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QUI TOURING dell'ottobre 1972 - Copertina con interrogativo: "E' ancora possibile salvare la natura ?"

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Elenco puntato - Genova  GENOVA

Il capoluogo della Liguria
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Elenco puntato - Euroflora  EUROFLORA

In primavera, ogni 5 anni,
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Elenco puntato - Via Francigena  VIA FRANCIGENA

Col Giubileo del 2000 è stata
definitivamente rivalutata
la via di Sigerico, che i pellegrini
percorrevano a piedi fino a Roma,
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Elenco puntato - Parco del Magra  PARCO DEL MAGRA

A Gennaio 2008 il Parco Naturale
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Elenco puntato - Golfo della Spezia  GOLFO DELLA SPEZIA

Tra la punta di Portovenere e il Capo Corvo si apre una delle più profonde insenature di tutto il litorale occidentale italiano, declamata nei versi di illustri poeti e nella quale è incastonata La Spezia, città sede di porto militare e mercantile, che oggi è anche punto di attracco per le navi da crociera...

Elenco puntato - Le Cinque Terre  LE CINQUE TERRE

Cinque borghi marinari il cui destino è sempre stato storicamente legato alla terra e all'agricoltura piuttosto che alla pesca. Un paradiso naturale della Liguria che nel 1997 è stato inserito dall'UNESCO tra i Patrimoni Mondiali dell'Umanità...

Elenco puntato - La Val di Magra  LA VAL DI MAGRA

Nobili, vescovi, mercanti e pellegrini
lungo l'asse della Via Francigena.
Culture differenti per storia e tradizioni,
nei secoli, si sono sovrapposte
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Elenco puntato - La Val di Vara  LA VAL DI VARA

La "Valle dei borghi rotondi"
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Varese Ligure nel 1999 è stato il
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Elenco puntato - La Lunigiana  LA LUNIGIANA

La "Terra della Luna", in Italia,
ha la più alta concentrazione di
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circa 160. Alcuni sono bellissimi e perfettamente conservati...

 
 
 
 

