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Archivio di grandi eventi
nazionali ed internazionali,
inchieste, reportages su
quotidiani e riviste celebri |
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FINESTRE APERTE
SUL TERRITORIO |
GENOVA
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Il
capoluogo della Liguria
ha il centro storico più grande
d'Europa. Nel 2004 è stata la
"Capitale Europea della Cultura"... |
EUROFLORA |
In
primavera, ogni 5 anni,
alla Fiera di Genova va in scena
lo spettacolo dei fiori per eccellenza.
I giardini più belli del mondo... |
VIA FRANCIGENA |
Col
Giubileo del 2000 è stata
definitivamente rivalutata
la via di Sigerico, che i pellegrini
percorrevano a piedi fino a Roma,
in segno di pentimento... |
PARCO DEL MAGRA |
A
Gennaio 2008 il Parco Naturale
Regionale del Magra è il territorio
eco-certificato più esteso d'Europa... |
GOLFO DELLA SPEZIA |
Tra la punta
di Portovenere e il Capo Corvo si apre una delle più
profonde insenature di tutto il litorale occidentale
italiano, declamata nei versi di illustri poeti e nella
quale è incastonata La Spezia, città sede di porto
militare e mercantile, che oggi è anche punto di
attracco per le navi da crociera... |
LE CINQUE TERRE |
Cinque
borghi marinari il cui destino è sempre stato
storicamente legato alla terra e all'agricoltura
piuttosto che alla pesca. Un paradiso naturale della
Liguria che nel 1997 è stato inserito dall'UNESCO tra i
Patrimoni Mondiali dell'Umanità... |
LA VAL DI MAGRA |
Nobili,
vescovi, mercanti e pellegrini
lungo l'asse della Via Francigena.
Culture differenti per storia e tradizioni,
nei secoli, si sono sovrapposte
e hanno permeato il territorio con
i segni del loro passaggio... |
LA VAL DI VARA |
La
"Valle dei borghi rotondi"
è anche conosciuta come
la "Valle del biologico" per le sue
produzioni agricole ottenute con
metodi antichi e naturali.
Varese Ligure nel 1999 è stato il
1° comune ecologico d'Europa... |
LA LUNIGIANA |
La
"Terra della Luna", in Italia,
ha la più alta concentrazione di
antichi castelli. Se ne contano
circa 160. Alcuni sono bellissimi e perfettamente
conservati... |
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Fotografie © GIOVANNI MENCARINI |
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Into scîto do Bampi
se pàrla e se scrîve
solo in Zenéize |
www.francobampi.it/zena |
Pe chi veu bén a Zêna
un scîto in sciâ léngoa zenéize e in scê cöse zenéixi,
scrîto tùtto in zenéize inta grafîa ofiçiâ de l'Académia
Ligùstica do Brénno |
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Zenéize
La cucina, proverbi, poesie... |
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Blocco Notes |
La lingua genovese a tavola e in cucina |
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In Liguria i vecchi hanno sempre fatto onore al
glorioso "menestron",
il minestrone al quale trovavano abbinamento tutti i tipi di pasta e le
migliori verdure di stagione.
Un piatto genovese per eccellenza sono le
"trenette au pesto".
Il pesto è un condimento fatto di basilico, aglio, olio, formaggio parmigiano e
altri ingredienti, fra cui i pinoli e le noci, che molti aggiungono anche al
minestrone di cui sopra, prima di calare la pasta. Si chiama pesto perché
nella ricetta tradizionale basilico, aglio, pinoli, sale e maggiorana
vanno posti in un capace mortaio di
marmo bianco e lungamente amalgamati
e sminuzzati, in pratica pestati, facendo roteare il pestello da sinistra
verso destra. Assolutamente vietato usare il frullatore...
Il basilico deve essere quello genovese, magari di Prà, a foglie strette,
perché quello meridionale (a foglie grosse) ha un sapore che si avvicina
troppo a quello della menta.
Le foglie vanno pulite con un panno morbido,
accarezzate, mai lavate.
Devono essere ben asciutte e non stropicciate perché rompere
le vescicole con gli oli essenziali significherebbe ossidazione di colore e
aromi, col risultato di ottenere un pesto verde scuro e dall'aroma erbaceo.
Come solvente degli aromi va usato un olio d'oliva ligure, maturo,
preferibilmente con un un sapore dolce per smorzare il pizzicore dell'aglio.
