia col nome del marchese, sia con quello della consorte Maria Maddalena Centurione, sia con quello della moglie del fratello Ippolito, Cristina Pallavicini. Il torchio originale della Zecca è oggi conservato nella Torre Marchesa.
La Zecca indicava la vivacità commerciale del luogo, resa possibile dal grande passaggio di merci, mercanti e carovane di muli, lungo la Via Francigena dal mare e i suoi tanti porti verso l'Europa e viceversa. Una ricchezza antica, ancora oggi testimoniata dai numerosi palazzi che insistono nel centro storico.
● Gragnola, il Castello dell'Aquila
Dal Caselli si apprende che il Castello dell'Aquila deriverebbe il suo nome dalla ripida collina sul quale è posizionato ed alla quale si accede tramite una comoda viuzza che parte nei pressi della stazione ferroviaria di Gragnola.
Ma, con maggiore probabilità, il nome potrebbe essere legato al frequente volo delle aquile, osservato ed ammirato dai Signori Bianchi d'Erberia, che lo eressero prima del XIII secolo. Questi infatti avevano il loro quartier generale a Monte dei Bianchi, di fronte al maestoso Pizzo d'Uccello, che è il vero regno dell'aquila apuana.
Il maniero, dal quale si gode un'incantevole vista sulla vallata dell'Aulella e dei suoi tipici borghi, entrò poi nel dominio feudale di Spinetta il Grande e diede il nome ad una linea marchionale dei Malaspina di Fosdinovo.
All'inizio del XV secolo i marchesi di Castel dell'Aquila e di Gragnola, veri falchi rapaci, divennero tristemente famosi poiché, per impadronirsi della Verrucola di Fivizzano (vedi note più sotto), vi fecero assalire e trucidare il loro congiunto Marchese Niccolò e quasi tutti i suoi familiari, divenendo signori del feudo.
Verso la fine del Cinquecento il castello venne trasformato in residenza signorile. L'ultimo marchese di Gragnola, Alessandro, lasciò erede del feudo nel 1642 il Granduca di Toscana Ferdinando II. Il testamento venne però impugnato dai Malaspina di Fosdinovo i quali vinsero la causa istituita presso la Corte Imperiale di Vienna e rientrarono in possesso delle loro terre.
Il Castello dell'Aquila è oggi una dimora storica. Nell'imponente torrione sono state ricavate 9 splendide camere dove soggiornano gli ospiti. Gli spazi esterni e gli enormi saloni possono ospitare eventi di qualunque tipo (matrimoni, compleanni, eventi culturali e musicali, ricevimenti...) in una atmosfera di grande fascino.
● Lusuolo
Il Castello di Lusuolo, antichissimo possesso malaspiniano in unione con quello di Villafranca, aveva il compito di vigilare e proteggere, dall'alto di un colle, il punto in cui la vallata del Magra si restringe notevolmente. Questo «occhio»,
Il Castello di Lusuolo
perennemente vigile sul fondovalle, nel XIV secolo era il centro politico, amministrativo e militare di un feudo che comprendeva numerosi altri castelli e villaggi delle valli del Magra e del Vara.
La sua importanza è dovuta al fatto che costituiva un passaggio obbligato per gli eserciti e per gli scambi commerciali che avvenivano tra le coste tirreniche e la Pianura Padana.
Questo possedimento, col trascorrere del tempo, iniziò una graduale decadenza a causa dei continui frazionamenti terrieri dovuti alle divisioni ereditarie tra i membri della famiglia feudale.
Come numerose altre fortezze, anche Lusuolo ebbe le sue disavventure belliche, la più grave delle quali si verificò nel 1449. In quel periodo i Campofregoso di Genova, a causa di vecchie ruggini ed accesi scontri con i Malaspina di Villafranca, attaccarono nuovamente vari possessi malaspiniani in Val di Magra, non risparmiando il Castello di Lusuolo, che fu espugnato ed abbattuto, nonostante una lunga e strenua resistenza agli oppositori.