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Le Alpi Apuane  (7)  Note storiche
ALPI APUANE (Foto d'epoca) - Una ciabattona al lavoro sulle cave di marmo
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Estrazione e trasporto dei marmi
A partire dal 1876 il problema del trasporto dei blocchi di marmo dalle gole montane alla pianura ricevette un importante contributo grazie ai collegamenti effettuati con la ferrovia marmifera. Altri mezzi impiegati erano i potenti trattori a motore ai quali si aggiunsero, in tempi a noi più vicini, gli autocarri che, tuttora, manovrano arditamente sulle impervie strade alpine e nei piazzali di cava.
● Gli antichi lavori manuali nelle cave
Ai tempi della dominazione romana di Luni per le operazioni di estrazione veniva utilizzato un gran numero di schiavi i quali lavoravano sotto la sorveglianza di un "vilicus" che aveva anche una funzione tecnica. Ogni cava, detta "metalla", era suddivisa in "bracchia", o settori, e "loci", o aree di taglio.
I "coesore", o tagliatori, usavano tagliare una linea verticale, generalmente profonda un terzo del blocco da cavare, usando una "subula" e un mazzuolo.
Se, al piede del blocco, non vi erano giunzioni naturali, si praticava anche un taglio orizzontale detto "formella".
Il blocco veniva estratto utilizzando leve, aste o cunei in ferro o legno, da inserire in appositi spazi nella parte inferiore del taglio; mentre i cunei di ferro erano soavi, in modo che, gonfiandosi, la loro pressione facesse staccare il blocco.
L'estrazione avveniva dall'alto verso il basso lungo un'unica grande faccia sinistra, attraversata da linee di taglio parallele orientate orizzontalmente.
Il marmo continuò ad essere estratto a mano per molto tempo e questa tecnica manuale si perfezionò nei secoli successivi; infatti i ritagli post-medievali che ancora oggi compaiono sulle pareti presentano le cosiddette linee di taglio a banda alternata, caratterizzate da linee parallele ad andamento verticale.
I blocchi sbozzati, riquadrati o semilavorati, dopo essere stati radunati sul piazzale di cava venivano portati a valle sfruttando il declivio stesso del monte. Altrimenti venivano caricati su di una slitta lignea chiamata "lizza". Questa veniva fatta scivolare lentamente lungo superfici lastricate opportunamente tracciate e la sua discesa era agevolata dall'uso di rulli di legno.
La "carica" veniva guidata e trattenuta tramite grossi canapi che erano avvolti attorno ai "piri", blocchi di marmo o di legno infissi ad intervalli regolari lungo i bordi delle "vie di lizza".
Al termine della lizzatura i blocchi venivano trasferiti da un piano detto "poggio di carico" su carri di legno trainati da coppie di buoi. Questi percorrevano le "vie carrione" attraverso le quali raggiungevano il deposito o l'imbarco sulla marina. Al porto i blocchi venivano caricati sulle "naves lapidariae" per raggiungere via mare la loro destinazione finale.
ALPI APUANE (Foto d'epoca) - Una coppia di buoi al lavoro sulle cave di marmo
● I buoi, signori delle strade del marmo
Per lunghissimi anni, prima che entrassero in azione i mezzi meccanizzati, i veri protagonisti della titanica impresa del trasporto sono stati i buoi dalle lunghe corna, animali pazienti ed instancabili. Questi incontrastati signori delle strade del marmo, grazie alla loro forza, venivano utilizzati per trainare verso valle i rozzi carri appesantiti dai possenti macigni.
I convogli, una volta terminate le vie di lizza, si avventuravano lungo le altre strade sterrate, sassose e fangose, che venivano da loro segnate con profondi solchi. Un lento andare, contrassegnato da una fatica epica, che destava sempre curiosità ed ammirazione.
Quando i blocchi di marmo avevano delle dimensioni straordinarie, si doveva far ricorso a dieci, venti paia di buoi, che producevano un lungo serpentone sui difficili percorsi montani. Queste «carovane» impegnavano poi le strade della pianura fino ad arrivare ai pontili d'imbarco sul litorale marino.
Nella seconda metà dell'Ottocento, quando arrivarono i binari della Ferrovia Marmifera, sembrava davvero che i bovari dovessero perdere, tutto d'un colpo, il loro lavoro. All'epoca erano circa 450 persone che avevano al loro servizio 300 paia di buoi. Gli avvenimenti però furono diversi in quanto la Marmifera, da sola, non ce la faceva a smaltire tutto il lavoro ed inoltre la portata massima dei carri arrivava a 40 tonnellate. Pertanto, se un blocco arrivava a pesarne 50 o 60, allora bisognava fare ricorso all'esperienza dei bovari ed alla forza dei loro mitici buoi.
Un'epica impresa, in questo senso, fu il trasporto del Monolite che, nel 1928, dopo essere stato tagliato nella cava della Carbonera doveva raggiungere Roma.
I nuovi mezzi di trasporto non erano purtroppo adatti per portare a valle e poi al mare un blocco come questo, pesante circa 300 tonnellate. Si fece quindi ricorso ai vecchi sistemi e l'onere di trasportare il fantastico monolite toccò pertanto a trenta paia di buoi. Il gigantesco blocco di marmo venne imballato nell'agosto del 1928 e, per raggiungere Carrara, ci mise circa 6 mesi. Il natante che lo doveva portare a Roma salpò da Marina di Carrara il 23 giugno del 1929.
Un altro allarme per i bovari ci fu agli inizi del Novecento quando i piazzali delle cave potevano essere raggiunti da monumentali e possenti trattrici che facevano un rumore infernale e sobbalzavano sulle loro grandi ruote. Erano chiamate «zavatone», ovvero ciabattone (vedi foto in testa alla pagina), ed erano capaci di trainare veri e propri convogli di carri. La forza animale però resistette anche alla concorrenza di questi nuovi mezzi tecnici ed ebbe ancora gli onori delle cronache ogni qual volta si doveva portar via dalle cave qualche blocco di eccezionali dimensioni.
MARINA DI CARRARA (Foto d'epoca) - Velieri per il trasporto dei marmi all'ormeggio nel porto
● I velieri per il trasporto via mare
Fino alla fine della Guerra 1915-18 il trasporto dei blocchi di marmo via mare veniva effettuato con navi a vela. A Marina di Carrara era intenso in ogni periodo dell'anno, e particolarmente nella bella stagione, il movimento dei velieri che attraccavano ai vari pontili per stivare il carico che era destinato ad altri porti del Mediterraneo e poteva essere trasportato anche oltre lo Stretto di Gibilterra.
Qualche anno dopo il primo conflitto mondiale i velieri del marmo scomparvero un po' dappertutto per lasciare spazio ai bastimenti a vapore. A Marina di Carrara, invece, il «cambio della guardia» tra vela e vapore avvenne molto più tardi, ovvero fino a quando non venne costruito il porto.
Fino a che le possibilità di attracco furono offerte dai pontili, Marina ebbe bisogno dei velieri, gli unici che potessero caricare il marmo e trasportarlo ovunque, abbastanza velocemente e con bassi costi economici.
Marina di Carrara fu uno degli ultimi regni della vela e, quando il mare era calmo, davanti al litorale stazionava una vera e propria flotta composta dai tradizionali navicelli (con un solo albero), dalle golette (a due alberi con rande), dai brigantini (a due alberi con vele quadre), dai brigantini-goletta o schooner, dalle golette o barcobestia.
Queste imbarcazioni, in genere, venivano costruite nei cantieri di Viareggio.
Ancora dopo gli anni Venti del secolo scorso, la «flotta» locale contava abitualmente oltre novanta velieri e, con tutta probabilità, in quell'epoca nessun altro porto del Mediterrano vedeva palpitare al vento così tante vele.
Questi bastimenti furono una generosa culla per la formazione di capitani espertissimi nella navigazione a vela. Marinai leggendari che divennero poi ricercatissimi per la formazione degli equipaggi delle lussuose imbarcazioni a vela da diporto.
Il primo dei pontili di Marina di Carrara venne costruito nel 1851, a proprie spese, dall'imprenditore inglese Guglielmo Walton, fondatore di una importante società per l'escavazione e la lavorazione dei marmi. Il secondo prese vita nel 1871 ed un terzo alla fine dell'Ottocento.
I pontili acceleravano e semplificavano notevolmente le operazioni di carico e scarico in quanto erano dotati di potenti gru, dette «mancine», capaci di alzare blocchi di notevole mole e peso per poi calarli dentro le stive.
I progetti del primo e vero porto di Marina di Carrara risalgono agli inizi del Novecento. Materialmente i lavori iniziarono nel corso degli anni Venti con la costruzione del molo di ponente.
● Il riparo naturale della foce del Magra
Quando i «navicelli» erano in attesa di carico ed il tempo volgeva al brutto non potevano trattenersi a Marina di Carrara, ancora priva di attrezzature portuali, e pertanto riparavano nel porto naturale offerto dalla foce del Magra. I bassi fondali consentivano l'ingresso ai soli velieri senza carico i quali stazionavano in attesa del miglioramento delle condizioni del mare. Lungo le sponde della foce del Magra, in genere, potevano stazionare una sessantina di velieri.
Invece, quando una burrasca coglieva le imbarcazioni a carico già effettuato queste lasciavano i pontili del marmo per rifugiarsi nel Golfo della Spezia, dove trovavano riparo nei porti di Lerici o delle Grazie. In questi punti i fondali erano più alti e quindi si poteva ormeggiare al sicuro delle mareggiate.
Dopo la scomparsa delle gloriosa città di Luni, nel corso dei secoli seguenti il ruolo dell'antico porto romano venne svolto, seppure con diverse dimensioni, dalle acque del Magra che potevano offrire un sicuro rifugio per la marineria velica.
Tra la metà dell'Ottocento ed i primi decenni del XX secolo, i velieri potevano trasportare il marmo anche verso vari porti stranieri come Bastia, Tolone, Malta, Barcellona ecc.
Al loro rientro nel Magra si rendeva perciò necessaria una visita a bordo per controllare che non ci fossero irregolarità durante gli spostamenti. Per questo motivo sulle sponde del fiume venne istituito, come in ogni altro porto, un posto doganale.
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  Cicloturismo nella Lunigiana Storica