Nella Riviera ligure di Ponente, per tradizione, le paste "normali" come le
trenette vengono cotte insieme a fette di patata. Nel Levante ligure, alle
patate si preferiscono invece i fagiolini verdi.
Una prelibatezza, la cui ricetta proviene da
famiglie meno agiate, sono i "pansòuti
co-o preboggion", una pasta ripiena (panciuta da cui pansotti) che viene
condita con uno squisito pesto bianco, cioè senza basilico, ma con
abbondanza di noci (tanto che viene anche detto "sugo di noci"), un
pò d'aglio, formaggio e olio in abbondanza. Il preboggion
è un impasto di più di trenta erbe selvatiche, il cui nome, molto
probabilmente, deriva dal fatto che vengono pre-cotte ( il boggio,
anche a La Spezia, è una bollitura veloce, appena accennata). Si narra
comunque che i crociati, durante l'assedio di Gerusalemme, andassero raccogliendo
erbe spontanee per fare un po' di minestra al loro duce, Goffredo di Buglione.
Da pro-Buglione o per-Buglione, il passo può essere breve...
Un'altra pasta ripiena tipica della tavola genovese sono i
"ravièu", i ravioli, il cui impasto è
costituito principalmente da erbe e carne tritate, formaggio e uova.
A Natale è usanza mangiare il tacchino e i biscotti
inzuppati nel vino (vedi più sotto traduzione in genovese).
Nelle feste natalizie e a Pasqua si gusta la
"torta pasqualinn-a"
(torta pasqualina), costituita da un impasto
di verdure, uova e formaggio, racchiuso in vari strati di pasta sfoglia.
Un proverbio genovese di lontana memoria ricorda che durante
l'Epifania non devono mancare sulla tavola le bianche lasagne ( Pasquëta,
gianca lasagnetta). Pasquëta in dialetto è l'Epifania. |
La farinata di ceci |
In un decreto del Governo genovese del 1447 si parla
della Scribilite
o Scripilite
(in coquendo scribilitas). Si tratta di una
pietanza povera, molto veloce da preparasi ma dal
gusto accattivante, la celebre
"fainâ",
la farinata, che è una pastella molto liquida di farina di ceci
stemperata in acqua, lasciata un'oretta a riposare e
quindi versata in basse e larghe teglie circolari,
abbondantemente unte d'olio d'oliva. Poste al calore
di un forno a legna, si ritirano quando sulla
superficie dorata compaiono le prime bruciacchiature scure.
Questo nome derivò dal dialetto
genovese della scribilità di cui parla
Catone ( De re rustica, cap. 78 ) che era una focaccia con formaggio,
fatta di farina di segale, acqua ed olio, cotta in una
tegghia (teglia). Anche nella preparazione della
farinata, come attestato da Benvenuto da Imola, un
tempo le fornaie portavano scarpe di seta guarnite di perle.
Le farinate di tradizione ligure vogliono
la pastella non più alta di 3-4 millimetri;
quelle di tradizione tosco-marchigiana partono invece da una
pastella precotta e di spessore doppio. In Liguria
ci sono molti locali specializzati dove la farinata
viene offerta in abbinamento ad altre prelibatezze:
con le cipolle, con lo stracchino dolce, al
gorgonzola, ai "gianchetti"
ovvero i bianchetti, pesciolini appena nati e quindi piccolissimi.
Forse non tutti sanno che la farinata va
consumata preferibilmente nei mesi contenenti la "erre",
da settembre ad aprile. Infatti è un piatto molto
sostanzioso e inoltre, durante i mesi caldi,
soprattutto d'estate, la farinata di ceci tende ad
inacidire e il gusto ne risente. A detta dei
maggiori esperti di cucina, la migliore farinata
ligure rimane quella preparata in provincia della Spezia.