Dopo essere stato in parte ripristinato ed aver attraversato altre vicende politiche, Lusuolo ebbe quale ultimo signore dell'antica dinastia il marchese Ercole il quale si appoggiò agli spagnoli del Ducato di Milano per contrastare, senza successo, le mire espansionistiche dei Medici di Firenze ai quali, infine, dovette cedere amaramente il potere.
Nel XVII secolo i Granduchi di Toscana, ben consci che quella posizione strategica era fondamentale per il controllo della Val di Magra, intrapresero nuovi lavori per rafforzare il castello e trasformarlo in una vera e propria fortezza.
Dal 1700 ad oggi le fattezze del castello e del borgo sono rimaste le stesse e testimoniano visivamente l'ordinamento gerarchico dei rapporti feudali, costituito da una scissione tra l'abitato lineare, chiuso da due porte, e la residenza dei marchesi signori del posto.
● Malgrate
Altro importante castello lunigianese è quello di Malgrate (residenza medievale dei marchesi Malaspina), collocato sulla sommità del colle che restringe naturalmente la valle del Bagnone. L'impianto che noi ammiriamo
MALGRATE di VILLAFRANCA - Panorama del colle ove si erge il borgo
è il risultato di continue trasformazioni e migliorie attuate fino al XVIII secolo. La posizione dominante riconduce ad una funzione storica di controllo delle strade dalla Cisa, dall'Appennino e dalla Garfagnana.
Nonostante il castello sia documentato solo a partire dal 1351, la sua origine è sicuramente più
antica. L'alta torre cilindrica evidenzia un modello diffuso in altri manieri presenti sul territorio, come quelli di Bagnone, Treschietto, Apella, Comano, Castevoli, Verrucola, Casola, Viano e Minucciano in Garfagnana.
La creazione di questa linea di difesa è il risultato di una precisa volontà della famiglia Malaspina che, tra il XIII e il XIV secolo, intese fortificare il territorio e accentuare il controllo della viabilità dell'epoca.
Per completare e migliorare queste funzioni militari, nel XV secolo il castello di Malgrate venne dotato di una nuova cinta muraria.
A Malgrate nacque e visse Giovanni Antonio da Faje che descrisse, fra l'altro, il Giubileo del 1450.
● Tresana, Giovagallo e Villa
La primitiva rocca di Tresana fu costruita dai Longobardi ed oggi si mostra al visitatore nella sua imponente decadenza. Tra le rovine del castello si ergono ancora due torri. La più piccola è di forma circolare mentre quella a
TRESANA - Panorama del nucleo storico
fianco (di dimensioni maggiori e meglio conservata) presenta una pianta quadrangolare ed è denominata "Turrio'n". La rocca era chiamata "Turris sana" o meglio "Tersana", che significa torre fortissima ed inespugnabile. Da qui l'origine del nome Tresana, che altri però fanno risalire alla "Turris ianua", cioè torre porta.
Nel 1164 la fortificazione venne concessa da Federico Barbarossa a Obizzano Malaspina di Mulazzo. I Malaspina, uomini d'arme e costruttori di castelli, sceglievano sempre accuratamente i luoghi più adatti alla difesa e all'offesa per difendere al meglio i loro possedimenti e mantenere intatti i loro privilegi.
Nel XIV secolo Tresana apparteneva ad un vasto feudo dei Malaspina, facente capo al castello di Lusuolo, nel tempo ridottosi d'importanza a causa di molte divisioni ereditarie.
Il feudo di Tresana, come piccola entità territoriale autonoma, venne in pratica costituito a partire dal 1560 quando diventò un possedimento di Guglielmo Malaspina del ramo principale dei Da Mulazzo. Nel 1565 ci fu l'investitura ufficiale per opera dell'imperatore Massimiliano II il quale concesse al marchese il raro privilegio di battere moneta, cosa che conferì nuovo e particolare prestigio al castello ed al paese.