Manuale del cicloturista

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Per la realizzazione delle immagini presentate in questo sito gli spostamenti sul territorio della Lunigiana storica sono stati effettuati con una bicicletta. In questa piccola guida sono state perciò condensate varie esperienze logistiche e tecniche derivanti dall'utilizzo turistico di questo mezzo di locomozione...

Itinerario cicloturistico
verso Carrara e Colonnata

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Si tratta di un percorso mare-monti che presenta pochi punti in comune tra andata e ritorno. Dal litorale toscano si raggiungono le Alpi Apuane del versante di Colonnata, borgo rinomato in tutto il mondo per il suo prelibato lardo, dove si tocca la massima altitudine della giornata. E' un viaggio storico-culturale che consente di apprezzare tante particolarità e curiosità relative al mondo del marmo e dei cavatori...

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Prima di inerpicarsi verso le montagne si attraversa parte della Valle del Lucido. Il punto più alto si raggiunge a Vinca, amena località posta a poco più di 800 metri sul livello del mare e sovrastata dai monti Sagro e Pizzo d'Uccello. Il percorso non presenta particolari difficoltà, eccetto gli ultimi 4 chilometri di salita nel Vallone della Canalonga, dove le pendenze non scendono sotto il 10%...

Carta della Lunigiana Storica
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Alpi Apuane (3)
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Quando i Cavatori di Carrara
salvarono il sito egiziano
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Nel 1980 la prima edizione
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