In tutto il bacino del Mediterraneo
la farina di ceci viene inoltre impiegata per una serie di
preparazioni dai nomi diversi, ma sostanzialmente
simili per sapori e destinazioni. Sono in pratica
delle polente ottenute con circa 1/3 di farina di
ceci, 2/3 di acqua e un pò di sale. Questa polenta
viene mangiata calda, condita con un po' d'olio,
pepe e limone. Lasciata raffreddare si può invece
friggere, da sola o con cipolla. |
A tavola in Zenéize |
Traduzione |
Chi mangia carne da zuenu,
u ruscìa ossi da vegiu. |
Chi mangia carne da giovane,
rosicchia ossi da vecchio. |
Mangiâ de strangoscion. |
Mangiare in fretta e furia. |
Pan e noxe, mangiâ da spoze. |
Pane e noci, mangiare da sposalizio. |
I merelli se puean anche mangiâ
condîi cö vin o cö limon e o succao. |
Le fragole si possono anche mangiare
affogate nel vino o con il limone e lo zucchero. |
Porcu netu u nu l'è grasu. |
Maiale pulito non è grasso. |
A chi ha famme o pan o pâa lazagne. |
A chi ha fame il pane
sembra lasagne. |
E sexe
Da l'erboo pendan / rosse a massetti
ûnn-a a tïa l'atra / o golösetti. |
Le ciliege
Dall'albero pendono / rosse a mazzetti
una tira l'altra / o golosetti. |
Cö tempo e a paggia moian
e nespoe. |
Col tempo
e con la paglia maturano
le nespole |
In to mortâ se ghe fa o pesto.
"O mortâ o sa sempre d'aggio." |
Nel mortaio ci si fa il pesto.
"Il mortaio odora sempre d'aglio." |
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Chi va in tu letu senza sena,
tüta a neûte u se remena. |
Chi va
a letto senza cena,
si rigira tutta la notte. |
Senza eûiu e senza
paèlla u nu se pò frise. |
Senz'olio
e senza padella
non si può friggere. |
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Chi va a-u pasto senza invïo,
l'è mâ visto e mâ servïo. |
Chi va a pranzo
senza invito,
è mal visto e mal servito. |
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Cerimonie e piatti tipici del Natale |
Durante le feste natalizie, una cerimonia a larga
partecipazione popolare era quella del
Confuoco,
"O Confeugo",
cioè l'offerta simbolica al Doge di un grosso ceppo
di alloro. A Genova aveva questo privilegio
l'Abate del Bisagno,
il quale con sacri paramenti apriva
il corteo. Giunto in Piazza della Signoria
(l'attuale Piazza Matteotti) era accolto dalle più
alte personalità e dal Doge stesso che, dopo aver
asperso il ramo con acquavite e vino, vi appiccava
il fuoco. I carboni che residuavano erano
considerati miracolosi nel trattamento di varie
malattie. Per entrarne in possesso, fiorivano delle
vere e proprie competizioni, tant'é che per sedare
le resse ad un certo punto la distribuzione venne
disciplinata per mezzo delle autorità.
La cerimonia è ancora viva in molte località liguri.
A Genova é ripresa negli anni '50 per interessamento
di "A Compagna"
- sodalizio che si occupa di
conservare e/o rivalutare le antiche tradizioni e la
storia di Genova e della Liguria - il cui Console
Generale alla Presidenza, prof. Franco Bampi, si reca
dal Sindaco per offrirgli un piccolo ceppo di alloro.
Legata a questa pianta è anche la tradizione
dell'albero di Natale, che si diffuse a Genova prima
che in altre città mediterranee. Ma non si trattava
dell'abituale abete o pino, ma appunto di un grande
ramo di alloro cui si appendevano datteri,
mandarini, fichi secchi, dolciumi vari, per cui
nasceva la necessità - nelle case festose di bimbi -
di rinnovare più volte gli addobbi.
Il Natale non si esauriva
solo in solenni cerimonie bensì era
una giornata nella quale i Genovesi si
concedevano una pantagruelica mangiata. Il terreno
era preparato dal rigoroso digiuno della vigilia,
imposto anche ai bambini. La mattina del gran giorno
si faceva solo una leggera colazione: il pranzo vero
e proprio iniziava verso le cinque del pomeriggio
per protrarsi sino a tarda notte.
Il menù era decisamente
esagerato: si iniziava con i maccheroni,
detti appunto"natalini",
cotti in brodo di cappone e uniti a minuscole polpette
di salciccia, simboleggianti denaro e quindi
prosperità. Seguivano pollami, carni, sanguinacci e
tanti contorni, tra i quali le immancabili radici di
cicoria - molto apprezzate quelle di Chiavari - che
si pensava assorbissero i grassi in eccesso.
In chiusura arrivavano i formaggi e la frutta
(fresca e secca) con abbondanza di noci,
beneauguranti perché, anche loro, simbolo di ricchezza.