Le vicende politiche e guerresche legate alla Zecca di Tresana (dove venne battuta anche moneta falsa di altri Stati), del breve dominio spagnolo e del passaggio del feudo alla famiglia Corsini di Firenze vengono più compiutamente narrate in altra pagina con info sul comune di Tresana.
Imponenti sono i ruderi del Castello di Giovagallo, che fu la rocca di Morello Malaspina, il condottiero guelfo che guidò i lucchesi e i fiorentini contro la ghibellina Pistoia, poi occupata dopo undici mesi di assedio.
In quanto amico (nonostante le divergenze politiche), fu ospite di Morello il poeta Dante Alighieri nel momento in cui si trovava in Lunigiana per siglare la pace di Castelnuovo Magra.
Una volta estinta la discendenza di Morello, il castello di Giovagallo seguì le sorti di Tresana ed oggi i suoi resti, nonostante lo stato di abbandono, testimoniano ancora quel periodo di grande fulgore.
Il Castello di Villa è una delle più importanti attrazioni del Comune di Tresana anche perché, sotto il maniero, che è stato restaurato da un privato nel secolo scorso, si apre un caratteristico borgo medievale con le case tutte in pietra, rimesse a nuovo grazie ad un piano di recupero dei vecchi nuclei storici.
● Treschietto
Nel territorio di Bagnone si trovano i ruderi del Castello di Treschietto sui quali spicca l'alta torre cilindrica che, in passato, venne spezzata in due da un fulmine. Il manufatto sorge sopra uno sperone roccioso del Monte Orsaio e domina la confluenza del torrente Bagnone con il Canale Acquetta.
Il 16 novembre del 1351 vari fratelli si divisero i beni del padre Nicolò Malaspina, detto il Marchesotto. A Giovanni Malaspina, detto Berretta, toccarono vari possessi nell'alta Valle del Bagnone tra i quali il borgo di Treschietto che venne poi scelto per farne la «capitale» del proprio feudo.
Una residenza marchionale esisteva anche a Vico ma il marchese Giovanni fu maggiormente attirato dalla posizione strategica di Treschietto - già dotato di un antico fortilizio - e vi eresse il proprio castello, che era oltretutto circondato da difese naturali. La fortezza aveva una posizione appartata in una angusta vallata montana e questa la preservò dagli attacchi che resero tormentata e movimentata la vita di altri sistemi di difesa lunigianesi.
Il territorio però non fu preservato dalle mire del confinante Granducato di Toscana e dalle brame di alcuni signorotti che avevano diritto alla successione in morte dell'ultimo dinasta, il marchese Ferdinando.
Nel XVIII secolo il feudo fu oggetto di vari domini: dapprima tornò all'Impero, fu poi concesso al conte Carlo Emanuele di Nay e di Richecourt, quindi passò al Granduca di Toscana, alla Repubblica Cisalpina ed, infine, al Ducato di Modena.
Ma, fatti salvi questi complessi eventi storici, nella tradizione popolare il nome di Treschietto viene spesso associato ad uno dei suoi antichi signori, Giovanni Gasparo, figlio del marchese Pompeo, nato nel 1616 ed investito del feudo nel 1637. Di bassa statura e colorito bruno, questo oscuro personaggio fu accusato di essersi macchiato di azioni turpi e delittuose, di essere insomma una specie di Don Rodrigo con al soldo un pugno di «bravi», privi di scrupoli e capaci di qualsiasi nefandezza.
La gente di Treschietto, testimone di una lunga serie di misfatti, chiamava Giovanni Gasparo «il mostro». Fu abbandonato anche dalla moglie Ottavia, religiosa donna mantovana, la quale si riteneva offesa dai suoi comportamenti. Ma non per questo lo scellerato nobile mutò il suo stile di vita. La morte lo colse in Bagnone, nel 1678, quando aveva 62 anni, con grande sollievo di tutti i suoi sudditi.