Monarca della tavola era
il pandolce, la cui apparizione
dava inizio ad una specie di rito.
Al suo vertice veniva collocato un ramo d'alloro che,
prima di procedere al taglio, era tolto dal più
giovane della famiglia, fosse anche un lattante
sorretto e guidato dal babbo. Il taglio spettava
invece al più anziano della famiglia. E' curioso
apprendere che la prima fetta veniva riposta per
darla ad un mendicante; anche la seconda veniva
conservata perché si riteneva che avesse delle
proprietà medicamentose contro i disturbi di gola
che potevano originarsi nei mesi invernali a
seguire. |
Neutte de Natale |
Notte di natale |
A l'é a neutte de Natale,
a l'é a festa do Bambin...
son zà pinn-e tutte 'e sale
de pandoçi e regallin.
Ma ghe son anche staneutte
i figgeu che non han de pan...
i figgeu co-e oege cheutte
da sto vento siberian. |
E' la notte di Natale,
è la notte del Bambino...
son già piene tutte le sale
di pandolci e regalini.
Ma ci sono anche stanotte
dei bambini che non hanno pane...
dei bambini con le orecchie cotte
da questo vento siberiano. |
Neutte Santa de Natale,
ti doviësci êse uguale
pe-o scignoro e 'o meschinetto
ma purtroppo ti no l'ë...
Neutte bella, tanto bella,
ma speremo in te 'na stella
ch'a ne fasse per un giorno
tutti uguali sott'a-o çë... |
Notte Santa di Natale
tu dovresti essere uguale
per il ricco e il poverello
ma purtroppo non lo sei...
Notte bella, tanto bella,
ma speriamo in una stella
che ci faccia per un giorno
tutti uguali sotto al cielo... |
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A Natale se mangia o bibbin
co-i bescheutti toccae in to vin... |
A Natale si mangia il tacchino
con (e)
i biscotti inzuppati nel vino... |
A Natale, in antigo, i Xeneixi fâvan
regalli a base de noxe. Se ghe dixeiva
"o dinâ da noxe". |
A Natale, nell'antichità, i Genovesi facevano
regali a base di noce. Si era soliti dire
"i soldi della noce". |
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■ Capodanno |
In tutta la
Liguria numerose erano le usanze per conoscere gli eventi futuri, riservati
dall'anno nuovo. Alle ragazze da marito naturalmente premeva sapere se si
sarebbero finalmente sposate. A tale scopo, nella notte di Capodanno,
gettavano dalle scale una pantofola. Se si fermava con la punta rivolta alla
soglia, la fanciulla sarebbe rimasta ancora un anno nella casa dei genitori;
se orientata invece all'esterno avrebbe trovato l'anima gemella e formato un
nuovo focolare. |
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Anno nêuvo, vitta nêuvâ. |
Anno nuovo, vita nuova. |
Chi campa tütu l'annu,
u ve' tüte e feste. |
Chi vive tutto l'anno,
vede tutte le feste. |
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■ La Befana |
Per l'Epifania, in
dialetto Pasquëta,
una tradizione ligure ben più antica della
classica calza appesa al camino era l'usanza della "scarpa in sciö barcon",
la scarpa sulla finestra. La Befana, passando di lì, avrebbe premiato i
buoni con dolciumi, i cattivi con pezzi di carbone. Fra i doni, un tempo,
predominavano le castagne secche, mentre un vero e proprio lusso era
costituito dai "marenghi d'òu" (marenghi d'oro),
le prelibate monete di cioccolato, avvolte nella stagnola gialla. |
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A Pasquëta ö giorno ö cresce un'ôetta. |
All'Epifania il giorno
cresce un'oretta. |
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L'Epifania,
tutte e feste a-e porta via.
Ven ô matto de Carlevâ
ch'o ne porta ûnn-a carrâ. |
L'Epifania,
tutte le feste (le) porta via.
Viene quel matto di Carnevale
che ne porta una carrettata. |
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Usanze e maschere del Carnevale |
Una delle usanze carnevalesche di Genova più seguite era il
"Carossezzo",
il corso mascherato che si snodava nelle vie del centro.
Erano gli uomini a dare vita alle maschere genovesi più popolari:
quella del medico, della balia che
solitamente era impersonata da un giovane camuffato
che cullava un gatto con tanto di fasce e cuffietta,
ma soprattutto del sciö marcheize
e del paisan.