● Verrucola di Fivizzano
Il borgo della Verrucola sorge tra i torrenti Rosaro e Mommio. Mostra ancora una chiesetta dedicata a Santa Margherita, nominata in una bolla pontificia di Eugenio III (anno 1202) e che più tardi diede il nome ad un monastero di
FIVIZZANO - Borgo e Castello della Verrucola
Clarisse, esistente fino agli ultimi anni del secolo XVIII.
Prima del Mille il nome di Fivizzano non si ritrova in alcun atto pubblico e privato. Solamente verso il 1200 è rintracciabile Fivizanum e Forum Verrucolae Bosorum. Quest'ultima fu patrimonio dei Marchesi di Toscana; gli Estensi la subinfeudarono ai Nobili di
Bosone e per questo motivo venne nominata Verrucola dei Bosi.
Il Castello domina la via che conduce dalla Val di Magra ai valichi appenninici, verso la pianura reggiana e parmense. Dalla parte occidentale vi sono muri romani ed un arco che sembrano testimoniare l'esistenza di un tempio pagano. Nel XIV secolo assunse le dimensioni e configurazioni ancora oggi visibili, grazie alle opere di fortificazione volute dal marchese Spinetta Malaspina, comprendenti le torri di appoggio al mastio centrale e la cinta muraria perimetrale.
La Verrucola viene tristemente ricordata per una vera strage, compiuta nel 1418, ad opera del marchese Leonardo Malaspina, signore del Castello dell'Aquila presso Gragnola (vedi note più sopra), che insieme ai suoi bravi si impadronì del maniero dopo aver ucciso il marchese Bartolomeo Malaspina, la moglie Margherita Anguisola (che era incinta) e il padre marchese Nicolò. Anche i servi e i figli del nobile furono tutti trucidati, ad eccezione della piccola Giovannina e del fratello Spinetta (di appena venti mesi) perché nascosto dalla balia.
Il 6 febbraio del 1481 il castello venne gravemente danneggiato da un violento terremoto che squassò tutto il territorio, come ricorda il capitano della Repubblica Fiorentina, Bartolomeo Pucci (testimone del sisma) "... la fortezza di Verrucola aperta; il castellano sta nel procinto; la torre dove stavo tutta aperta fracassata"
● Virgoletta
Tra Fornoli e Virgoletta tradizione vuole che esistesse una località chiamata "Campo Armato" dove sarebbero state elevate delle imponenti mura a difesa delle genti primitive.
Nel testo "Storia della Lunigiana Feudale", a cura di Eugenio Branchi, Virgoletta viene così descritta: "E' Virgoletta una piccola terra situata sul sinistro lato del fiume Magra, in ristretta ma ubertosa ridente pianura a mezzogiorno rivolta...".
Questo piccolo, ma originalissimo borgo murato si stende sullo sperone roccioso del Vignale (nome originante dall'antica abbondanza di vigneti) e mostra da lontano le altissime mura delle sue case a schiera, valoroso baluardo contro ogni tipo di invasione. La sua nascita è verosimilmente collocabile in epoca premalaspiniana (XII e XIII secolo), quando ilterritorio era legato alla famiglia dei Corbellari (signorotti infeudati dagli Estensi), da qui il nome "Verugoletta dei Corbellari".
Il castello di Virgoletta faceva parte di una serie di fortificazioni fatte costruire da Oberto Obizzo I a difesa e controllo del territorio, sul quale le merci in transito erano sottoposte a pedaggi da vera rapina.
I Malaspina si arricchivano attraverso le ruberie poste in atto nei confronti delle carovane che transitavano dal Passo della Cisa, tant'è che il loro castello di Villafranca fu chiamato dapprima "Malvido" e poi "Malnido" (nel diploma conferito da Federico a Opizone nel 1164).
Nel 1221 Virgoletta seguì la sorte del feudo al quale apparteneva quando, nella divisione tra Corrado e Opizzino, Villafranca venne assegnata a Corrado l'Antico, che ottenne i possedimenti sulla destra del Magra, mentre Obizino cambiò l'arme da "spino secco" in "spino fiorito" per avere il controllo su parte dei territori alla sinistra del fiume.
Curiosamente però, lo stemma che sovrasta il portale d'ingresso al castello di Virgoletta appartiene virtualmente alla famiglia Malaspina dello "spino secco". Questo perché l'adozione degli stemmi non venne sempre rispettata, come nel caso, per esempio, di Jacopo Malaspina marchese di Fosdinovo, discendente dei marchesi di Verrucola e Fivizzano (perciò "spino fiorito"), che pose nella sua arme lo "spino secco". Le motivazioni di tutto questo sono molteplici, prima fra tutte il fatto che il simbolo originario del casato era sempre stato quello dello "spino secco"; in secondo luogo, dopo la divisione dei beni avvenuta nel 1221, "le ragioni e i diritti" erano rimasti indivisi.
Lo scudo che sormonta l'ingresso del castello di Virgoletta vede inserito un leone bianco, concesso da Luigi IX a Corrado, capostipite del casato dei Malaspina dello "spino secco", quale riconoscimento degli aiuti prestati al re di Francia nella spedizione in terra d'Egitto, al tempo delle crociate (1248-1254).
La facciata del castello e le due torri verso il borgo sono state costruite da Galeotto Campofregoso nel 1451, come riportato nelle "Croniche" di Anton Giovanni da Faje. L'edificio è circondato da un profondo fossato ed un ponte lo collega al borgo. Per tutto il Cinquecento la famiglia Malaspina si adoperò nell'ampliamento del maniero che, soprattutto per volontà di Ferdinando Malaspina, venne ad assumere le caratteristiche di una comoda residenza signorile. Sul fronte principale, una serie di ampi ambienti voltati consentiva, grazie ad altrettanto grandi finestre, la vista sul territorio da Bagnone a Villafranca e Castiglione.
Ai grandi saloni del castello si accede attraverso un loggiato, edificato intorno al 1600, raggiunto per mezzo di due scale in direzioni opposte, costruite in aderenza alle mura perimetrali. Gravemente lesionato dal terremoto del 1920, il castello subì in seguito pesanti interventi di rimaneggiamento.
Come tradizione vuole, Virgoletta vide il passaggio di San Rocco, il santo di Montpellier che deve la sua popolarità alla protezione dalla peste (una delle malattie più diffuse dopo le Crociate), il quale percorrendo la Via Francigena pernottò in una casa posta lungo la strada che da Villafranca porta a Merizzo e dove pure sorge un oratorio a lui dedicato. Le prime notizie certe dell'edificio risalgono al 1756 in quanto viene citato nel libro "La Compagnia di San Rocco" relativo ai beni della chiesa-oratorio. I caratteri architettonici risalgono però al Quattrocento, come testimoniato anche da un'incisione sull'architrave del portale d'ingresso che reca la data 7 maggio 1489.
I documenti storici però non attestano la presenza, in questo luogo, di una struttura religiosa atta all'accoglienza dei pellegrini in transito.
Nel XVII secolo Gabriele Della Porta, trovandosi a Roma, si adoperò presso il Papa per entrare in possesso delle preziose reliquie dei "Corpi Santi". Lo stesso, nel 1666, ne fece poi dono alla chiesa parrocchiale di Virgoletta dedicata ai Santi Gervasio e Protasio, dove sono tuttora racchiuse sotto l'altare maggiore. Nella seconda domenica di maggio, giorno della ricorrenza dei "Corpi Santi", un discendente degli antichi Della Porta apre con la propria chiave l'armadio che conserva le teche d'argento nelle quali sono riposte le reliquie affinché vengano esposte al culto dei fedeli durante le celebrazioni religiose.
Testi consultati Testi consultati: eccetto ove espressamente indicato, vedi pagina principale "La Lunigiana"
(link nel bordo nero a sinistra). Altre informazioni sui castelli medievali sono consultabili nelle pagine che contengono note relative ai singoli Comuni della Lunigiana, alle quali si accede dalla pagina principale suddetta.
 

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