Questi ultimi si impegnavano nelle
parlate, dialoghi in rime improvvisate che
permettevano di scherzare sui diversi aspetti della
vita cittadina.
A Carnevale, per i bimbi, si moltiplicavano le
recite dei burattini, specie quelle facenti capo a
Barudda,
il più noto fra gli eroi genovesi di
legno, che aveva serie difficoltà ad abbandonare il
dialetto per l'italiano. In tutte le commediole,
fosse ammiraglio o servitore, brigante o re, era
sempre al fianco dell'inseparabile
Pipia,
mingherlino, pallido, col viso sottile e bitorzoluto.
L'atmosfera pazza di Carnevale era interrotta
dall'austerità della Quaresima, che iniziava col
digiuno del mercoledì delle Ceneri, anche se uno
sprazzo di allegria si aveva ancora con la
"Domenega da Pûgnatta",
ovvero la Domenica della Pentolaccia. |
Ai dïsette de Zená |
Il diciassette di Gennaio |
Ai
dïsette de Zená
incomensa Carlevâ
Carlevâ o l'é mëzo matto
e o taggia a côa do gatto;
e o gatto sensa côa
o vestiêmo da scignoa,
da scignoa a no veu fâ:
o vestiêmo da mainâ,
da mainâ o no-o fa manco:
viva, viva o Carlevâ! |
Il
diciassette di Gennaio
inizia il Carnevale
Carnevale è mezzo matto
e taglia la coda del gatto;
ed il gatto senza coda
lo vestiremo da signora,
da signora non vuol fare:
lo vestiremo da marinaio,
da marinaio non vuol far neppure:
viva, viva il Carnevale! |
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L'urtimo giorno de Carlevâ
de raviêu se ne fa unn-a pansâ. |
L'ultimo giorno di Carnevale
di ravioli se ne fa una panciata.
(scorpacciata) |
A mèza Quaiésima
se spàrta
a mònega. |
A metà Quaresima si spacca
la monaca. (*) |
A-o primmo d'Arvî,
unn-a burla a se pocu dî. |
Il primo di Aprile,
una burla si dice poco. |
Ata o bassa, d'arvî l'è Pasqua. |
Alta o bassa, d'aprile è Pasqua. |
Se ciêuve o giorno da Sciansiôn,
l'annâ a va in perdiziôn. |
Se piove il giorno dell'Assunzione
l'annata (il raccolto)
va in perdizione.
(malora) |
A San Micchê, a castagna
pe o sentê. |
A San Michele, la castagna
per il sentiero. |
A Sant'Andria, o freido
o sciappa a pria. |
A Sant'Andrea, il freddo
spacca la(e)
pietra.(e) |
A stae di Santi,
se a no ven doppo, o ven avanti. |
L'estate dei Santi,
se non viene dopo, viene avanti. |
A San Martin, metti man
a-u bottiscin. |
A San Martino, metti mano
alla botticella.(vino) |
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Filastrocche per bambini |
A moae a canta a-o piccin
Fa nannà puppon de pessa
che a mammà a lè andaeta a messa,
e o papà a piggiâ o perdon,
fa nannà bello puppon ! |
La mamma canta al bimbo
Fai la nanna pupo di pezza
che la mamma è andata a messa,
e il papà a prendere il perdono,
fai la nanna bel pupo ! |
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Ninn-a nanna, nä.....
San Gaitan, mandaeghe o seunno
ché o figgieu o n'ha de bezeugno.
San Gaitan o gh'òu mandiâ
e mae figgio o s'addormiâ!
Ninn-a nanna, nä..... |
Ninna nanna, nah....
San Gaetano, mandategli il sonno
ché il bimbo ne ha bisogno.
San Gaetano glielo manderà
e mio figlio s'addormenterà!
Ninna nanna, nah.... |
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U savôun
Son piccin e ben tagiôu
quarche votta profûmôu
fasso a scciûmma comme o mâ
e me dêuvian pe lavâ. |
Il sapone
Sono piccolo e ben tagliato
qualche volta profumato
faccio la schiuma come il mare
e mi devono poi lavare. |
A bûcca
M'arvo riendo / m'arvo ciansendo
fasso na smorfietta / e son golosetta
chi me sa indovinâ / un bel baixo l'aviâ. |
La bocca
Mi apro ridendo / mi apro piangendo
faccio una smorfietta / e sono golosetta
chi mi sa indovinare / un bel bacio avrà. |
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Giochi di bambini |
Careghetta d'ou,
ch'a peiza ciù che l'ou,
ou e argento ch'a peiza ciù che o vento,
vento, venton, caccia all'aia o caregon ! |
Seggiolina d'oro, che pesa più che l'oro,
oro e argento che pesa più che il vento,
vento, ventone (#), scaglia in aria il seggiolone! |
O cavallin de legno
O l'à e roete e pe demoase i piccin
ö tian con 'na cordetta:
"Trotta, trotta cavallin de legno,
a-e corse te veugio portâ! |
Il cavallino di legno
Ha le ruote e per giocare i piccoli
lo tirano con una cordicella:
"Trotta, trotta cavallino di legno,
alle corse ti voglio portare!" |
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Tamburlin
Tamburlin,
s-ciùppa in man,
s-ciùppa in tèra....
viva la guèra ! |
Tamburino
Tamburino,
scoppia in mano
scoppia in terra....
viva la guerra ! |
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U rattin
Rattin, rattin, cöse ti fae
in to mae giardin?
Pitto l'uga moscatella.
Dammene unn'axinella.
No te ne veuggio dâ.
E mì te tìo o pestello.
E mì te tìo o mortâ.
E miì te vegno a ciappâ! |
Il topolino
Topolino, topolino, cosa fai
nel mio giardino?
Becco l'uva moscatella.
Dammene un acino.
Non te ne voglio dare.
E io ti tiro il pestello.
E io ti tiro il mortaio.
E io ti vengo ad
acchiappare! |
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NOTE: |
(*) In alcune zone, "A Domenega da Pûgnatta" ovvero la Domenica della
Pentolaccia, invece della pentola si spaccava la "mònega" che era un manichino da sarta vestito di tutto
punto, con una pentola ricolma di dolci al posto della testa. A La Spezia, la festa della Pentolaccia era
detta anche la "Domènega di véci" ovvero la Domenica dei vecchi.
(#) Accrescitivo di vento, poco usato in lingua italiana, sta per vento
molto forte, buriana, tempesta. |
Celebri proverbi sono contenuti anche nelle altre pagine del sito
dedicate al dialetto genovese, comprese quelle
del Mini Dizionario. |
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Close Up |
Fotografie, eventi, turismo, personaggi,
arte e cultura |
Colombiadi 1892 e 1992
Nel 1992 le
celebrazioni per il 500° anniversario della scoperta
dell'America hanno consentito al capoluogo ligure un notevole
rilancio in campo internazionale. Anche le feste colombiane del
1892 attirarono su Genova gli occhi del mondo... |
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Cristoforo Colombo
Uscito
dall'adolescenza cominciò ad interessarsi ai viaggi di mare,
dedicandosi con amore agli studi geografici ed assecondando in
tal modo la sua naturale inclinazione per le ricerche
scientifiche. Convinto della rotondità della Terra, partì da
Palos il 3 agosto 1492 per la scoperta di nuovi mondi... |
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Il principe Andrea
Doria
L'abilissimo
ammiraglio genovese diventò ricco e potente, ma non perse mai
quelle caratteristiche morali che lo avevano contraddistinto fin
da giovane. In una sua biografia si legge: "Aveva aspetto
eroico, gravità virile e gesto umano... il sobrio vivere e il
suo parco vestire non erano da principe ma da privatissimo
gentiluomo..." |
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Funicolari e Ferrovia
A Genova effettua
servizio una delle tranvie a cremagliera più antiche d'Italia,
che collega la zona della Stazione Principe con il quartiere
collinare di Granarolo. Assieme alle altre funicolari consente
di accedere a punti panoramici per vedere la città dall'alto.... |
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Teatro popolare e di strada
Le esibizioni
teatrali in strada hanno origini molto remote. Le prime notizie
di giocolieri e saltimbanchi risalgono addirittura all'antico
Egitto. Nel 2004 il comune di Genova ha riconosciuto l'arte di
strada come fenomeno culturale e ha regolamentato la materia... |
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Alluvioni in Liguria dal 1894
In Liguria i
disastri legati al
maltempo sono determinati da
tanti fattori. Alluvioni e
devastazioni operate da corsi
d'acqua impazziti, violente
mareggiate e frane sono da
sempre una costante del territorio... |
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